Le strade non portano a Roma - QdS

Le strade non portano a Roma

Rosario Battiato

Le strade non portano a Roma

martedì 11 Maggio 2010

Opere. Strade, ferrovie, ospedali. La Sicilia è in ritardo.
La partenza. Senza invocare il Ponte sullo Stretto e il federalismo, la Sicilia continua a registrare un sostanziale ritardo nella dotazione infrastrutturale rispetto alla media nazionale.
Argomento. In fatto di autostrade, ferrovie, reti elettriche ed ospedaliere l’Isola continua a scontare l’endemica arretratezza, anche per quanto riguarda le moderne tecnologie. Ecco i numeri.

PALERMO – L’Europa considera prioritario il sistema infrastrutturale degli Stati membri per stare al passo con le economie in fase avanzata. L’Italia viaggia però a velocità differenti, in quanto mentre al Nord la dotazione infrastrutturale continua a crescere alla media dell’Unione al Sud i risultati sono sempre più disastrosi.
Ferrovie, acqua, rete elettrica sono solo alcune delle gravissime carenze che affliggono l’Isola, mentre altrove i dati testimoniano un’altra Italia. Adesso il Governo promette investimenti per riequilibrare un divario che è cresciuto e rischia di continuare a crescere col passare degli anni.
 
Riaccendere lo sviluppo isolano partendo dall’inversione di tendenza del sistema infrastrutturale. I ritardi nel corso degli anni si sono accumulati ed ormai riguardano le strade, la rete ferroviaria, le grandi opere e gli altri punti nevralgici che servono a tastare il polso dello sviluppo di una regione che vuol diventare protagonista nel Mediterraneo ed in Europa.
“In Sicilia abbiamo finanziato 100 opere pubbliche – ha spiegato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianfranco Miccichè – il nostro obiettivo è di risolvere a vergognosa carenza infrastrutturale nell’Isola”. L’occasione per queste parole di autocritica e stimolo è stata la cerimonia di avvio dei lavori del nuovo asse urbano di Porto Empedocle.
I dati in effetti non sono proprio confortanti. Cominciando da un discorso storico lo grande sforzo di investimenti degli anni ‘50 – con un ministero ad hoc – avrebbe dovuto produrre un ammontare infrastrutturale pari al 114% rispetto la media nazionale, mentre in Sicilia, secondo quanto riporta un autorevole approfondimento de lavoce.info, a fine anni ‘90 del secolo scorso si era ancora al 66%. Eppure ormai l’Europa ha sancito che per competere alla pari con le economie avanzate i settori chiave sono appunto rappresentati dalle telecomunicazioni, dall’elettricità, dall’acqua e dalle infrastrutture di trasporto. Il passare degli anni non ha risolto i pesanti deficit del problema al punto che l’Istituto Tagliacarne ha stabilito il gap infrastrutturale tra Sicilia e Italia per un valore pari a 84,1 contro il livello 100 fissato come quota nazionale. Questo deficit è rimasto sostanzialmente invariato per il decennio che ha aperto il nuovo millennio.
La rete elettrica dell’Isola, secondo gli ultimi dati Terna che fanno riferimento al 2008, mantiene una densità di 69 m/kmq a differenza di altre realtà come la Lombardia (153), la Liguria (109), il Lazio (98) e inferiore alla media nazionale che è di 73 m/kmq. Non migliora la situazione dal punto di vista ferroviario che pur vedendo la Sicilia che rientra tra le prime dieci regioni per la lunghezza complessiva dei binari e tra le prime cinque per le linee ferroviarie in esercizio, si trova al sedicesimo posto nazionale per linea a doppio binario che arriva a quota 169 km. La situazione è molto complicata perché i ritardi siciliani sono frutto di una duplice responsabilità. Infatti non può essere solo colpa di Roma, perché anche la Regione tra il 2003 e il 2009 ha investito 17,2 mln di euro nei cantieri stradali e appena 0,13 mln di euro, pari allo 0,73% nelle ferrovie.
Anche la questione autostrade si presenta contornata da poche luci e molte ombre. Gli ultimi dati diffusi dal Ministero delle Infrastrutture attestano in Sicilia una rete autostradale pari a 25 km per 1.000 kmq di superficie territoriale a differenza di altre Regioni come la Campania (32,5), la Lombardia (24,1), il Piemonte (32,2), e il Lazio (27,3).
Tuttavia è anche vero – come ha fatto notare Francesco Cascio, presidente dell’Ars durante un convegno del marzo scorso sul sistema infrastrutturale dell’isola – che qualche timido segnale si comincia a vedere nell’ultimo decennio. I segnali positivi derivano dal recente sforzo che ha permesso la realizzazione e l’aperture di snodi strategici per lo sviluppo isolano: la Palermo-Messina dopo 35 anni di drammatica attesa, l’Agrigento-Caltanissetta, la Catania-Siracusa e il generale potenziamento del sistema aeroportuale. Parlando di infrastrutture non si può certo evitare di discutere degli altri punti di forza considerati prioritari dal governo regionale: Ponte sullo stretto, alta velocità, raddoppio ferroviario e rendere operativo il corridoio Berlino-Palermo. Ma non c’è solo ponte. “A noi interessa – ha dichiarato Luigi Gentile – fare altre infrastrutture d i supporto al ponte”. Nell’ottica infatti del sistema infrastrutturale Italia lo stesso ministro Matteoli ha dichiarato come la Sicilia nel contesto giochi un ruolo “molto importante”. Adesso è il momento di spingere sull’acceleratore delle infrastrutture, senza finire schiacciati dalla questione federalismo, come suggeriscono diversi politici isolani.
 


Acqua. Con la dispersione al 55%, il futuro è nel rifacimento
 
PALERMO – Il tema dell’acqua entra a pieno titolo nella vicenda infrastrutturale isolana, in quanto proprio questo settore, definito strategico dall’Ue, sarà la base di stabilità per puntare ad una crescita delle economie degli stati membri. La Sicilia su questo punto soffre particolarmente il confronto con le altre regioni avendo un sistema idrico fatiscente, che subisce il peso di gestioni dissennate da parte di decenni di cattiva politica. Gli ultimi dati certificano una dispersione totale pari al 55%. Queste dispersioni sono abbastanza rilevanti se paragonate con altre realtà regionali come (31%), Piemonte (49%), Toscana (42%) ed Emilia-Romagna (44%).
La situazione non sembra affatto migliore sul fronte degli impianti di depurazione con Catania e Palermo che sono tra le peggiori città italiane. Adesso anche a rischio infrazione europea Messina e il capoluogo regionale. L’acqua sempre più al centro del dibattito politico tra la volontà della ripubblicizzazione espressa nell’ultima Finanziaria e una direttiva europea che prevede la privatizzazione dei servizi pubblici.

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