Lo Stato salva Mps, Ilva, Alitalia - QdS

Lo Stato salva Mps, Ilva, Alitalia

Carlo Alberto Tregua

Lo Stato salva Mps, Ilva, Alitalia

martedì 17 Novembre 2020

L’epidemia è stata una “manna” per i Governi e per il nostro in particolare, in quanto – dichiarato lo Stato di Emergenza per un anno intero, dal 31 gennaio 2020 al 31 gennaio 2021 – gli Enti hanno avuto il via libera per spendere e spandere senza controlli.
La conseguenza è un forte indebitamento del Paese, che continua a firmare cambiali a carico delle future generazioni.
Perché è stata una “manna” per questo Governo o per qualunque altro si sia trovato in sella in questo periodo? Semplice. Quando i cordoni della borsa sono divaricati, le spese possono essere ampliate, anche per esigenze diverse dalla sanità.
Peraltro, una buona parte dei partiti di Governo, se non tutti, sono fautori della spesa pubblica, dello Stato padrone-imprenditore, dell’oppressione dell’imprenditoria privata.
Ora, se il Governo spendesse risorse per investimenti, anche utilizzati da società controllate dal ministero dell’Economia e delle Finanze, si potrebbe concordare con questo indirizzo. Peccato che così non è.

Notizia di questi giorni è che, dopo avere salvato il Monte dei Paschi di Siena, acquistandone le azioni di controllo per non farlo fallire, lo storico istituto bancario, fondato nel 1472, è di nuovo in pre-default perché la mala gestione precedente è continuata. La conseguenza è che il Governo è chiamato a metterci ancora tre miliardi per evitare l’ecatombe. Ma non cambiando il management, fra qualche anno, ci vorranno ancora altri miliardi.
Miliardi di chi? Ovviamente dei cittadini che pagano le imposte. Ma questo ai ministri e al presidente del Consiglio importa poco perché, nella gran festa della spesa pubblica, giornali e televisioni non si chiedono e non chiedono ragioni di questo sperpero vergognoso.
Altro sperpero è il continuo finanziamento della cosiddetta compagnia aerea di bandiera, Alitalia, che da Berlusconi a oggi ha prosciugato una decina di miliardi. Il Governo ha inventato una nuova società, Ita, con un capitale iniziale di venti milioni, cui per la verità ha destinato due buoni manager, Francesco Caio e Fabio Maria Lazzerini. La vecchia Alitalia diventerà una bad-company per smaltire cinquemila esuberi e la montagna di debiti che ha accumulato in questi decenni.
Terzo sperpero riguarda l’Ilva, una vicenda infinita, oscura, gestita in modo dilettantesco e che è arrivata all’estrema conseguenza: ArcelorMittal vuole uscirsene, non ha realizzato il Piano di risanamento, ha dimezzato la produzione e con essa i dipendenti attivi (gli altri sono in Cassa integrazione).
Come ha pensato il Governo di risolvere la questione? Semplice: acquistando una parte importante, o forse la maggioranza, delle azioni e diventando così, anche in questo caso, imprenditore.
Ovviamente non lo fa direttamente, ma attraverso una sua società, Invitalia, al cui vertice vi è Domenico Arcuri, che è anche il commissario straordinario Covid, addetto a tutti gli acquisti.
Cosicché in questo momento è forse l’uomo più potente d’Italia, perché amministra decine di miliardi per la sanità e alcuni miliardi per Invitalia. Una concentrazione pericolosa, seppure non vi è nulla da dire né sulle sue qualità manageriali né sulla sua correttezza.

Da questo quadro si evince come Giuseppe Conte non abbia capito, o forse non può capire perché politicamente molto debole, che il Paese va verso la fame nera di milioni dei suoi cittadini. Vi è tantissima gente che non ha più quel minimo di risorse per acquistare il cibo. Per ora tutto è cloroformizzato da un lockdown nascosto, ma prima o dopo la situazione potrebbe esplodere. Quando la fame mangia la carne viva non ci sono più regole che tengano.
La legge di bilancio 2021, approvata dal Consiglio dei Ministri che passerà alle Camere per la definitiva approvazione, dopo numerosissimi emendamenti, è una legge che guarda al presente e non al futuro.
Quasi tutto il deficit, si parla di una quarantina di miliardi, è destinato a foraggiare la spesa corrente, pochissimi miliardi verso gli investimenti, soprattutto in direzione del Sud, che ha un tasso infrastrutturale minore di un terzo di quello del Nord.
Questa politica economica non è giustificata se non dalla pochezza di chi ci governa e dall’altrettanta pochezza dell’opposizione: una classe politica così mediocre non c’è mai stata nel nostro Paese. Queste sono le conseguenze.

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