Il celebre pasticcere, di recente nominato cavaliere del lavoro, spiega come far ripartire l'economia. Il Ponte sullo Stretto e un nuovo assetto viario potrebbero favorire l'incremento dell'occupazione. Il coronavirus per rilanciare le opportunità inespresse in campo agricolo
CATANIA – Il primo pasticcere della famosa azienda siciliana di artigianato alimentare Fiasconaro, Nicola Fiasconaro, è stato nominato cavaliere del lavoro. In un’intervista al Quotidiano di Sicilia spiega come far ripartire l’economia siciliana durante la crisi finanziaria lasciata in eredità dal Coronavirus. Agricoltura e grandi opere potrebbero essere le colonne portanti per il rilancio.
La storia dell’azienda
L’attività dei fratelli Fiasconaro – che oggi hanno una filiera di 11 laboratori sparsi tra le province siciliane e che esporta i suoi prodotti in tutto il mondo – inizia nel lontano 1953, quando Mario Fiasconaro decide di fare il gelatiere e pasticcere. I suoi tre figli – Fausto, Martino e Nicola – seguono presto le orme paterne e trasformano l’arte ricevuta in un’impresa di rilievo internazionale. Oggi Fausto è responsabile showroom, Martino è a capo dell’amministrazione, Nicola è pluripremiato primo pasticcere e ha ricevuto il titolo di cittadino onorario dall’amministrazione comunale di Avola per il ruolo svolto in questi anni di ambasciatore delle dolci eccellenze siciliane nel mondo.
Nicola è diventato anche cavaliere del lavoro: “Questo titolo mi è stato conferito dopo un lungo e delicato iter istituzionale. Da qualche anno l’azienda è stata oggetto di attenzione da parte di ispettori del lavoro che hanno verificato il livello di sicurezza dei nostri impiegati, i bilanci, la nostra partecipazione alla solidarietà, il mio percorso artistico come pasticcere internazionale, la collaborazione con il mondo universitario. Aver ricevuto l’onorificenza dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mi riempie d’orgoglio, visto che la sua famiglia rappresenta un riferimento per tutti i siciliani”, ha chiosato.
Coronavirus, “L’opposizione non collabora”
“Sta finendo la crisi sanitaria, ma il rischio di una grave crisi finanziaria incombe. Per fortuna, in Sicilia la diffusione del virus è stata molto contenuta, ma lo stesso non può dirsi di altre regioni come la Lombardia – ha detto il cavaliere -. Le istituzioni italiane hanno cercato di dare un minimo di sollievo a chi ne ha bisogno, da chi ha ancora il lavoro ma necessita di un supporto a chi lo ha perso. E poi hanno cercato di aiutare le piccole e medie imprese. Tuttavia, l’Italia ha un grande problema di liquidità a causa di una sofferenza economica già preesistente, a differenza di Paesi come la Germania. A questo si aggiunge l’incapacità della classe politica dell’opposizione di mettere da parte le beghe, per poter collaborare proficuamente con il governo e remare insieme nella stessa direzione”.
Dpcm e decreto Rilancio: “Aggiustare il tiro per riequilibrare le risorse”
Nonostante i limiti dell’opposizione e la volontà del governo di supportare l’economia italiana in questo difficile momento, ancora molto si potrebbe fare, secondo Nicola Fiasconaro: “L’italiano emerge da sempre durante le grandi tragedie, quindi spero che i cittadini possano cogliere le nuove opportunità che si profilano all’orizzonte; molti mestieri scompariranno, ma ne emergeranno di nuovi, in un contesto globalizzato molto differente dalle epoche precedenti. Indubbiamente occorre che le istituzioni snelliscano la burocrazia, per dare novità e respiro alle aziende, ma anche che queste ultime si sentano parte del sistema e contribuiscano a esso. Noi, per esempio, pur usufruendo degli sgravi fiscali previsti, abbiamo deciso di pagare senza proroghe tutti i contribuiti, per supportare lo Stato, avendone la possibilità. Abbiamo anche investito sulle misure di sicurezza per ottenere il certificato di internazionalizzazione che ci consentirà di continuare il nostro export – ha aggiunto -. E poi, ancora, il governo dovrebbe aggiustare il tiro rispetto al decreto ‘Rilancio’, prevedendo altri fondi accessibili per il Sud. Se il Meridione non decollerà, anche il Nord avrà delle ripercussioni economiche negative, persino nel suo motore industriale. Ulteriore attenzione andrebbe prestata alla salvaguardia delle imprese e della loro sicurezza; le mafie si stanno attrezzando per sostituirsi allo Stato dove c’è più sofferenza e bisogna impedire che questo avvenga”.
Sicilia, come ripartire: “Agricoltura, turismo, grandi opere”
Per il cavaliere del lavoro, la Sicilia potrebbe ripartire con linee politiche non troppo gravose in grado di fornire tutti i requisiti per lo sviluppo: “È l’ora di osare, di dare il via alle grandi opere. Penso al Ponte sullo Stretto nel rispetto dell’ecologia, che potrebbe incrementare i posti di lavoro, legare la regione al resto dell’Italia e darle ossigeno. Ma anche alle infrastrutture viarie interne, perché è impensabile raggiungere il Ragusano dalle Madonie in ben quattro ore. Difficoltà come questa incidono negativamente sulle imprese e sul turismo – ha detto -. La Regione deve imparare a spendere i fondi che riceve dall’Ue, non può rimanere incapace di sfruttare i meccanismi comunitari, risultando anche poco credibile alla governance nazionale e internazionale. I dirigenti devono fornire dei piani di progettazione adeguati, i burocrati devono aiutare le imprese a recepire le norme vigenti e snellire il sistema”.
Il Coronavirus, secondo Nicola Fiasconaro, è una “buona” occasione per riflettere sulle opportunità inespresse in campo agricolo, visto che l’agricoltura cammina di pari passo con il turismo, ma non raggiunge ancora la sua massima potenzialità: “La Sicilia non vive di industria, ma di un turismo e un’agricoltura che non riescono a creare una rete funzionale. Serve che tutti i contadini diventino imprenditori agricoli, come sta accadendo negli ultimi anni nel settore enologico. Su modello californiano – principalmente dedito alla vendita internazionale di frutta secca -, si potrebbe potenziare la cerealicoltura, viste le centinaia di ettari che ancora rimangono incolti.
La nostra difficoltà alla standardizzazione della qualità può essere risolta con la ricerca scientifica, con accordi proficui con le università. Se torniamo in campagna a sporcarci le mani di terra, senza snobbarla, ma con idee imprenditoriali, la Sicilia può risollevarsi in soli quattro o cinque anni”, ha concluso.