“Lite temeraria”, la Cassazione ne riconosce i danni psicologici - QdS

“Lite temeraria”, la Cassazione ne riconosce i danni psicologici

Eloisa Bucolo

“Lite temeraria”, la Cassazione ne riconosce i danni psicologici

mercoledì 16 Novembre 2011

Per i comportamenti temerari l’art. 96 c.p.c. configura responsabilità aggravata

CATANIA – Nelle liti la temerarietà non paga, bensì costa cara a chi abusa del proprio diritto di azione! Riconosciuta la temerarietà della lite è, infatti, giustificabile che il giudice, decida, anche in mancanza di dimostrazione di concreti e specifici danni patrimoniali conseguiti durante lo svolgimento del procedimento, di attribuire alla vittima il riconoscimento di un pregiudizio dell’equilibrio psico-fisico.
In tal caso, il giudice dovrà procedere al risarcimento dei danni in base alla loro liquidazione in via equitativa, tenendo conto di tutti gli elementi della controversia comprese le spese giudiziali che concretamente competerebbero alla parte vittoriosa. A queste conclusioni è giunta la sesta sezione della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 20995 del 12 ottobre 2011, accogliendo il ricorso di una donna, che si era vista negare dal tribunale la domanda di risarcimento danni, dopo essere uscita vittoriosa da un giudizio fondato su una pretesa inconsistente, perché non vi era una “concreta ed effettiva esistenza di un danno” conseguito dal processo.
 
In realtà i giudici hanno evidenziato che, in questo caso non si tratta di individuare un danno in re ipsa, ma di tener conto che il subire iniziative giudiziarie temerarie, comporta un danno di natura psicologica per chi è vittima d’illazioni, rivelatesi infondate. Una lesione desumibile in virtù di “nozioni di comune esperienza anche alla stregua del principio ora costituzionalizzato della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost., comma 2) e della L. n.89 del 2001 (c.d. legge Pinto), secondo cui, nella normalità dei casi e secondo l’id quod plerumque accidit, ingiustificate condotte processuali, oltre a danni patrimoniali (…) causano ex se anche danni di natura psicologica”.
Sulla base di tale assunto, i danni patrimoniali e non patrimoniali, che altrimenti non sarebbero agevolmente qualificabili, vanno liquidati equitativamente tenendo conto degli elementi in concreto desumibili dagli atti della causa, oltre che di una massima di esperienza di natura causale-probabilistica (da cui il richiamo all’id quod plerumque accidit).
Il fisiologico scarto tra l’ammontare delle spese legali, così come liquidate dalla corte adita, e la eventuale maggiore somma corrisposta al proprio difensore dalla parte vittoriosa, può secondo i Giudici di Piazza Cavour comportare la necessità, al fine di consentire l’integrale riparazione del danno patrimoniale, di procedere ad una valutazione del quid pluris. Per il comportamento temerario, del resto, l’art 96 c.p.c. configura una responsabilità aggravata, disponendo che, se risulta che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.

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