Carceri sovraffollate, i detenuti del Pagliarelli: “Vittime di un sistema ormai al collasso” - QdS

Carceri sovraffollate, i detenuti del Pagliarelli: “Vittime di un sistema ormai al collasso”

Carceri sovraffollate, i detenuti del Pagliarelli: “Vittime di un sistema ormai al collasso”

Roberto Greco  |
giovedì 17 Agosto 2023

I reclusi nell’istituto palermitano scrivono una lettera al QdS per denunciare le condizioni in cui vivono. Ma l’emergenza penitenziari va da Sud a Nord con quasi 7 mila persone in più

“Oggi tutti i reclusi privi della libertà sono anche vittime di un sistema carcerario al collasso, privo del sistema rieducativo sociale, che dovrebbe essere il punto cardine per avviare un reinserimento futuro all’individuo che sconta la pena, al fine di non delinquere successivamente”.

Che a un quotidiano arrivino lettere da parte dei suoi lettori è normale ed è altrettanto normale che oggi arrivino sotto forma di email o messaggi tramite il sito web o i social. In realtà, oggi, quando arriva una lettera scritta a mano su un foglio di carta, nel caso specifico un foglio protocollo a righe, è sicuramente un’eccezione. Ma la vera eccezione è il mittente della lettera o meglio, come in questo caso, i 127 mittenti. C’è posta per noi, per parafrasare il noto titolo di un programma televisivo. E la posta in questione arriva da una Casa Circondariale, “Antonio Lorusso”, nota come “il Pagliarelli” di Palermo. Si tratta di una lettera-denuncia che, tramite il nostro giornale, 127 detenuti della struttura scrivono lamentando, in maniera argomentata, alcune carenze della strutture che trasformano il concetto di pena in afflizione, a partire dalla carenza di quello che definiscono “spazio minimo vitale” (sotto il testo integrale della missiva). Eppure l’articolo 27 della Costituzione italiana è chiaro e indica che “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”. Semplice, tutto sommato. In realtà la situazione carceraria sia nell’isola sia a livello nazionale, sembra non rispecchiare quanto indicato dall’art. 27.

Nel 2022, dai dati raccolti dall’osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone, associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale” nata alla fine degli anni ottanta, nel 35% delle 97 carceri visitate in tutto il paese, c’erano celle in cui non erano garantiti 3 mq. calpestabili per ogni persona detenuta. Il rapporto di Antigone, che ogni anno fa il punto sullo stato delle carceri italiane, lancia un allarme sul sovraffollamento, un problema ormai endemico del sistema penitenziario, certificato anche dai tribunali di sorveglianza che, solo nel 2022, hanno accolto 4514 ricorsi di altrettante persone detenute o ex detenute, che durante la loro detenzione hanno subito trattamenti inumani e degradanti, legate soprattutto alla mancanza di spazi.

Un sostanziale collasso del sistema penitenziario italiano

Situazioni che variano molto da istituto a istituto, ma che in generale vedono un sostanziale collasso del sistema penitenziario italiano. I dati del Ministero della Giustizia, aggiornati allo scorso 31 luglio, non lasciano spazio alle interpretazioni: nelle carceri italiane sono presenti quasi 58 mila detenuti, circa 7 mila in più della capienza regolamentare (intorno a 51 mila posti). In questo quadro la Sicilia sembrerebbe, a primo sguardo, messa meglio rispetto alle altre regioni, con 6.376 reclusi su 6.476 “caselle” disponibili. Andando a sbirciare, però, tra i numeri dei singoli penitenziari, la realtà è molto diversa: per esempio, al Pagliarelli, i detenuti presenti (dato in questo caso al 30 giugno) erano ben 150 in più della capienza regolare.

La mancanza di spazio e di condizioni di vita dignitose, ogni anno, contribuiscono a determinare quella che può essere definita una vera e propria strage dietro le sbarre: dal 2000 ad oggi si contano 1.352 suicidi, di cui 85 nel 2022 e 43 tra gennaio e agosto di quest’anno. Proprio pochi giorni fa, a Torino, due detenute si sono tolte la vita a poche ore di distanza l’una dall’altra.

Si parla spesso di pena ma sempre molto poco di riabilitazione, forse non è ben chiaro di cosa si tratti. La riabilitazione è un istituto di diritto sostanziale annoverato tra le cause estintive della pena e, come tale, disciplinato al codice penale agli articoli 178-181 che si prefigge lo scopo di favorire l’emenda del reo reintegrandolo nella posizione giuridica goduta fino alla pronuncia della sentenza di condanna attraverso l’eliminazione delle conseguenze penali diverse dalla pena principale, le quali costituiscono un ostacolo per il normale svolgimento dell’attività dell’individuo nel consorzio civile. Si tratta di una causa di estinzione delle pene accessorie e degli effetti penali della condanna, caratterizzata da una funzione premiale e promozionale.

L’altra parola spesso dimenticata è reinserimento

L’altra parola spesso dimenticata, parole che sottintende un concetto fondamentale per uno stato che voglia dirsi ed essere democratico è reinserimento, sia nella società civile sia nel mondo del lavoro. Il concetto di reinserimento deve necessariamente coniugarsi con quello di rieducazione, che si basa sul fornire ai detenuti attività che vanno da quelle fisico/sportive a quelle di formazione, sia pratica sia culturale.

