Forse la vera antimafia, che non chiede prebende e salotti, che scuote e disturba le coscienze, non è più appannaggio dei progressisti in Sicilia ma della Chiesa
Forse la vera antimafia, che non chiede prebende e salotti, che scuote e disturba le coscienze, non è più appannaggio dei progressisti in Sicilia ma della Chiesa. Tutto cominciò veramente, al di là dei gesuiti del centro Arrupe, tra cui padre Pintacuda, con la scomunica di Woytila alla Valle dei templi 30 anni fa. Quel monito potente pronunciato veementemente da un gigante della Fede, come il Papa Santo polacco, fu un anatema che ha scosso dalle fondamenta la Chiesa siciliana, a volte accusata di connivenza o quieto convivere con il fenomeno e la cultura mafiosa. Che usava la religione come un abito da cerimonia, “punciute” con santini e difesa della Sacra famiglia, feste patronali con inchini davanti case mafiose, congregazioni di costumi ambigui.
Da quel grido della Valle dei templi, la Chiesa Siciliana ha intrapreso un cammino costante, senza remore, di cambiamento. Il culmine c’è stato poi con il martirio di Pino Puglisi.
Per cui non fa specie il rifiuto di esequie religiose invocato prima della morte da l’ultimo dei Capi stragisti, Matteo Messina Denaro, scomunicato anch’esso da Giovanni Paolo II. Lui non solo non si è pentito delle stragi di cui è mandante insieme alla Commissione di Cosa Nostra, ma con un narcisismo intellettuale anticlericale rilancia accuse contro la Chiesa, covo di peccatori non degno di celebrare il suo funerale. Nella testa di MMD , come presumiamo in quella di altri capi, si è fatta strada l’idea di uno scisma fra entità che avevano alcuni codici simili, come l’obbedienza, l’astinenza dall’adulterio, non è il caso del Castelvetranese, i voti sacrali. La Mafia si sente Chiesa scismatica.
La Chiesa siciliana ha sposato integralmente la dottrina sociale e questa, enciclica dopo enciclica, è assolutamente distante dalle logiche di sopraffazione dell’uomo portate avanti dalla cultura mafiosa. Dopo Woytila vari vescovi siciliani hanno scritto e ammonito contro la mafia, ed hanno fatto del tema della legalità e degli oppressi la loro pastorale. I toni si sono fatti sempre più forti, anche contro le condizioni sociali e politiche che a loro giudizio favoriscono i contesti mafiosi, da cui i vari moniti per esempio del vescovo di Palermo Lorefice, e ultimo di Mons. Marciante vescovo di Cefalù. Il tentativo della Chiesa siciliana di rinnovare sulle orme di Cristo il discorso delle beatitudini rivolto agli ultimi si scontra con l’arroganza della mafia che si intende primaria. Mentre i partiti, e le altre componenti della società, stentano a trovare voci che alzino il tono contro le storture ed il malaffare, sempre più pastori di anime lo fanno in difesa delle proprie comunità. Messina Denaro tutto sommato aveva ragione, la Chiesa siciliana non è più posto per persone come loro.