La Sicilia muore di sete, ma l’acqua c’è. Nel sottosuolo un giacimento ignorato - QdS

La Sicilia muore di sete, ma l’acqua c’è. Nel sottosuolo un giacimento ignorato

redazione

La Sicilia muore di sete, ma l’acqua c’è. Nel sottosuolo un giacimento ignorato

Hermes Carbone  |
sabato 27 Luglio 2024

Mentre l’Isola muore di sete, tiene banco la scoperta di un team di ricerca delle Università di Roma “Tre” e Malta: sotto i Monti Iblei esisterebbe un ricco giacimento di “oro blu”. E forse non è l’unico della regione

In Sicilia sono presenti 17 miliardi di metri cubi di acqua purissima che giace tra i 750 e i 2500 metri di profondità, ma la Regione non si è mai interessata né all’estrazione né a visionare lo stato degli oltre 250 pozzi esistenti o i dati open source prodotti da Eni già negli anni ‘80. La notizia giunge da una ricerca effettuata da un team di docenti e geologi provenienti dall’Università di Roma Tre e dall’Università di Malta. La localizzazione della ricerca è da ricondurre alle viscere dei Monti Iblei, in provincia di Ragusa. Ma non è l’unico punto dell’Isola al di sotto del quale è presente acqua purissima imprigionata da sei milioni di anni.

Ai microfoni del Quotidiano di Sicilia è intervenuto il professor Lorenzo Lipparini, geologo Ingv che, insieme a Roberto Bencini e Aaron Micallef, si è occupato di redigere il documento presentato a novembre a Oslo e lo scorso mese di giugno anche a Ragusa. Qui diversi sindaci della provincia hanno chiesto di approfondire l’opportunità di estrazione dal sottosuolo tra tempistiche, autorizzazioni, impatti ambientali, costi e benefici.

Sotto i Monti Iblei 17 miliardi di metri cubi di acqua

Stando a quanto analizzato e confermato dal geologo dell’Università di Malta e Roma Tre, “solo con il giacimento presente al di sotto dei Monti Iblei e senza considerare qualsiasi altra forma di approvvigionamento idrico che invece è tutt’ora presente, la Sicilia avrebbe a disposizione acqua per almeno quindici anni, che scendono a otto nel caso si volesse impiegare un quantitativo più ingente nel campo dell’agricoltura”. Tempo necessario alla Regione per reperire fondi e completare i cantieri per nuove dighe o per le esistenti, come nel caso dell’eterna incompiuta di Blufi.

Dati che restituiscono linfa – o quantomeno speranza – alle prospettive future di una regione messa in ginocchio dal cambiamento climatico e dall’avanzare incessante del fenomeno della siccità. Il tutto in un contesto in cui l’ex presidente siciliano e ora ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, ha rivelato come per affrontare l’emergenza siano state utilizzate solo il 30% delle risorse stanziate. Sono 1,2 i miliardi a disposizione delle regioni: 400 milioni per i progetti già in essere e 800 per nuove iniziative. “Il ministro Fitto dice che solo il 30% è stato utilizzato: mi auguro che il dato non sia aggiornato”, afferma Musumeci.

Crisi che la Sicilia sta affrontando come mai prima d’ora

Un tempo perduto dovuto a una pessima gestione delle risorse a disposizione che si traduce non soltanto in un danno economico per lo Stato – costretto alla morsa dell’emergenza – ma in una vera e propria crisi che la Sicilia sta affrontando come mai prima d’ora. Agricoltura al collasso, tra campi aridi e province in cui il bestiame deve essere abbattuto per l’assenza di sufficiente approvvigionamento idrico.

E ancora turismo in crisi per le continue disdette che le attività alberghiere ricevono per via della mancanza di acqua; comuni come Messina che contingentano l’erogazione, altri come l’agrigentino e il nisseno che richiedono l’intervento di navi cisterna; altri ancora, come Trapani, che requisiscono i pozzi privati per dare acqua alla popolazione.

La politica siciliana si è dimostrata ancora una volta carente

Un mare magnum – più che un mare nostrum – nel quale la politica siciliana si è dimostrata ancora una volta carente e impreparata ad affrontare un problema già preventivato e ora divenuto emergenziale. Lo stesso Musumeci dimentica il flop del Pnrr, con l’Isola che detiene il triste primato di 31 progetti bocciati sui 31 presentati durante la sua presidenza da governatore: unico caso in Italia. Il bando del Pnrr faceva riferimento alle infrastrutture idriche, con un niet costato 400 milioni di euro ai siciliani.

Anche a causa delle bocciature sul bando dei sistemi irrigui, il meridione non ha raggiunto la quota del 40% di investimenti del Pnrr voluta dal Governo per riequilibrare i rapporti tra Nord e Sud: un gap che si traduce in 1,5 miliardi di euro persi e destinati a regioni centro-settentrionali. Mala gestio ancestrale: dal 1991 la Regione non effettua concorsi per posizioni di ingegneri specializzati nel settore: c’è chi nel frattempo è andato in pensione o chi, dopo oltre trent’anni di servizio, non è più aggiornato con le nuove tecniche. Il problema siccità, però, resta. Per affrontarlo, dagli FSC, la Sicilia ha beneficiato di 17 milioni a fronte dei 400 ottenibili. E, anche sul fronte di Sviluppo e Coesione, tra il 2007 e il 2020, sono stati spesi solo 20 dei 44 miliardi disponibili.

