Traffico di influenze cioè raccomandazioni - QdS

Traffico di influenze cioè raccomandazioni

Carlo Alberto Tregua

Traffico di influenze cioè raccomandazioni

mercoledì 21 Agosto 2024

Il prezzo della cultura del favore

Nella valle dolomitica di Corvara, il riposo di qualche giorno mi ha fatto accelerare il funzionamento cerebrale, con la conseguenza che sono affiorate questioni che all’interno del lavoro di tutti i giorni non si possono valutare adeguatamente.
Una di queste mi ha colpito per la nuova terminologia: “Traffico di influenze”. E mi sono chiesto se avesse una traduzione classica e più comprensibile per i comuni mortali.
Mi è sembrato di ricordare una traduzione con “raccomandazioni”. Si tratta di un’attività vecchia come il cucco, che però è andata ingigantendosi in quest’ultimo cinquantennio e in particolar modo in questo ventunesimo secolo.
Perché le influenze o le raccomandazioni sono aumentate di numero e di peso? E, seconda domanda, perché sono particolarmente presenti nel mondo digitale (immateriale) e nel Sud Italia (materiale)?
Cerchiamo di dare delle risposte comuni, anche se facilmente intuibili.

Nel settore digitale ormai la fanno da padroni i siti. Sono decine e decine di milioni, ognuno dei quali viene consultato regolarmente da internauti che pongono domande di ogni genere a cui gli stessi siti danno risposte generiche.
Cosicché, chi chiede, ritiene di avere soddisfatta la propria curiosità senza rendersi conto che ha incrementato la propria ignoranza.
È proprio contando sull’ignoranza che molti furbetti (e capaci) hanno fondato la loro attività, che è proprio quella di influenzare, cioè di indurre a fare acquisti di beni e servizi inutili, stimolando falsi bisogni.

Ma le “influenze” non si limitano all’acquisto di beni e servizi, bensì agiscono in tutto il settore economico e cioè con le raccomandazioni di vario genere: dalle promozioni, ai concorsi, alle assunzioni, agli appalti, alle assegnazioni di ordini da parte delle Pubbliche amministrazioni e via enumerando.
Una volta queste “influenze” si chiamavano raccomandazioni; oggi hanno cambiato denominazione, ma la sostanza è rimasta immutata. Ci dobbiamo chiedere perché il loro effetto è aumentato a dismisura.

Il comune denominatore di internauti e di abitanti del Sud del nostro Paese è l’ignoranza, che non è un insulto, come qualcuno potrebbe pensare, bensì il fatto che non si conosce l’esistente. Ma chi conosce tutto l’esistente? Nessuna persona umana. Perciò coloro che pensano in maniera opposta a quanto prima scritto sono presuntuosi oltre che ignoranti.
Ed è proprio su questa presunzione che contano gli influencer per spingere quei soggetti a fare ciò che non penserebbero di fare, ripetiamo, creando in essi/e bisogni inesistenti, ma con una coda imperativa, secondo la quale essi/e devono essere soddisfatti/e.

I gruppi di potere gestiscono poi tutti i meccanismi delle raccomandazioni e quindi l’insieme dei traffici illeciti di beni, servizi e lavoro.
L’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) cerca di evidenziare possibili eventi di corruttela e interviene con decisione a seguito delle relative istruttorie. Tuttavia, avendo caricato tale Ente di un’enorme quantità di incombenze, ha visto ridursi l’efficacia delle sue azioni.

Le raccomandazioni ci sono sempre state per mettere dirigenti nei posti chiave delle Pubbliche amministrazioni, nelle società pubbliche nazionali e locali, nelle liste dei candidati in occasione delle elezioni e in tanti altri casi dov’è insufficiente la capacità del singolo.

D’altro canto, bisogna considerare che quando è in competizione una persona capace e un’altra raccomandata, la prima perde il duello perché la raccomandazione è più forte della capacità in un sistema pubblico disancorato dai valori, dove l’unica cosa che conta è il favore.

Scusateci se siamo ripetitivi, ma finché questo enorme problema sarà presente, dovremo ritornarci spesso, nella speranza che qualcuno dei responsabili istituzionali abbia le orecchie pulite.

La cultura del favore è radicata nel Sud Italia fin dai tempi del feudalesimo. Illuminante è la celebre frase di Tomasi di Lampedusa (1896-1957): “Tutto cambia perché nulla cambi”. E invece bisogna che si passi dal favore al merito per cambiare ciò che non va.

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