Lo studio sierologico condotto su 10mila dipendenti della Città della Salute e della Scienza (Css) e dell'Università degli Studi di Torino nella Ricerca di IgG specifiche per Sars-Cov-
Nel 99,8 per cento dei soggetti sottoposti a vaccinazione anti Covid, sono presenti livelli di anticorpi. È quanto emerge dallo studio sierologico condotto su 10mila dipendenti della Città della Salute e della Scienza (Css) e dell’Università degli Studi di Torino nella Ricerca di IgG specifiche per Sars-Cov-2 per valutare la risposta immunitaria post-vaccinazione anti-Covid-19. Lo studio si è svolto in due fasi e i risultati della prima sono stati pubblicati sulla rivista Viruses.
La fasi dello studio
La prima fase è stata condotta tra maggio e agosto e ha avuto l’obiettivo di stimare la proporzione di soggetti entrati in contatto con il virus Sars-Cov-2 durante la prima ondata pandemica. Tra i dipendenti Css la prevalenza di positivi al test è risultata pari al 7,6 per cento; tra quelli di UniTo pari al 3,3 per cento, un valore simile a quello stimato nella popolazione generale del Piemonte nell’indagine condotta dall’Istat a maggio 2020.
La seconda fase dello studio, condotta a maggio 2021, aveva come obiettivo principale la valutazione della risposta immunitaria alla vaccinazione anti-Covid, misurata su tutta la coorte attraverso la positività al test sierologico, e, su un sottocampione di 419 soggetti, anche attraverso indagini di immunità cellulare. L’indagine ha evidenziato che la positività al test sierologico (ovvero la presenza di livelli di anticorpi circolanti superiori a 33.8 BAU/mL) era presente nella quasi totalità dei soggetti vaccinati (99,8 per cento).
Due specifici approfondimenti
In corrispondenza con la seconda fase dello studio, sono stati effettuati due specifici approfondimenti, condotti su un campione di 419 dipendenti Css selezionati casualmente tra i partecipanti alla seconda fase dello studio. Il primo approfondimento è stato mirato a valutare la risposta immunitaria cellulare Sars-Cov2 specifica, rilevata nel periodo tra luglio e ottobre 2021. È noto che la risposta immunitaria a un agente infettivo virale, oltre che attraverso la produzione di specifici anticorpi circolanti, avvenga attraverso l’attivazione di particolari cellule (Linfociti T), e alcuni dati preliminari sembrano suggerire che la risposta immunitaria cellulare contro il Sars-Cov-2 sia di lunga durata.
I primi risultati osservati nello Studio suggeriscono la persistenza di una risposta cellulare complessiva superiore al 70 per cento a otto mesi di distanza dalla vaccinazione.
Il secondo approfondimento è stato, invece, finalizzato a valutare se la diversa risposta individuale al vaccino potesse essere messa anche in relazione alla variabilità genetica individuale. Ogni individuo presenta, infatti, una variabilità in circa l’1 per cento delle lettere del Dna, che lo fanno unico e differente dagli altri. Questa variabilità genetica spiega anche come la nostra risposta immunitaria abbia un’efficacia diversa.
I ricercatori si sono concentrati su un gruppo di geni – HLA, Human Leucocyte Antigens – che consentono di costruire alcune molecole espresse sulle nostre cellule, comprese quelle del nostro sistema immunitario. Queste ultime hanno il compito di proteggerci dagli intrusi, attivando la risposta degli anticorpi contro i bersagli estranei. L’approfondimento ha mostrato come alcune varianti siano più di frequenti in coloro che hanno dimostrato una più bassa produzione di anticorpi rispetto a coloro in grado di sviluppare una risposta anticorpale più consistente.