I dati Ispra tra luci e ombre: se è vero che siamo al 65% di differenziata, restiamo sotto il 50% di riciclo effettivo. Ricorso alla discarica dimezzato tra 2013 e 2022, ma in alcune regioni tassi ancora superiori al 30%
Nel 2022 la produzione di rifiuti urbani in Italia è diminuita: 29,1 milioni di tonnellate contro le 29,6 del 2021. Una contrazione non grande (544.000 tonnellate in meno, pari a circa l’1,8%,) che però avviene in un anno di espansione economica dovuta al “rimbalzo” post Covid: Pil più 3,7%, consumi finali delle famiglie più 6,1%. Difficile capire il perché di questa riduzione. Il fenomeno caratterizza tutte le Regioni (esclusa la Valle D’Aosta), ma in particolar modo la Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Forse l’effetto della fuoriuscita di parte dei rifiuti “simili” prodotti dagli utenti domestici che ora possono farlo in virtù di una nuova normativa del 2022. Forse l’effetto di una crescente applicazione della tariffa puntuale corrispettiva (ormai oltre 1000 comuni). Difficile pensare ad un primo effetto di politiche di prevenzione e riduzione, che nel 2022 non si erano ancora dispiegate. Comunque una buona notizia anche se non siamo al decoupling.
La raccolta differenziata aumenta in percentuale (dal 64 % a 65,2%) ma si riduce in quantità assoluta (da 18,953 milioni di tonnellate a 18,930) con una contrazione soprattutto della frazione organica. Il dato è di quelli che si nota: superiamo finalmente con 10 anni di ritardo l’obiettivo di raccolta differenziata del 65% prevista dalla legge al 2012. Interessante anche la graduale ma costante convergenza del tasso di raccolta differenziata fra le diverse regioni: mentre le regioni del nord “leader” si stanno ormai stabilizzando intorno al 75%, le regioni più arretrate hanno ormai tutte superato il tasso del 50% (alcune nel 2018 erano ancora al 30%). Sembra quindi difficile andare oltre alle medie regionali più alte di raccolta differenziata, mentre ci sono ancora spazi di miglioramento in altre regioni.
Ma non superiamo ancora l’obiettivo del 50% di riciclo effettivo previsto dalla direttiva Europea al 2020 fermandoci appena sotto, al 49,2 % (era 48,1 nel 2021). Si allarga quindi ancora la forbice fra quantità di raccolta differenziata e quantità di riciclo effettivo, con gli scarti del riciclo che passano da 4,6 milioni di tonnellate a 4,8. La qualità dei materiali raccolti in forma differenziata quindi peggiora nel tempo, altro fenomeno da analizzare con cura: forse un po’ di stanchezza da parte dei cittadini cui le politiche ambientali stanno chiedendo continue modifiche di comportamento. Forse l’effetto del diffondersi del porta a porta.
La gestione dei rifiuti organici presenta dati contrastanti
La quantità di raccolta differenziata di biowaste di origine urbana si riduce nel 2022, passando da 6,8 a 6,5 milioni di tonnellate (ma migliora il Sud), anche se aumenta sia il numero di impianti (arrivato a 358 unità), sia la capacità di trattamento (che passa da 11,2 milioni di tonnellate a circa 12), sia il quantitativo complessivo di frazione organica trattata (che passa da 8,3 a 8,4 milioni di tonnellate).
Si riduce il semplice compostaggio
Si riduce il semplice compostaggio che passa da 3,2 a 3 milioni di tonnellate, aumentano i trattamenti integrati aerobico/anaerobico che passano da 3,2 a 3,4 milioni di tonnellate, stabile invece i soli trattamenti anaerobici (da 321 a 315). Aumenta sia la produzione di biogas (che passa da 324 a 331 milioni di metri cubi), sia quella di biometano (che arriva a 153 milioni di metri cubi, con un aumento di 30 milioni di metri cubi), cui vanno aggiunti circa 85 milioni di metri cubi provenienti dai digestori esclusivamente anaerobici. La produzione di biometano e biogas è quasi tutta concentrata nel nord Italia.
