Caso Abruzzo. La Sicilia impreparata al grande terremoto.
La situazione. La Regione ha finanziato i sondaggi fino al 70% delle spese, ma non tutti gli enti pubblici hanno accettato di mettere la propria quota per effettuare le verifiche.
Lo studio. La Protezione civile ha eseguito un monitoraggio sugli edifici pubblici. Il primo risultato è disarmante: la maggior parte di essi non resisterebbe ad un forte terremoto
PALERMO – La tragicità degli eventi abruzzesi ha innescato una serie di riflessioni sulla prevenzione e sull’effettivo stato delle strutture antisismiche presenti in Sicilia.
L’allarme era già stato lanciato lo scorso dicembre da Ermete Realacci, ministro ombra dell’ambiente del Pd, che, in occasione degli eventi previsti per commemorare i cento anni dal sisma che colpì Messina nel 1908, aveva annunciato un’interrogazione parlamentare per chiedere di avviare immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati. Intanto la situazione in Sicilia desta abbastanza preoccupazioni perché a fronte di una zona altamente sismica non sembra siano state applicate le misure adeguate per contrastare il fenomeno.
“Si pensa sempre al Giappone – ha commentato Fausto Sgroi, curatore di corsi ed esercitazioni antisismiche in collaborazione con l’Enea – ma in realtà qui in Italia abbiamo già delle soluzioni validissime, con materiale prodotto da aziende italiane, che però viene esportato all’estero. C’è poca attenzione alla prevenzione”. Come ha ribadito lo scorso 9 aprile Mario Mantovani, sottosegretario alle infrastrutture, il Piano Casa è stato momentaneamente messo in ghiaccio, ma all’atto della sua ripresa non sarà possibile costruire più senza collaudi, perché “la legge sulle norme antisismiche, infatti risale al 1974 (la legge n.64 del 2 febbraio, ndr) ma è stata applicata poco perché nessuno faceva i controlli”. Altro riferimento è la Legge del 14 maggio 1981, n. 219 cioè le “Istruzioni relative alla normativa tecnica per la riparazione ed il rafforzamento degli edifici in muratura danneggiati dal sisma”.
Per il capo del dipartimento regionale della protezione civile, Salvatore Cocina, “parte degli edifici pubblici in Sicilia è a rischio sismico ma naturalmente non in pericolo di crollo. Ad esempio su un campione di circa 50 edifici analizzato dettagliatamente, solo il 10% resisterebbe ad un terremoto dalla caratteristiche della zona dove si trova. Messina e la costa orientale sono a maggiore rischio”. Anche Siracusa è fra le città che sotto questo aspetto preoccupa di più.
Sessantaquattro sono le verifiche in corso, 164 devono ancora cominciare. In seguito dovrebbero scattare gli interventi di ristrutturazione e consolidamento degli edifici. Oltre sette i milioni di euro messi a disposizione. “La Regione – spiega Cocina – ha finanziato i sondaggi fino al 70% delle spese, attraverso alcuni bandi rivolti agli enti pubblici. Non tutti, però hanno accettato di mettere la propria quota del 30% per effettuare le verifiche. Nei prossimi giorni partirà anche un monitoraggio sui quattromila edifici scolastici dell’Isola”. “Scriverò – aggiunge – ai 390 sindaci siciliani per capire chi è in regola e chi no con i piani di prevenzione antisismica”. Su 48 edifici pubblici verificati, 43 non hanno superato i test antisismici. E sono rimasti al di sotto del valore 1 del cosiddetto indice di collasso, quello che determina la possibilità di crolli delle strutture in caso di terremoti. Al di sotto degli standard ben nove padiglioni dell’ospedale Piemonte di Messina e, sempre nel capoluogo peloritano, cinque fra chiese e parrocchie.
Secondo gli ultimi rilevamenti, realizzati nel 2004, aggiornati al 2006 e disponibili sul sito della Protezione Civile, sono 27 i comuni siciliani a stato sismico 1, la zona più pericolosa, dove possono verificarsi forti terremoti, mentre sono 329 quelli a rischio 2 (tra cui l’intera provincia di Catania), dove possono verificarsi terremoti abbastanza forti.
Secondo l’ultimo censimento delle abitazioni dell’Istat, redatto nel 2001, in Sicilia esistono complessivamente 1.352.838 edifici ad uso abitativo. Di questi, secondo un’analisi condotta dall’autorevole istituto di statistica, oltre 400 mila si trovano in uno stato di conservazione “mediocre” mentre altri 60 mila sono in uno stato “pessimo”. Prendendo come riferimento lo spezzone 1919-1981, di prelegislazione antisismica, possiamo rintracciare oltre un milione di alloggi costruiti in quel periodo, quindi non adeguati alla normativa.