Lombardo, no allo scempio di Priolo - QdS

Lombardo, no allo scempio di Priolo

Rosario Battiato

Lombardo, no allo scempio di Priolo

venerdì 20 Novembre 2009

Ambiente. Rischi per gli abitanti in un’area già compromessa.
Triangolo della morte. L’area industriale Priolo-Augusta-Melilli è tristemente nota per le numerose tipologie tumorali contratte dalle popolazioni locali, confermate da un recente studio redatto dall’Oms.
Surplus d’energia. L’Isola da anni produce più energia di quanta ne ha bisogno. Secondo gli ultimi dati forniti dal gestore Terna, la Sicilia ne produce in eccesso il 6,5% destinato a fornire il Paese.

PALERMO – Quando la politica, nel senso di “governo della polis”, quindi di virtuosa gestione del proprio territorio, come sosteneva nobilmente Aristotele, diviene fragile strumento del potere economico allora cominciano i guai. Sembra proprio il caso del rigassificatore di Priolo che porta tristemente alla luce tutte le contraddizioni del sistema energetico siciliano: surplus energetico, impianti inquinanti e nessuna prospettiva per la bonifica dei siti inquinati.
L’impianto sorgerà in un sito già tristemente famoso per essere stato dichiarato “Area ad elevato rischio ambientale”, dove insistono a poche centinaia di metri un impianto per la lavorazione dell’idrogeno, l’impianto Icam che produce etilene, il Cracking Catalitico Cr 27 dove si producono, tra le altre cose, gas e benzine. Questi dati, recentemente confermati anche da una nota redatta nel settembre scorso da Sonia Alfano, deputata europea, sono stati pubblicati in un rapporto del consiglio comunale priolese del 2007 dove si sottolinea il rischio di un pericoloso “effetto domino” in caso di incidenti in uno degli impianti limitrofi al rigassificatore.
 
Nell’area inoltre un recente studio dell’Oms ha confermato le ben tristi vicende legate alle patologie tumorali della zona ben più elevate che nel resto d’Italia. Secondo studi recenti il rigassificatore ha un impatto ambientale minimo, nel senso che le emissioni di CO2 sono di molto inferiori alle raffinerie o alle centrali termoelettriche, tuttavia è il sistema di rigassificazione, cioè il trasporto di metano liquido che comporta un aumento netto delle emissioni in atmosfera. Infatti tramite i rigassificatori sarebbe possibile importare gas da tutto il mondo, escludendo il passaggio irrinunciabile sinora costituito dai gasdotti, ma al prezzo di un nuovo inquinamento da addebitare non tanto al processo dell’impianto quanto appunto all’intero ciclo di trasporto. Infatti uno studio californiano “Collision Course: How Imported Liquefied Natural Gas Will Undermine Energy in California”, cioè “Collisione in Corso: Come il gas importato metterà a rischio l’energia in California”, di Rory Cox and Robert Freehling, evidenzia come una politica energetica che punta sui rigassificatori provoca un aumento dal 20% al 40% delle emissioni di CO2 in atmosfera ed il rischio di un contemporaneo abbassamento degli standard di produzione da energia rinnovabile.
Il secondo punto riguarda la questione energetica. Da una parte bisognerebbe concentrarsi maggiormente sulle fonti rinnovabili che, secondo gli ultimi dati Terna, ancora costituiscono appena il 7% della produzione regionale isolana, e dall’altra parte ci si chiede che altro bisogno ci sia di produrre ancora energia visto che il surplus energetico dell’isola è del 6,5%. A fronte di questi dati si pone un interrogativo preoccupante: la Snam Rete Gas sta ampliando la rete, come ha dichiarato Gianluigi Polgatti, responsabile centro telecontrollo Snam Rete Gas, e visto il surplus energetico dell’isola, perché costruire comunque un impianto rischioso in un’area che così come i suoi abitanti è stata devastata da anni di mala gestione ambientale?Per rendersi meno dipendenti dai capricci della Russia, della Libia e dell’Algeria vale la pena inquinare ancora, seppur potenzialmente, un territorio? Una risposta sembrava averla provocatoriamente fornita proprio Marco Venturi, assessore regionale all’industria, che in un Forum dello scorso agosto, presso la sede del Quotidiano di Sicilia, dichiarò di essere “convinto che in questa zona ci siano dei problemi ambientali, quella costa da questo punto di vista è già degradata. Una grande opera in più piuttosto che in meno non credo cambi molto”.
 
Un ragionamento del genere non rassicura certo gli abitanti del luogo, e pone soprattutto seri interrogativi sui programmi di bonifica e sui milioni di euro che sono già piovuti per risanare l’area. Dalle associazioni arrivano attacchi al consiglio comunale e al sindaco di Priolo per aver avuto un atteggiamento ambivalente sulla materia, e per non aver avuto il coraggio di ribadire con forza l’iniziale no all’impianto. Povero Aristotele: adesso è la denarocrazia che scorre nelle vene della politica.

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