“Ma la Sicilia può tornare a una viticoltura senz’acqua” - QdS

“Ma la Sicilia può tornare a una viticoltura senz’acqua”

redazione

“Ma la Sicilia può tornare a una viticoltura senz’acqua”

Salvo Ognibene  |
giovedì 09 Maggio 2024

Intervista al professore Attilio Scienza, ex ordinario all’Unimi e membro dell’Accademia del vino

Il prof. Attilio Scienza è stato presidente del corso di laurea in Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Milano, titolare del corso di Miglioramento genetico della vite e di Viticoltura di territorio fino al 2015. È Accademico ordinario dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino. Noto esperto internazionale del settore, ha seguito progetti di ricerca nel campo della fisiologia, tecniche agricole e genetica della vite anche in Sicilia. Lo abbiamo intervistato.

La siccità in Sicilia è oggi una grande preoccupazione per l’agricoltura e gli allevamenti, vale lo stesso per la viticoltura?
“La Sicilia ha impostato tutta la sua viticoltura nel dopoguerra così come un’attività di tipo intensivo, diversa rispetto a quella del passato dove era estensiva, con produzioni importanti ma quantità per ettaro basso dove si producevano buoni vini da taglio. Dopo il secondo dopoguerra è iniziata una rivoluzione con una produzione più centrata sui territori e sulle aziende che hanno iniziato a imbottigliare negli anni ‘80”.

Mi sembra di capire che prima si faceva viticoltura in assenza di acqua.
“Assolutamente sì. Il cambio di impostazione della viticoltura di cui parlo, ha indirizzato su dei modelli viticoli che non erano quelli di un territorio siccitoso: prima, infatti, i vigneti non erano irrigui, lo sono diventati per fare dei vini più eleganti con varietà internazionali come lo Chardonnay o il Cabernet e questo ha modificato il modo di fare viticoltura aumentando le piante per ettaro, cambiando i portinnesti, le forme di allevamento che da alberello sono diventati a spalliera ed ha introdotto l’irrigazione”.

Cosa ha comportato tutto questo?
“Ha portato un cambiamento di vocazionalità dei terreni: prima si faceva viticoltura in terreni profondi con riserve idriche importanti e quindi si faceva tesoro di una viticoltura con vocazione siccagna, ora invece le aziende hanno avuto modo di costruire dei laghetti aziendali e l’acqua è diventata fondamentale”.

Qual è la soluzione?
“La Sicilia deve ritornare ad una viticoltura precedente con le tecniche di oggi ma anche in zone diverse: mi riferisco alla parte centrale dell’isola dove è collina quasi montagna, lì è un’ottima zona per ripensare la viticoltura così come si sta ripensando al nord nelle zone più alte e zone più fresche”.

E l’Etna di cui tanto si parla?
“Si tratta di un esempio interessante di come si può produrre un grande vino, bianco o rosso, ad altezze diverse: qui le perdite di acqua e di traspirazione sono certamente diverse e poi sul vulcano piove di più rispetto al resto dell’Isola”.

Insomma, bisogna ripensare ad un nuovo piano della viticoltura…
“Le previsioni fino al 2050 sottolineano la desertificazione di alcune zone meridionali come la Puglia jonica, la Sicilia e la Sardegna meridionale e l’acqua in futuro ci sarà solo per le abitazioni, per gli ospedali e per le scuole, non per l’agricoltura ma oggi abbiamo le giuste conoscenze per sviluppare comunque un nuovo corso in quest’Isola che produce vino da secoli. Sesti d’impianto più larghi, lavorare in profondità per dare spazio alle radici, con il sistema ad alberello si può fare meno invece che con la spalliera”.

Ritornare all’alberello, però, non basta.
“Oggi la viticoltura ha sviluppato un impianto intensivo con le concimazioni ed altro e quindi ha perduto quella che era la viticoltura siccagna, così facendo la radice non va in profondità perché manca l’ossigeno. Ci siamo dimenticati come si lavorano i vigneti, bisogna pensare agli inerbimenti non solo per la sostanza organica ma anche per le pacciamature e creare un cuscinetto per acqua e temperatura. Oggi inoltre ci sono dei porta innesti che possono far risparmiare energia alla pianta senza perdere produzione, bisogna ritornare al concetto di vocazione”.

C’è chi dice che il fotovoltaico sia conveniente…
“No, la Sicilia è un’isola meravigliosa che oggi vive anche di turismo e può crescere ancora di più. Il fotovoltaico non è la soluzione, anzi è un danno di immagine per una terra straordinaria dove non solo sarà possibile continuare a fare agricoltura e viticoltura ma anche turismo. I turisti non vanno nei luoghi per vedere pale eoliche e fotovoltaico…ripensiamo ad un destino turistico e all’agricoltura, avremo di che stupirci”.

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