Il sogno di una Regione libera dalla burocrazia - QdS

Il sogno di una Regione libera dalla burocrazia

Giuliana Mazzola

Il sogno di una Regione libera dalla burocrazia

giovedì 23 Luglio 2009

Forum con Antonello Cracolici, capogruppo Pd all’Assemblea regionale siciliana
 

PALERMO – In questo nuovo scenario politico, quali sono le priorità dell’opposizione?
“Stiamo lavorando per cambiare questa regione. Le eredità che ci hanno lasciato da un lato il governo Cuffaro e dall’altro quello Lombardo di quest’ultimo anno, hanno reso la Sicilia un luogo in cui il numero dei problemi supera di gran lunga quello delle soluzioni possibili. Per quanto riguarda il settore della vita pubblica, è chiaro che le iniziative portate avanti in questi ultimi anni sono palesemente fallite. Mi riferisco in particolare alle riforme nel campo della sanità, della formazione professionale, delle politiche agricole e degli aiuti alle imprese. Abbiamo essenzialmente bisogno di una stagione di grandi riforme e di cambiamenti concreti, in grado di garantire un organico sviluppo economico e sociale della nostra terra. Malgrado i fondi stanziati dalla comunità europea, la nostra regione continua a crescere meno delle altre sotto tutti i punti di vista”.
Come mai non si vede ancora una strategia di cambiamento sia da parte del governo che da parte vostra?
“Il nostro compito è quello di sfidare il governo di maggioranza. Essendo noi dell’opposizione non possiamo mettere a punto un piano. La strategia deve essere costruita quando si governa. Possiamo provare solamente a imporre la nostra agenda politica, ma anche se riuscissimo a costruire e a presentare delle leggi valide, se poi chi le gestisce le attua secondo la logica del passato, non avremmo di fatto concluso nulla e il nostro lavoro andrebbe perduto. I modelli sovra comunali si sono dimostrati non vincenti, anche perché nella mentalità del governo permane la logica che tutto ciò che si deve realizzare deve somigliare a ciò che è stato fatto in passato. Pensiamo ad esempio ai distretti socio sanitari o all’unione dei comuni, pensata più che altro per garantire qualche stipendio e qualche indennità in più e non per garantire una gestione effettiva delle politiche sovra comunali. In Sicilia tutte le riforme, anche le più intelligenti, sono state sporcate da una percezione clientelare e parassitaria che ha segnato la vita amministrativa di questa regione.”
Quali sono le cose essenziali per cui vi state battendo?
“La nostra ambizione è quella di trasferire buona parte delle competenze esclusivamente agli enti locali, in modo da alleggerire i compiti della regione. Aspiriamo inoltre ad ottenere un federalismo di natura finanziaria proiettato verso gli enti locali. Una regione che pensa di essere una sorta di stato centrale che elargisce in maniera paternalistica risorse agli enti locali è una concezione preistorica. Il mio sogno è quello di avere un apparato regionale libero dalla rigidità burocratica e che conti perlomeno la metà delle competenze e la metà dei dipendenti attuali. È proprio questo il punto drammatico e dolente delle vicende regionali.”
Tra gli enti locali considera anche le Provincie?
“Le Provincie regionali rappresentano dei nuovi Comuni, personalmente credo che queste debbano essere superate. Non dobbiamo trascurare un dato importante. L’Italia è la nazione dei Comuni e costruisce le sue basi su di essi. In una terra come la nostra, dove ci sono quasi 400 Comuni di cui circa 350 sotto i trenta mila abitanti e quindi con un grande livello di frantumazione, le politiche sovra comunali rappresentano una questione molto delicata. Non credo che i Comuni possano essere burocraticamente accorpati, soprattutto perché non li considero delle semplici entità amministrative. Ognuno di questi ha una storia, una cultura, delle tradizioni e delle volte una profonda rivalità nei confronti delle aree adiacenti, che sono separate tra di loro da confini socialmente riconosciuti. Le Provincie, così come sono state immaginate in questi anni, diventano sempre più degli enti burocratico amministrativi che di fatto non possono essere considerati degli organi di politica sovra comunale. Non è un caso che le aree metropolitane siano fallite.”
 
Quali sono le problematiche più importanti legate alla sanità siciliana?
“La Sicilia è la Regione che paga le tasse più alte in assoluto per la sanità pubblica. Mi riferisco in particolare all’Irpef, all’Irap e ai costi elevati dei ticket sia per i farmaci che per le prestazioni diagnostiche e ospedaliere. Dobbiamo inoltre considerare che la sanità siciliana è mal funzionante. Liste d’attesa interminabili per esami e interventi, cittadini obbligati a prendere un aereo per ricevere prestazioni ospedaliere adeguate o costretti a chiedere una raccomandazione per abbreviare i tempi d’attesa. Un cittadino che teme per la sua salute non può aspettare un anno per eseguire un esame.
Come verranno investiti i fondi addizionali dell’Unione europea?
“La Sicilia deve fare delle scelte e decidere soprattutto in quali ambiti investire i fondi europei. Gli aiuti comunitari addizionali uniti ai fondi ordinari della Regione e dello Stato, rappresentano le uniche risorse per il sostegno alle imprese e per lo sviluppo economico e tecnologico della Sicilia. La politica europea è destinata a fallire se diventa ordinaria come quella regionale. Abbiamo bisogno di ulteriori risorse e di utilizzare finalmente i fondi Fas che erano stati previsti per il Mezzogiorno. In questi ultimi mesi queste risorse non solo non sono state trasferite alla Regione, ma sono state utilizzate dal governo Berlusconi sostanzialmente per il Nord, ad esempio per il terremoto in Abruzzo. I fondi europei rischiano dunque di diventare a loro volta dei fondi ordinari e di essere quindi disseminati e non più adoperati per investire nei vari settori innovativi e ricucire il gap infrastrutturale ed economico tra il meridione e il resto dell’Europa.”

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