Catania, caserma Moccagatta, oggi casa per famiglie in difficoltà - QdS

Catania, caserma Moccagatta, oggi casa per famiglie in difficoltà

Catania, caserma Moccagatta, oggi casa per famiglie in difficoltà

giovedì 25 Marzo 2021

Siamo entrati dentro lo storico edificio pubblico, appartenente al Demanio dello Stato, presidiato dagli attivisti del Comitato “Contrasto emergenza abitativa”. Che ora chiedono un riconoscimento giuridico

CATANIA – Un luogo pubblico abbandonato in pieno centro. Un edificio che si somma ai tanti che si trovano in città e che, soprattutto nell’ultimo periodo, sono diventati oggetto di un ampio dibattito sulla destinazione d’uso di luoghi pubblici sottratti alla comunità. Si accendono i riflettori sulla Caserma Moccagatta, storico edificio di proprietà del demanio e incastonato in pieno centro storico, a pochi passi da piazza Dante, tra via Gesuiti e via Minoritelli. La struttura, occupata alla fine del lockdown dello scorso anno da alcuni attivisti del Comitato “Contrasto emergenza abitativa”, ospita oggi alcuni nuclei familiari che ne avevano occupato già gli spazi abbandonati da anni.

Dopo la cessione della convenzione con l’Ersu – attivata dalla copperativa che lo aveva in gestione – nel 2016, infatti, gli spazi della caserma sono rimasti vuoti. Nonostante fossero arredati e dotati di tutto. “Un vero e proprio schiaffo in faccia ai bisogni di tanti cittadini, aggravatisi con la pandemia” – spiega Simone, uno degli attivisti che presidiano l’edificio. E che, per questo, si è beccato insieme ad alcuni colleghi una denuncia per occupazione.

“Non abbiamo certezza di quali siano le intenzioni da parte degli uffici del demanio ma da qualche tempo questo luogo esprime qualcosa che manca in città, pertanto vogliamo difenderlo” – continua l’attivista che ci accompagna all’interno dell’edificio, ripulito insieme al giardino e all’interno del quale sono state realizzate una palestra e una biblioteca, oltre a un centro di raccolta e distribuzione di generi alimentari per chi ne ha bisogno.

Questo spazio può essere un modello per uscire dalla crisi sociale causata dalla pandemia ancora in corso – sostengono ancora gli attivisti -. Famiglie in difficoltà e volontari cooperano da mesi per sottrarre al degrado l’ennesimo bene pubblico abbandonato e dimenticato, con l’aspirazione di mettere in funzione quelle parti comuni da destinare ad attività sociali, sportive e culturali”.

Simone spiega come i lucchetti dei cancelli non fossero chiusi e come, di fatto, l’edificio venisse utilizzato da tanti, anche per scopi non certo sociali. “Quando siamo entrati, l’erba era alta un metro”, racconta, a dimostrazione dell’incuria e del disinteresse. Oggi non più tale: sembra che il demanio voglia riappropriarsi del bene. Nel frattempo, però, i volontari stanno studiando il modo per ottenere, legittimamente, l’autorizzazione a restare lì a operare nel sociale e a favore delle famiglie disagiate che vi abitano.

La soluzione potrebbe essere quella di costituire un’associazione con finalità sociali in modo da rendere le azioni del comitato legali. Come spiega l’avvocato Luigi Savoca che segue i ragazzi come consulente per regolarizzare sul piano giuridico la posizione di tutti. “Daremo vita a un’associazione legalmente costituita con finalità sociali, culturali e di inclusione – afferma. L’associazione – prosegue – li renderebbe formalmente persone giuridiche e questo è funzionale al fatto di poter chiedere all’amministrazione la possibilità di gestire in comodato una struttura pubblica con fini solidali”.

E i precedenti ci sarebbero. “Penso per esempio ai beni sequestrati alla mafia – aggiunge Savoca. Procederemo con una richiesta formale – conclude il legale -: questo sanerebbe giuridicamente la posizione dei ragazzi che sarebbero legittimati e autorizzati a stare là dentro”.

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