Altro che riportare la Gran Bretagna ai fasti dell’Impero. Il Regno Unito sta scontando la brutale scelta di uscire dall’Unione Europea: l’economia è allo sbando.
La crisi economica e politica che sta affrontando il Regno Unito, in una prospettiva mai vista negli ultimi decenni, possono essere fatte risalire a un’unica ragione: la Brexit.
Il Referendum del 2016, quando la maggioranza della popolazione britannica ha deciso di abbandonare l’Unione Europea, avrebbe dovuto condurre a un brillante sviluppo economico e a una maggiore influenza nella politica internazionale. Ma, al contrario, ha spinto il Regno Unito verso il declino.
Poi, la crisi del Coronavirus e la crisi energetica unita all’aumento dell’inflazione scatenati dalla guerra in Ucraina voluta dalla Russia hanno creato maggiori danni all’economia e alla società britanniche. La City di Londra, tra Brexit, pandemia, conflitto, instabilità internazionale e crisi economica, è davvero destinata a durare nel tempo?
Il declino di Londra
Diverse le conseguenze di questo regresso: la svalutazione della Sterlina che ha indebolito soprattutto le piccole aziende e l’importazione delle materie prime, il restringimento del mercato immobiliare causato dai costi elevati di costruzione, di materiali e di manodopera per colpa dell’inflazione più alta, il caro prezzo dei trasporti – soprattutto dei biglietti aerei – e delle merci di scambio. Londra, dunque, considerata il cuore della finanza europea, perde la sua posizione da leader.
Il prossimo anno, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, il Regno Unito registrerà la crescita più bassa tra i Paesi del G7. Secondo l’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel G20 solo la Russia potrà fare peggio. Il costo medio delle bollette è alle stelle: da 900 sterline all’anno per famiglia a quasi 3.660 secondo Ofgem, l’autorità di regolamentazione del settore energetico.
L’aumento del costo dell’energia, ma anche l’aumento dei prezzi di generi elementari e carburante, hanno messo in difficoltà parecchie famiglie. Le persone non arrivano a fine mese e ricorrono alle Food Bank. Difficoltà non minori per le imprese, che sono costrette a far fronte all’aumento dell’energia e a quello delle materie prime.
Dunque, l’impennata dei prezzi che ha colpito famiglie e imprese ha contratto l’economia britannica dello 0,2% nel terzo trimestre, come rivela l’Ons, e si prevede un ulteriore calo nel quarto trimestre. Per questa ragione, entro fine anno, secondo la Banca d’Inghilterra, il Regno Unito entrerà in recessione, uscendone probabilmente solo alla fine del 2023. La Gran Bretagna non è l’unico Paese che sta “combattendo” contro il calo dell’economia. Eppure, se paragonata ad altre Nazioni sviluppate, è tra quelle la cui economia mostra maggiore sofferenza.
Nel frattempo, la popolazione britannica sta reagendo con una serie di scioperi mai visti prima. È la politica che, invece, non reagisce. Sei Governi in sei anni dal 2016. L’idea della Brexit, che ruotava attorno all’indipendenza economica per commerciare senza godere del mercato unico e dei benefici dei servizi finanziari dell’Unione Europea, si è rilevata fallimentare e meno produttiva.
Le regole della Brexit spaventano i cittadini britannici
La ricchezza degli inglesi sembra diminuire e cresce, di contro, la consapevolezza dei danni arrecati dal Referendum che avrebbe dovuto riportare il Regno Unito ai fasti del Grande Impero. Ormai, in tutta la Gran Bretagna, sono pochi quelli che ancora difendono il voto del 2016. Secondo la Federation of Small Business, se la situazione non cambierà, si andrà incontro a fallimenti e licenziamenti.
La Banca d’Inghilterra ha avvisato sul fatto che la disoccupazione potrebbe aumentare fino a quasi il doppio, raggiungendo il 6,5% entro il 2025. Per questa ragione, tra i cittadini britannici emerge preoccupazione e incertezza del futuro. L’economia britannica, secondo la Banca d’Inghilterra, si troverà in questo vortice di negatività anche il prossimo anno e nella prima metà del 2024.
La Brexit intimidisce anche i ristoranti
A soffrire è anche la ristorazione tormentata dall’impatto critico della Brexit. In Inghilterra, i ristoranti devono fare i conti con l’aumento dei prezzi del cibo e il costo aggiuntivo del personale. Nella nota guida per il 2023, Harden’s Best Uk Restaurants, è dimostrato com’è difficile mangiare con meno di 200 sterline a persona. “Dodici i locali fuori Londra che – dice Peter Harden, editore delle sue omonime guide al cibo – costano più di 200 sterline a testa, rispetto agli otto di quest’anno”.
“Nel Galles, invece, il menù degustazione più costoso dello Ynyshir Hall, costituito da 32 portate, costa 410 sterline, ma è al ristorante di Heston Blumenthal nel Berkshire, il Fiat Duck, che è piuttosto difficile spendere meno di 1.000 sterline in due”, dichiara Harden. Certo, la Gran Bretagna negli ultimi anni ha migliorato la qualità del cibo, ma adesso in pochi se lo possono permettere. Harden afferma che la Brexit risulta essere una minaccia soprattutto per l’alta ristorazione, con molti ristoranti che hanno scelto di addebitare ai commensali prezzi fissi.
“Il menu degustazione è diventato molto più diffuso, per aiutare i ristoranti a calcolare i propri margini – spiega l’editore – anche se per molti ristoratori la risposta si è concretizzata nel dar da mangiare di meno e anche nell’aprire di meno”. Per quanto riguarda il menù à la carte, prosegue Harden: “Quello è davvero morto e sepolto”. Una brutta notizia per la capitale britannica che sta perdendo il successo nell’economia allontanandosi dalla posizione di “primato mondiale” di cui fino a poco tempo fa godeva.