La fase di gestione e degli impianti vede una leggera riduzione del recupero energetico (un impianto in meno, si passa da 37 a 36) che passa dal 18,1% al 18%, 100.000 tonnellate in meno. Il sistema degli impianti waste to energy italiano genera 4,5 MWH elettrici (in aumento sul 2021) cui si affiancano 2,3 MWh termici (in riduzione sul 2021). A questi valori vanno aggiunti circa 0,4 milioni di Mwh elettrici e 0,2 termici, provenienti dai digestori anaerobici. Il settore rifiuti si conferma un importante produttore energetico, in crescita, fondamentale nella transizione energetica e che ha un ampio margine di miglioramento, con la messa in esercizio dei nuovi digestori anaerobici previsti (ed in parte finanziati da Pnrr) e dai nuovi impianti di incenerimento a partire da quello di Roma.
L’uso della discarica si è dimezzato dal 2013 al 2022
Il coincenerimento industriale in Italia è garantito da 11 impianti, che assorbono nel 2022 circa 334.000 tonnellate di rifiuti quasi tutti pre-trattati, anche questo flusso in riduzione rispetto al 2021 (401.000 tonnellate). L’uso della discarica come sistema di smaltimento diminuisce, ma di poco, passando da 5,6 milioni tonnellate a 5,2 (dal 19% al 17,8%). L’uso della discarica si è dimezzato dal 2013 al 2022, ma è ancora lontano dall’obiettivo di un quantitativo massimo del 10% al 2035, specie in alcune regioni (Sicilia, Toscana, Marche, Abruzzo, Umbria, Basilicata) con tassi superiori al 30 %. Ma preoccupa il dato di aumento dell’uso della discarica di alcune Regioni rispetto al 2021: Piemonte, Lazio, Abruzzo.
La riduzione nell’uso di inceneritori e discariche alimenta però l’aumento dell’export fuori Italia, che sale del 30% passando da 550.000 a 830.000 tonnellate. Mandiamo all’estero l’equivalente di due impianti di incenerimento medio grandi. Due terzi dei rifiuti che esportiamo vanno infatti ad incenerimento. Forse il dato più significativo del Rapporto Ispra, che segnala la strutturale mancanza di impianti di chiusura del ciclo in molte regioni italiane non solo del sud.
Ancora consistente il flusso di export infraregionale
I rifiuti avviati a discarica in impianti fuori dalla regione di origine sono pari a 492.000 tonnellate (erano 551.000 nel 2021), quindi con una debole riduzione. I flussi di frazione organica esportati fuori regione sono nel 2022 pari a 1,8 milioni di tonnellate, 213.000 in meno rispetto al 2021, ma pur sempre una enormità.
Veniamo ai costi del sistema
Il costo ad abitante medio nazionale è pari a 192 euro anno, con un minimo di 141 (Molise) ed un massimo di 271 (Liguria). Un valore in diminuzione rispetto al 2021, pari a 194,5. Il costo a tonnellata è pari a 385 euro a tonnellata, con un minimo di 298 (Trentino Alto Adige) e un massimo di 508 (Liguria). Un valore stabile rispetto al 2021 (383).
Dati incoraggianti si affiancano a dati preoccupanti
Nel complesso sembra che la curva dei costi unitari, in costante incremento negli ultimi anni (era 206 euro tonnellate nel 2002) si stia stabilizzando, nonostante la riduzione sia della popolazione che dei rifiuti prodotti. Come sempre dati incoraggianti si affiancano a dati preoccupanti. Bene la riduzione dei rifiuti, il raggiungimento dell’obiettivo di raccolta differenziata, l’aumento di produzione energetica sia dagli inceneritori che dei digestori anaerobici, la stabilizzazione dei costi. Preoccupante l’aumento dell’export, il mancato aumento del tasso di incenerimento, il mancato raggiungimento del tasso di riciclo effettivo, l’ancora elevato valore della circolazione infraregionale, l’alto tasso di discarica.
Chicco Testa
Presidente Assoambiente