Realizzata tra il 2014 e il 2015 con l’obiettivo di produrre energia pulita per il potabilizzatore dell’isola, non è mai entrata in funzione. Ecco perchè
“La strada per l’inferno è lastricata da buone intenzioni”. E quando si parla della Sicilia la via delle incompiute porta proprio agli inferi dello spreco. La centrale solare di Lipari, “perla” dell’arcipelago eoliano, figura nell’elenco delle opere siciliane cominciate per nobili obiettivi e poi finite male. Anzi malissimo. Realizzata, con fondi regionali, tra il 2014 e il 2015 per produrre energia per il potabilizzatore dell’isola, fu portata a termine, ma per una serie di difetti tecnici, incongruenze, contenziosi e cavilli burocratici non è mai entrata in funzione.
Ora, da quello che sostengono anche al Comune di Lipari, che è lo spettatore passivo della vicenda, le centinaia di pannelli fotovoltaici installati all’interno dell’invaso idrico artificiale di monte S Angelo, inutilizzato da anni e per questo trasferito alla Regione dal Comune di Lipari, sarebbero ormai inservibili.
Ferri vecchi, corrosi dal sole e dall’abbandono e tra l’altro da smaltire in apposite discariche
Un paradosso visto che tutta l’opera è costata molti milioni di euro pubblici andati in fumo che avevano un preciso scopo: quello di consentire di incrementare la produzione, di abbattere allo stesso tempo i costi energetici dell’impianto di desalinizzazione dell’isola evitando così di bruciare migliaia di litri di gasolio all’anno per il suo funzionamento. Cherosene, per di più, che oggi a causa della guerra in Ucraina ha raggiunto costi proibitivi col rischio concreto che poi questi aumenti si abbattano sulla popolazione attraverso un aumento delle bollette idriche.
All’amministrazione di Lipari, che ha appena esitato il piano green del Pnrr, con un investimento da 53 milioni per cambiare il volto energetico dell’arcipelago, allargano le braccia.
Il sindaco di Lipari
“Quell’impianto è di proprietà regionale e doveva essere propedeutico al consumo energetico del dissalatore – ha spiegato il sindaco di Lipari, Marco Giorgianni -. Si tratta di una centrale mai entrata in funzione per un problema tecnico amministrativo e una serie di contenziosi. A causa di questi cavilli mai è stato fatto l’allaccio per il suo funzionamento e nel frattempo tutto l’impianto non utilizzato si è deteriorato. Oggi mi risulta che non sia più tecnologicamente adeguato e che forse costerebbe meno smaltirlo che riattivarlo. Comunque anche se alla fine fosse possibile recuperarlo noi come Comune non abbiamo nessuna possibilità di operare perché non ne siamo proprietari”.
I cittadini
Nel frattempo, da quello che raccontano gli eoliani, l’impianto è stato in parte vandalizzato e alcuni pezzi meccanici sono stati asportati. “Certo – continua il sindaco di Lipari – si tratta di una delle tante opere siciliane simbolo dello spreco di denaro pubblico”.
L’abbandono che costa caro all’isola delle Eolie
La centrale solare si trova a 600 metri sul livello del mare, sul monte più alto dell’isola di Lipari. Si estende per diverse centinaia di metri quadrati, tutte disseminate di pannelli solari, consumati dal tempo e non manutentati. Inoltre tutto l’impianto è stato aggredito dalle erbacce. Non si capisce come mai nel corso di tutti questi anni dalla sua realizzazione nessuno abbia tentato quantomeno di recuperare l’opera per destinarla ad altri consumi energetici.
Il Comune di Lipari ha studiato le carte della vicenda, ma essendoci ancora in corso un contenzioso molto forte tra la ditta costruttrice, il gestore del potabilizzatore e la Regione – perché le spese dell’impianto a mare avrebbero dovute essere sostenute dal solare – non è mai intervenuto sembra perché non ne ha né la possibilità, né forse voglia di impantanarsi in una vicenda a dir poco legale e burocratica.
Così il dissalatore che all’origine doveva produrre 9mila metri cubi di acqua al giorno ne produce 4mila, sembra anche per problematiche progettuali e per la carenza di alimentazione energetica mai aumentata con la centrale solare andata in malora.
E così oggi l’energia per il dissalatore si produce col gasolio con tutti i problemi che ne derivano in fatto di aumento dei costi e di inquinamento atmosferico. Il tutto con la ciliegina sulla torta di una carenza idropotabile che spinge le amministrazioni ad avvalersi di continue navi cisterna che fanno la spola con la terraferma. Insomma questioni irrisolte per le quali questa terra è veramente “lastricata di buone intenzioni”. Ma sono veramente buone?
Giuseppe Bonaccorsi