Una soluzione che segnerebbe un netto cambio di passo nel settore dei trasporti perché agevolerebbe l’approdo anche alle grosse navi. Il dibattito arriva anche in Consiglio comunale
TRAPANI – Vale per il marmo trapanese ma anche per tutti gli altri settori produttivi del territorio. È di certo più difficile stare sul mercato ed affrontare la concorrenza quando c’è da pagare una “tassa” aggiuntiva, che non si trova in nessuna legge ma che è ben presente e soprattutto pesante. È la “tassa” sul porto.
La tassa sul porto molto onerosa
Il presidente nazionale della sezione lapidei della Cna, Alberto Santoro la presenta così: “Tutti gli esportatori siciliani hanno aggravi notevoli di costi, non solo le aziende di marmo. È una tassa molto onerosa perché incide sul costo del trasporto fino al 40%. Si tratta di competitività che perdiamo ogni giorno per non avere un porto oceanico”. Eppure la svolta sarebbe a portata di mano: “Adeguandolo di necessarie infrastrutture il porto di Trapani, a detta delle compagnie di navigazione marittime, ha una posizione felice perché proprio di passaggio sulle rotte, ma anche Termini Imerese potrebbe essere una buona soluzione”. Santoro è un imprenditore del marmo, sta in prima linea e la “tassa” è costretto a pagarla, così come gli altri operatori del bacino marmifero di Custonaci.
Il porto oceanico è dunque una soluzione
Il porto oceanico è dunque una soluzione, che trova porte spalancate in Sicindustria Trapani. Il suo presidente Vito Pellegrino – anche lui imprenditore del settore e del bacino custonacese – entra nel merito dell’infrastruttura che non c’è: “Il porto oceanico è quello che consente alle grosse navi di attraccare e di movimentare nel più breve tempo possibile i container pieni di ogni tipo di merce. La Sicilia non essendo dotata di tale infrastruttura consente l’approdo solo a navi feeder, di piccola stazza. Pertanto ogni container che parte dalla Sicilia ha un trasbordo nei porti oceanici più vicini, deve attendere l’arrivo della grossa nave ed essere caricato nuovamente. Per alcune destinazioni c’è addirittura un secondo trasbordo per esigenze logistiche delle compagnie. Questo incide fortemente sui costi e sulle tempistiche del trasporto e non dimentichiamo che il marmo è fragile e spesso viene danneggiato da eccessive movimentazioni”.
Il presidente aggiunge un altro tassello: “Faccio un esempio pratico per far comprendere quanto costa la mancanza d’infrastrutture alle aziende siciliane. Dal Veneto la movimentazione di un container di marmo su rotaia fino ai porti liguri di Genova o La Spezia costa meno che un trasporto su gomma da Trapani fino al porto di Palermo. Ma noi impieghiamo ore ed ore per andare in treno da Trapani a Palermo e quindi oltre i porti oceanici servirebbe une rete ferroviaria moderna ed efficiente”. Pellegrino fa pure un po’ di storia e sottolinea che “la realizzazione di un porto oceanico in Sicilia viene caldeggiata dalla nostra associazione da parecchi anni e non solo a supporto del comparto lapideo trapanese. Purtroppo la politica nazionale, alla quale compete la questione, ad oggi non ha ritenuto la cosa meritevole di favorevole riscontro.
Le merci arrivano o partono dai nostri porti su piccole navi di collegamento con i porti oceanici di Malta, Cagliari o Gioia Tauro e viaggiano da o verso i Paesi di destinazione finale imbarcate sulle grandi navi portacontenitori”. Da qui il fattore economico che diventa determinante e soprattutto discriminante: “La sosta e il trasbordo delle nostre merci in questi porti determina chiaramente dei costi aggiuntivi notevoli a discapito della competitività dei nostri territori, determinando per le imprese siciliane un oggettivo svantaggio competitivo”. Anche il presidente di Sicindustria Trapani pone l’accento sulla posizione geografica del territorio siciliano: “La portata di questa situazione è difficilmente comprensibile e giustificabile specie se si guarda alla posizione geografica della Sicilia. Posta al centro del Mediterraneo, in corrispondenza con l’intersezione delle principali direttrici est-ovest e nord-sud del trasporto di merci, la Sicilia avrebbe oggi dovuto essere la principale piattaforma logistica d’Europa. Purtroppo la miopia strategica della classe politica italiana, nella misura in cui si è intestardita nel favorire le portualità del settentrione ha fatto sì che la Sicilia rimanesse una grandissima potenzialità inespressa e che l’Italia tutta perdesse importanti traffici commerciali a beneficio dei grandi porti del Nordeuropa come Rotterdam”.
Cna e Sicindustria possono contare su un alleato: il sindacato. Per il segretario provinciale della Uil Tommaso Macaddino “le proposte di sviluppo per il territorio che possono mettere in moto il mondo del lavoro vanno sostenute con forza. Quello del marmo è un settore che ha vissuto alterne fortune e che rimane fondamentale per l’economia trapanese”.
Il dibattito sul porto oceanico è arrivato anche in consiglio comunale. Per l’indipendente Anna Garuccio “Trapani ha tutto il diritto di tornare ad essere polo di riferimento commerciale nel Mediterraneo, con una apertura verso i mercati orientali. Il marmo del trapanese costituisce un sistema produttivo da sostenere. Esiste molta competitività. La politica ha il dovere di prendere in considerazione le criticità e di agevolare il mercato, migliorando le infrastrutture, promuovendo e rendendo più competitivi i marmi del nostro territorio”.