“La realtà carceraria è l’avamposto della democrazia e dello stato di diritto – dichiara al QdS l’avvocato Dario D’Agostino, penalista iscritto al Foro di Palermo -. È proprio all’interno di un carcere che i diritti umani diventano cogenti e i principi costituzionali riguardanti il trattamento penitenziario e le finalità rieducative della pena, devono essere attuati. Ciò è una priorità per un paese democratico che non può dirsi tale laddove vuoi per carenze strutturali, vuoi per insufficienze legislative o soggettive, viene meno l’attenzione per i diritti e la cura dovuta a ogni essere umano. Alla luce di ciò, le rivendicazioni dei detenuti del Pagliarelli, così drammaticamente esposte, meritano una verifica prima ed eventuali interventi risolutivi poi”.

LA LETTERA

Illustre redazione del Quotidiano di Sicilia chi vi scrive sono i detenuti del carcere “Pagliarelli” di Palermo reparto Sud destro. Perché vi scriviamo? Vi scriviamo per darvi informazioni di come oggi tutti i reclusi privi della libertà, sono anche vittime di un sistema carcerario al collasso, privo del sistema rieducativo sociale, che dovrebbe essere il punto cardine per avviare un reinserimento futuro all’individuo che sconta la pena, al fine di non delinquere successivamente, ma ciò non accade per innumerevoli problemi di natura strutturali e direttivi.

Quando usiamo il termine strutturali, ci riferiamo alla conformazione e realizzazione degli edifici risalenti a più di 30 anni orsono, l’edificio del reparto Sud in questione è stato realizzato per ospitare una sola persona per singola cella, ma oggi a causa del sovraffollamento delle carceri vi sono due e non una persona a cella, le stesse sono munite di singole brande, che di fatto occupano e riducono gli spazi minimi vitali, previsti persino dallo stesso regolamento carcerario, né uno potrebbe pensare di richiedere, visto la situazione, di usufruire del famoso art.35 ter, articolo che prevede una riduzione di pena in riferimento alla realtà in cui vivono i detenuti, allora cosa succede che i detenuti si attivano inoltrando la richiesta, richiesta che puntualmente viene respinta dal magistrato di sorveglianza con la motivazione che da informazioni “carcerarie” i detenuti hanno gli spazi minimi vitali previsti, in quanto le celle sono munite di letti a castello, omettendo che all’interno manca una doccia o un cucinino, capite bene che è falso, il carcere trasmette informazioni non esatte. I detenuti che vivono in queste celle non solo non hanno gli spazi vitali, non hanno un frigo che però avendo i soldi puoi farti installare, non hanno un ventilatore per affrontare il forte caldo che però avendo i soldi puoi farti installare, tra l’altro introdotto per la prima volta quest’anno.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg che vi raccontiamo, scendendo ancora più giù, inoltrandosi nella macchina “direttiva”, c’è da strapparsi i capelli a cominciare dagli assistenti sociali, dai psicologi, psichiatri ecc… dove i primi mesi di detenzione ti seguono saltuariamente per “conoscere” la tua vita e la tua storia, al fine di capire la personalità del detenuto. Dopo questo step spariscono come vaporizzati nell’aria, tutto ciò comporta un ritardo anche di anni, della così detta sintesi di valutazione, documento importante per accedere a qualunque forma di beneficio o forma di detenzione diversa dal carcere.

Tornando indietro nelle problematiche di questo carcere bisogna segnalare che i detenuti sono chiusi nelle rispettive celle per circa 20 ore al giorno, usufruendo solo di 4 ore d’aria ed in teoria di 4 ore di saletta, ma la saletta in questione di circa 20 mq diventa insufficiente per 25 persone, ne consegue, che i detenuti restano nelle celle, le stesse, al loro interno sono sprovviste di servizi igienici, ecco perché diciamo che restiamo chiusi 20 ore al giorno.

Altra doverosa segnalazione riguarda la grande speculazione che avviene sui prezzi dei generi alimentari, che spesso il detenuto non può affrontare per l’eccessivo costo, chiediamo un controllo istituzionale.

Carissima redazione la verità è scritta in queste poche righe, noi attendiamo un articolo sul vostro giornale, entro 30 giorni, dal ricevimento della missiva inviatavi, vi diamo un tempo prestabilito perché siamo stanchi di non avere risposte, dopo le numerose lettere inviate alla direzione del carcere, trascorso questo periodo tutti i detenuti dei piano reparto Sub 1-2-3-4 inizieranno lo sciopero della fame ad oltranza con “battitura” ogni 30 minuti, noi come potete vedere la “sintesi” l’abbiamo fatta, speranzosi nel vostro aiuto vi ringraziamo per averci dedicato il vostro prezioso tempo, una caloroso saluto da parte di tutti i detenuti del Pagliarelli di Palermo. Si allegano le firme dei piani 1-2-3-4.

Lettera firmata da 127 ospiti della Casa Circondariale “Antonio Lorusso”, già Pagliarelli.

Intervista a Donatella Corleo, membro del direttivo di “Nessuno tocchi Caino” e consigliere del Partito radicale

Parla Maria Luisa Malato, direttrice del Pagliarelli

Intervista a Santi Consolo, il Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti in Sicilia

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