“Catania ha ormai un’economia debole. Coca Cola, Pfizer e St Microelectronics sono le uniche grandi aziende rimaste. Anche in campo commerciale, la situazione non è buona, lo testimonia la vicenda Aligrup, anche se negli ultimi tempi sembra che qualche barlume di speranza per i lavoratori si sia acceso. Alcuni centri di distribuzione sono stati acquisiti da piccoli gruppi, ma si tratta di una soluzione soltanto per 120 lavoratori (poca cosa, in quanto in totale sono 1200).
Per i 2 grossi centri, Le Ginestre e Le Zagare, non siamo ancora riusciti a trovare una soluzione. Il problema è che ci sono troppi centri commerciali. Stranamente, infatti, Catania è stata battezzata territorio ideale per questi centri e ciò ha provocato la chiusura dei piccoli commercianti e contratti selvaggi. Nell’industria, nella sanità, nei servizi e nelle amministrazioni pubbliche siamo molto presenti come sindacato e riusciamo ad avere rapporti incisivi con le aziende. Invece, in alcuni settori abbiamo più difficoltà, dovute alla perdurante crisi, con licenziamenti continui.
In linea generale, a differenza degli altri sindacati, abbiamo sostenuto da sempre la via della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’Azienda.
Da nostro statuto (e dalla nostra Costituzione, art. 46) è prevista la partecipazione dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle Aziende, così come accade in Germania dal 1951, in Francia e perfino negli Stati Uniti, dove il sindacalista ha diritto di voto e di veto sulle scelte dell’Azienda. In Italia questo provvedimento purtroppo non è stato ancora adottato”.
“In realtà è meno concertativo rispetto ad un tempo. Da una partecipazione attiva, si è passati ad una mancata verifica di ogni situazione che vede contrapposte istituzione, lavoratori e sindacati. Prendiamo ad esempio, il caso Crocetta e i dipendenti del settore Formazione. Ha fatto bene il presidente a spostare i lavoratori, ma prima avrebbe dovuto avvertire il sindacato, invece siamo stati ignorati. E molti altri se ne potrebbero fare. È un errore che le Istituzioni hanno fatto dal Governo Berlusconi in poi. Addirittura, Monti è stato ancora più intransigente con le parti sociali”.
“Certamente, viene fatto con incontri in Prefettura, in Provincia e con il Sindaco. Abbiamo sempre trovato disponibilità, ma il problema sono poi i fatti. Servirebbe un piano di rientro che però non esiste ancora, soprattutto per i tanti debiti del Comune. Stancanelli ad ogni riunione si è trincerato dietro il dissesto nonostante qualche volta abbia promesso di intervenire per sanare i debiti pregressi. Il fatto più inquietante è che a causa di ciò le aziende poi falliscono e al danno si aggiunge la beffa. Poi, oltre alle aziende ci sono i servizi, quelli sociali, ad esempio, hanno da sempre notevoli difficoltà con lavoratori che si erano persino accampati in piazza Università per rivendicare il diritto agli stipendi arretrati. Capisco le difficoltà, ma si deve fare un quadro delle necessità, specialmente riguardo il sociale e tagliare soprattutto dalla politica e non dai servizi che tutelano le fasce più deboli”.
“Dobbiamo stringere i denti. Credo che sarà l’anno peggiore, nonostante qualcuno parli di segnali di ripresa. Il superamento della crisi non si ottiene soltanto con nuove tasse e tagli alla Spesa Pubblica. Sono fermamente convinto che lo Stato deve intervenire con programmi di investimenti per poter dare lavoro e sviluppo alle Imprese. Il Sindaco, nella nostra città tra l’altro, aveva promesso il recupero urgente del Corso Martiri della Libertà, ma l’impegno finora è sempre slittato, oltretutto in quella zona esiste una situazione sociale e sanitaria terribile, un vero bubbone da estirpare”.
“La nostra azione è quotidiana con i lavoratori e le aziende. Più in generale comunque, mi incontro spesso con i Segretari Generali degli altri sindacati maggiori, perché vorremmo proporre un piano di azione con il quale bussare alle porte della Regione e del Governo nazionale per cercare di accendere i riflettori su questa città e sulla sua economia che sta morendo sempre più e non possiamo permetterlo. Serve un’azione forte per scuotere le coscienze dei catanesi che sembrano ormai rassegnati. Il piano dovrebbe essere pronto nei prossimi mesi.