L'oncologo Michele Maio: "Il panorama è cambiato e adesso i pazienti si affidano senza grandi paure a una tecnica che sfrutta il sistema immunitario"
Perché l’immunoterapia è importante? “Prendiamo il melanoma, su cui abbiamo iniziato a usarla quasi vent’anni fa. Allora la sopravvivenza a 7 anni dalla diagnosi era del 5%. Oggi con l’immunoterapia è al 60%. Quando il tumore va in remissione, poi, lo fa in modo duraturo”. Così Michele Maio, oncologo dell’università di Siena e direttore del centro di immuno-oncologia al Policlinico Le Scotte, in un’intervista a ‘Repubblica’. “Alle sperimentazioni arrivavano solo pazienti all’ultima spiaggia. Oggi, e molto in Italia si deve ai fondi Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro), il panorama è cambiato. Maio, in collaborazione con la Fondazione Airc e la Fondazione Nibit, ha iniziato da pochi giorni la sperimentazione di un nuovo metodo di immunoterapia”, racconta l’oncologo.
Non solo il melanoma. “Si è passati ad usare l’immunoterapia anche sul tumore al polmone – ricorda Maio – La risposta positiva a lungo termine oggi è del 35-40%. Da lì si è aperto un mondo: rene, fegato, esofago, stomaco, mesotelioma. La lista dei tumori per cui è indicata cresce di mese in mese. I pazienti si affidano senza grandi paure a una tecnica che sfrutta il sistema immunitario, cioè una risorsa dell’organismo, e non dà i disturbi della chemioterapia”.
Quanto è diffusa oggi l’immunoterapia? “Nel melanoma è molto diffusa, da dieci anni la chemio non si usa praticamente più. Anche in alcuni tipi di tumore al polmone è la prima scelta. Le applicazioni aumentano sempre. E una rivoluzione continua”, risponde. Perché metà dei pazienti circa guarisce e gli altri no? “Per anni non abbiamo saputo che rispondere. Ora iniziamo a trovare indizi, ad esempio mutazioni nel genoma delle cellule del tumore”, avverte.
E i pazienti che non ricadono nella percentuale fortunata? “Sono oggetto degli sforzi di medici e ricercatori in tutto il mondo. Per fortuna oggi le strade nuove non mancano. Solo a Siena ci sono circa 50 sperimentazioni”, spiega l’oncologo Maio.
Fra cui la vostra, appena partita, finanziata anche da Fondazione Airc e coordinata da Fondazione Nibit. Di cosa si tratta? “È la combinazione di due strategie. La prima è l’epigenetica: modifica la forma del Dna delle cellule del cancro per renderle più visibili al sistema immunitario. La seconda è la vera e propria immunoterapia. Prima si assumono i farmaci epigenetici: 5 giorni di pillole. Quando crediamo che il tumore sia diventato visibile per il sistema immunitario, è il turno dell’immunoterapia. Lì è necessario il day hospital per l’infusione”, conclude.