Truffa aggravata Sciacca, nel mirino strutture turistiche

VIDEO | Truffa aggravata a Sciacca, nel mirino le strutture turistiche di “Torre Macauda”: sequestro da 30 milioni di euro

marikacontarino

VIDEO | Truffa aggravata a Sciacca, nel mirino le strutture turistiche di “Torre Macauda”: sequestro da 30 milioni di euro

Redazione  |
mercoledì 24 Luglio 2024

Le indagini avrebbero permesso di ipotizzare complesse e strutturate operazioni finanziarie.

I finanzieri di Palermo e della Compagnia di Sciacca hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misure cautelari emessa dal G.I.P. nei confronti di 6 soggetti per truffa aggravata. Questi sono destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali e/o professionali, ovvero di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche o imprese. Per l’esecuzione dei provvedimenti sono stati impiegati 50 militari della Guardia di Finanza, in forza ai Reparti di Palermo e Agrigento.

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Gli indagati sono indiziati dei reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio. Oltre a corruzione e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Con il medesimo provvedimento il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo, per un valore complessivo di circa 30 milioni di euro, di disponibilità finanziarie e di 3 società operanti nel settore immobiliare. Due di queste proprietarie della nota struttura turistico-alberghiera denominata “Torre Macauda”, sita a Sciacca, in provincia di Agrigento.

Le indagini per truffa aggravata a Sciacca

Le indagini sulla truffa aggravata a Sciacca avrebbero permesso di ipotizzare complesse e strutturate operazioni finanziarie. Queste erano finalizzate alla distrazione di ingenti disponibilità di spettanza delle società che nel tempo avevano detenuto la proprietà del complesso ricettivo, sino a causarne il dissesto e il successivo fallimento.

È stato, inoltre, concordato concordato tra gli imprenditori indagati e dirigenti e consulenti di un primario istituto di credito nazionale un complesso schema di riciclaggio. Il sodalizio, così, avrebbe riacquisito la stessa struttura ricettiva che, nel frattempo, era stata messa in vendita mediante asta esecutiva.

Le due fasi

In concreto, le attività d’indagine avrebbero permesso di individuare due fasi dell’articolato disegno criminoso. La prima, relativa all’acquisto di un credito (per circa 28 milioni di euro) vantato dallo stesso istituto bancario nei confronti del gruppo imprenditoriale proprietario del complesso turistico, a fronte del pagamento di soli 4 milioni di euro, utilizzando al riguardo i fondi sottratti alle società fallite.

Una seconda fase, sarebbe relativa al “riacquisto” della struttura ricettiva, in sede di asta esecutiva, a fronte di un’offerta di circa 8 milioni di euro che il soggetto giuridico aggiudicatario non avrebbe interamente pagato all’istituto bancario.

In quest’ultimo caso, sarebbe stato determinante il ruolo di importanti dirigenti bancari. Questi avrebbero falsamente attestato l’avvenuto pagamento nella dichiarazione di quietanza necessaria all’emissione, da parte del Giudice dell’esecuzione, del “decreto di trasferimento” del complesso turistico.

La riacquisizione

Gli stessi avrebbero impartito le disposizioni di bonifico e quelle relative all’apertura ed alla successiva estinzione dei conti correnti utilizzati per far transitare le somme di denaro distratte dalle società fallite e poi impiegate per finanziare l’acquisto del credito e la “riacquisizione” della struttura, omettendo peraltro ogni adempimento e comunicazione previsti dalla normativa antiriciclaggio.

Come evidenziato dal G.I.P., “nonostante le operazioni bancarie fossero connotate da sicuri indici di anomalia, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto quello oggettivo non venivano in alcun modo segnalate come sospette, così come invece avrebbe dovuto essere fatto in ossequio a quanto previsto dal d.lgs. 231/2007”.

Il sodalizio criminale sarebbe rientrato in possesso dell’intera struttura ricettiva, a quel punto libera da ipoteche o qualsivoglia pendenza. La banca avrebbe monetizzato un credito vantato ormai da decenni e di difficile realizzazione.

Le indagini avrebbero fatto emergere gravi violazioni da parte dell’istituto di credito, configurandosi nei confronti dello stesso la responsabilità amministrativa dell’ente, ai sensi del d.lgs. 231/2001, avendo omesso la predisposizione di adeguati modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire i reati di riciclaggio contestati ai propri dirigenti e commessi a vantaggio della banca.

Le attività investigative avrebbero, inoltre, disvelato a Sciacca un tentativo di truffa aggravata ai danni dello Stato. Questo era finalizzato ad accaparrarsi un finanziamento pubblico destinato allo sviluppo delle attività ricettive, di circa 1,8 milioni di euro.

Infine, viene ipotizzato il reato di corruzione nei confronti di un Pubblico Ufficiale. Questo, in cambio dell’assunzione del figlio, avrebbe favorito un imprenditore nei lavori di rifacimento e messa in sicurezza di un costone roccioso franato, ricadente all’interno del complesso turistico-alberghiero.

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