Titti Bufardeci, cassate a sua insaputa - QdS

Titti Bufardeci, cassate a sua insaputa

redazione

Titti Bufardeci, cassate a sua insaputa

martedì 18 Febbraio 2014

Continua l'inchiesta della Procura di Palermo sull'uso illecito dei rimborsi elettorali da parte dei parlamentari siciliani. Tocca all'ex capogruppo di Grande Sud, a cui è contestato, tra l'altro, l'acquisto dei dolci tipici dell'Isola per 500 €. Accuse rimpallate

Sembrano non finire mai i deputati che nella scorsa legislatura hanno ricoperto la carica di capogruppo all’Assemblea regionale siciliana. Erano ben 13 e la Procura di Palermo li sta ascoltando tutti, pazientemente a uno a uno, per cercare di far luce su questa brutta faccenda dell’uso illecito dei rimborsi elettorali (una maxi indagine che coinvolge 97 persone, tra deputati e dipendenti dei Gruppi parlamentari). Lo abbiamo scritto diverse volte: si tratta di un’inchiesta molto complicata, dove la zona tra il lecito e il peculato è divisa da una sottile linea rossa. Ma è anche vero che molte spese appaiono sin da ora difficilmente giustificabili, almeno sotto un profilo di decoro istituzionale che i tempi contingenti richiederebbero. Anche solo per rispetto verso i cittadini.
 
Questa volta a presentarsi dinnanzi ai giudici palermitani è stato Titti Bufardeci, ex presidente del gruppo Grande Sud. Tra le accuse contestate dai pm Maurizio Agnello, Sergio Demontis e Luca Battinieri c’è anche quella di aver disposto il rimborso di spese per carburante e manutenzione alla sua auto, una Ford Kuga, per oltre 35 mila euro.
 
“Abbiamo fatto fare dei preventivi – si difende Bufardeci – e ci siamo accorti che ci sarebbe stato un notevole risparmio se avessimo utilizzato come auto del gruppo la mia vettura, acquistata pochi mesi prima. In pratica, con l’utilizzo della mia auto sono stati spesi circa mille euro al mese tra benzina e assicurazione”. Bufardeci ha detto di avere chiarito ai pm tutte le accuse. “Ho risposto punto per punto – ha spiegato – penso di aver affrontato nel dettaglio ogni contestazione”.
 
Tra le spese “pazze” contestate all’ex numero uno all’Ars del gruppo di Gianfranco Micciché c’è anche l’acquisto di cassate siciliane per 500 euro. L’ex parlamentare siciliano, a questo proposito, ha sostenuto di non avere mai comprato le cassate che invece sarebbero state acquistate dall’ex deputato Franco Mineo, già sotto processo per intestazione fittizia di beni. Mineo, secondo le indagini, avrebbe comprato i dolci tipici siciliani nel bar del padre coi soldi del Gruppo.
 
All’epoca anche lui, che rivestiva la qualifica di vice di Bufardeci, aveva la firma depositata sul conto di “Gruppo Sicilia”. Bufardeci avrebbe disconosciuto anche un’altra spesa a lui contestata relativa a una bolletta telefonica da 1.500 euro per l’utenza di un altro parlamentare del suo Gruppo, Michele Cimino.
 

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