Petrolchimici, in caso di incidenti la popolazione non sa cosa fare - QdS

Petrolchimici, in caso di incidenti la popolazione non sa cosa fare

Margherita Montalto

Petrolchimici, in caso di incidenti la popolazione non sa cosa fare

venerdì 25 Gennaio 2013

La Regione non ha previsto campagne di informazione utilizzando fondi Ue. Disattese le leggi in materia I dubbi sulla messa in pratica delle Schede informative in territori come Priolo-Augusta

PALERMO – La Sicilia come Seveso, un confronto obbligato. Perché ricordare, dopo anni di distanza, questo incidente? Per non dimenticare che, per la prima volta, l’opinione pubblica italiana si rese conto che il proprio territorio è pieno di impianti che detengono, trattano e trasformano sostanze pericolose, senza che nessuno sappia che cosa contengono, che cosa producono, che cosa occorre fare in caso di incidente.
La Comunità europea, dopo il grave disastro in Lombardia emanò delle norme per regolare la presenza delle industrie a rischio di incidente rilevante. La "direttiva Seveso", come fu chiamata, e dalla prima versione del 1982 ne sono state emanate altre due, e la “Seveso III” è entrata in vigore in Italia alla fine del 1995. Le industrie sono state suddivise in due classi, a rischio (classe B, oggi dette “articolo 6”) e ad alto rischio (classe A, oggi dette “articolo 8”), sulla base del tipo e della quantità delle sostanze tossiche e pericolose che ciascuna contiene. Negli ultimi anni sono stati compiuti molti studi sugli effetti che a Seveso l’esposizione alla diossina ha provocato sugli animali, sull’uomo e sulle piante e di conseguenza sulla catena alimentare.
Le risposte: una prima, qualificante, è stata data con il diritto di informazione dei cittadini sui siti industriali ad alto rischio con la Seveso II che prevede, l’obbligo per il Comune, ove insiste uno stabilimento industriale a rischio, a divulgare le informazioni fornite dal gestore dello stabilimento con la Scheda informativa per i cittadini e i lavoratori (comma 4 art. 22 D.Lgs. 334/99 e s.m.). Il limite della normativa, che prevede che sia il gestore dell’impianto a fornire le notizie sull’impianto, svilupperà la documentazione minimizzando le possibili sorgenti di rischio e tutto va nella direzione dei controlli che come sappiamo, senza nulla togliere alla perizia, sono effettuati in maniera minima e inconsistente.
 
Si deve sapere che sulle direttive delle normative vige l’obbligo di consultazione della popolazione sia nel momento di approvazione della pianificazione dell’emergenza esterna sia nei casi in cui si modifichino o si creino nuovi stabilimenti industriali (art. 23 D.Lgs. 334/99 e s.m.), nonché l’obbligatorietà per il gestore di redigere un documento sulla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti da adottare per controllare e verificare l’opportunità di promuovere costanti miglioramenti della sicurezza garantendo elevati livelli di protezione per l’uomo e per l’ambiente (art. 7 D.Lgs.334/99), l’esperienza ci dice quanto i gestori curino la manutenzione degli impianti, figuriamoci la ricerca di innovazioni tecnologiche per la prevenzione degli incidenti. Ma sappiamo bene che tali aspetti sono trattati come se tali impianti dovessero nascere in zone desertiche. Al fine di fronteggiare l’accadimento incidentale, il D.Lgs.334/99 prevede che siano predisposti per gli stabilimenti a rischio, dei piani d’emergenza interni ed esterni, funzionali sia a fronteggiare l’evento sia a ridurre e a mitigare le conseguenze dello stesso.
 
Vengono predisposti quindi il Piano di emergenza interna (Pei), secondo cui è predisposto dal gestore dello stabilimento per fronteggiare l’incidente rilevante all’interno degli impianti in base a procedure di attivazione di squadre interne d’emergenza e con il concorso dei Vigili del fuoco. Il gestore ha l’obbligo di informare le autorità competenti dell’evento in atto.
Anche questo strumento è predisposto dal gestore con i limiti che si possono immaginare. Un evento in territori come quello di Priolo-Augusta, dove le abitazioni sono a ridosso degli impianti, sarebbe devastante. Il Comune ove è ubicato lo stabilimento industriale a rischio di incidente rilevante deve rendere immediatamente nota alla popolazione presente nel suo territorio le notizie riportate nella "Scheda informativa" redatta dal gestore dello stabilimento ai sensi del comma 4 art. 22 del D.Lgs.334/99 e s.m.e.
La Regione ed il Dipartimento ambiente non ha previsto campagne di informazione e non si sono usati i fondi europei. E la normativa? All’Art.18 DL 334/99 competenze della Regione, ai sensi dell’articolo 72 del DL 31 marzo 1998, n. 112, l’esercizio delle competenze amministrative in materia di incidenti rilevanti, la Regione individua le autorità competenti titolari delle funzioni amministrative e dei provvedimenti discendenti dall’istruttoria tecnica e stabilisce le modalità per l’adozione degli stessi, prevedendo la semplificazione dei procedimenti ed il raccordo con il procedimento di valutazione di impatto ambientale; definisce le modalità per il coordinamento dei soggetti che procedono all’istruttoria tecnica, raccordando le funzioni dell’Arpa con quelle del comitato tecnico regionale di cui all’articolo 20 del Dpr 29 luglio 1982, n. 577 nel rispetto di quanto previsto all’articolo 25, le modalità per l’esercizio della vigilanza e del controllo.
Perché riportare in maniera cruda un articolo di legge? Semplicemente per dire cosa la nostra Regione ed in particolare il dipartimento Territorio non ha fatto, il presente articolo è totalmente disatteso.

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