Costo di estrazione sotto i Monti Iblei: tra 2 e 3 milioni di euro

Per questa ragione è necessario trovare soluzioni sfruttando tutte le risorse oggi disponibili. Una di queste passa circa 750 metri al di sotto dei Monti Iblei, tra Vizzini e Licodia. Costo di estrazione: tra i 2 e i 3 milioni di euro. Tempo concesso alla Sicilia per pianificare ed eseguire interventi strutturali e duraturi nell’Isola: almeno tre lustri. Interesse della Regione per lo studio: nessuno.

“Questi pozzi sono da considerare come cannucce infilate nel terreno e poi sigillate per sicurezza e non più utilizzabili al termine del loro ciclo vitale per l’estrazione di petrolio dal sottosuolo – spiega Lipparini – ma sappiamo, solo prendendo in considerazione questa ricerca, che lì sotto c’è acqua, se ne prendiamo in considerazione solo un terzo della quantità reale, per dissetare i siciliani per almeno quindici anni”.

Dopo anni di lavoro spesi al servizio delle big companies del settore oil and gas, il geologo dell’Ingv ha deciso di mettere le proprie competenze a disposizione della ricerca di acque profonde nelle regioni più interessate dal fenomeno della siccità: oltre alla Sicilia, sono in corso test anche in Abruzzo e Corno d’Africa, con un interesse mostrato soprattutto da Malta e tutti i paesi dell’Africa settentrionale. “Il futuro è nella ricerca di acqua off-shore e sappiamo già che la Sicilia ha a disposizione molti pozzi nei quali poterla reperire. Il problema sono le autorizzazioni: in Italia si attende molti anni se non c’è un interesse politico”, spiega il geologo.

La ricerca ha preso spunto da conoscenze pregresse di Lipparini e derivanti dalle perforazioni effettuate per cercare idrocarburi: “In tutte le trivellazioni fatte alla ricerca di pozzi petroliferi in Italia (6000, ndr) e per le quali sono ora scadute le concessioni, sono presenti anche i dati open source sulla presenza di acqua, spesso considerata come un intralcio all’estrazione. Le compagnie petrolifere potrebbero avere un ruolo sociale nel fornire quell’acqua alla popolazione attraverso apposita estrazione”, spiega il geologo.

Monti Iblei, presi in esame dati certi provenienti da 80 pozzi

Sotto i Monti Iblei si sono presi in esame dati certi provenienti da 80 pozzi dai quali, attraverso un incrocio di mappe e tabelle, è emersa la presenza di oltre 17 miliardi di metri cubi di giacimenti di acque dolci purissime quasi come l’acqua considerata potabile. Nuovi studi concentrati in altre aree dell’Isola potrebbero restituire superfici ancora più estese.

“Per rispondere alla domanda su quanta acqua possiamo produrre con precisione, per quanti anni e a quali costi, è importante realizzare uno studio di fattibilità multidisciplinare passando per la campionatura delle acque, l’analisi in laboratorio, la misurazione delle caratteristiche fisiche e la valutazione della portata di questi pozzi. Una volta ottenute le autorizzazioni – conferma il geologo – ovvero la parte più lunga, lo scavo di un pozzo a 1000 metri costa circa 2 milioni di euro e l’estrazione si ricaverebbe in poco tempo. Lavori che università europee svolgono con regolarità e grandi risultati in Africa”.

Tutti dati che la politica ha preso in considerazione solo a inizio di questa settimana, con un assessorato all’Agricoltura vacante dato che per Luca Sammartino il Riesame ha confermato la sospensione dai pubblici uffici. “Siamo finalmente stati contattati dal Capo della Protezione civile – aggiunge Lipparini – al quale forniremo totale collaborazione. La nostra è una informazione oggettiva e non teorica: si tratta di una grande opportunità per la Sicilia di combattere il fenomeno della siccità”.

La Conferenza Stato-Regione riconosce lo stato “di forza maggiore” per l’Isola

La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al riconoscimento per tutta la Sicilia delle “condizioni di forza maggiore e circostanze eccezionali” a causa della persistente siccità che colpisce l’Isola da circa un anno, una delle più gravi dell’ultimo cinquantennio. Un provvedimento che era stato richiesto dal governo regionale lo scorso 17 giugno e per il quale ora serve solamente la firma del decreto da parte del ministro della Sovranità agricola, alimentare e forestale.

Il riconoscimento della condizione di forza maggiore e di circostanze eccezionali da luglio 2023 a maggio 2024 consentirà alle imprese agricole e zootecniche che operano sul territorio siciliano di usufruire di deroghe in alcuni ambiti della Politica agricola comune, che permetterebbero di non applicare determinati vincoli a pascoli e terreni, continuare a godere di aiuti, rinviare pagamenti, sanzioni e oneri.

“Voglio ringraziare i ministri Lollobrigida e Calderoli – sottolinea il presidente della Regione, Renato Schifani – per la celerità nell’approvazione dell’iter. A causa della grave emergenza idrica, che pone la Sicilia in ‘zona rossa’ al pari di Marocco e Algeria, il mio governo è impegnato su più fronti per contrastare la mancanza d’acqua. L’intesa raggiunta dimostra la concreta attenzione e sensibilità del governo nazionale per una situazione che va affrontata in maniera corale da tutte le istituzioni, comprese quelle europee”.

La Regione ha già dichiarato lo stato di calamità naturale per danni all’agricoltura e ottenuto dal Consiglio dei ministri il riconoscimento dello stato di emergenza di rilievo nazionale. La nuova richiesta nasce da una situazione che si è aggravata nelle ultime settimane a causa della riduzione delle risorse idriche negli invasi e della conseguente indisponibilità di acqua per l’irrigazione. Per il comparto agricolo e zootecnico si stima una perdita della produzione nel 2024 che va da un minimo del 50% a un massimo del 75%.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017