I mercati finanziari non “credono” alla possibilità che il conflitto si estenda ma l’inflazione potrebbe calare più lentamente
ROMA – Quali saranno gli effetti dell’instabilità geopolitica sulle economie più fragili come quella italiana? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Carretta, Professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università di Tor Vergata di Roma e Presidente di Nedcommunity.
Professor Carretta, alla guerra in Ucraina si aggiunge un’altra crisi di grande portata, quella israelo-palestinese. Che riflessi può avere questa instabilità sulla crescita economica italiana?
“Ogni valutazione è prematura: gli eventi di cui parliamo sono molto recenti. Certamente, se guardiamo lo scenario complessivo degli ultimi anni, il conflitto Israele-Hamas potrebbe essere inquadrato in un contesto più ampio di accerchiamento delle democrazie occidentali, che potrebbe preoccupare anche l’Italia, la quale peraltro, nel caso di specie, è sempre stata, anche se con enfasi diverse nei vari momenti della propria storia politica e governativa, complessivamente abbastanza equidistante. Se guardiamo gli effetti sui mercati finanziari, che ‘non hanno memoria’, questi sono stati finora tutto sommato abbastanza contenuti: un prevedibile apprezzamento dell’oro e dei beni rifugio e tensioni sui settori che in genere sono più esposti ‘da subito’ alle crisi geopolitiche e belliche”.
La guerra iniziata in Ucraina nel 2022 ha portato ad un incremento dell’inflazione dovuta al maggior costo dell’energia, si può pensare che ad ulteriori aumenti causati da ritorsioni dei paesi arabi?
“Il mercato del gas è considerato dagli esperti molto sottile e dunque fragile, esposto ad ogni minima oscillazione della domanda e dell’offerta conseguente anche a mutamenti di scenario, con ripercussioni sui prezzi. Nel caso dei mercati petroliferi mondiali: l’effetto del conflitto Israele-Hamas sui prezzi del greggio è forse inferiore alle attese. Se ciò perdurasse nel tempo, sarebbe una conferma del fatto che i mercati non ‘credono’ alla possibilità che il conflitto israelo-palestinese si estenda su scala regionale”.
Per combattere l’inflazione sono stati aumentati i tassi d’interesse deprimendo ancor di più la domanda, quale sarebbe la reazione auspicabile a fronte di questa nuova crisi?
“Non vi è dubbio che le economie più colpite da questa situazione, specie se si prospettasse un allargamento del conflitto, sarebbero quelle dei Paesi europei, geograficamente più vicini alla guerra, più aperti al commercio internazionale e più dipendenti dal petrolio, gas e altre materie prime energetiche. Così l’inflazione europea potrebbe calare più lentamente, perché soggetta ad altri shock da offerta”.
La manovra finanziaria italiana del prossimo anno aveva già margini molto stretti, quanto potrà peggiorare i conti la crisi in atto in Israele?
“L’Italia ha particolari fragilità, per via di una crescita attesa bassa e del debito pubblico elevato. Lo spread italiano si è già allargato nelle scorse settimane, anche rispetto a Paesi quali Spagna, Portogallo e Grecia, Nei momenti di tensione i mercati privilegiano la qualità degli investimenti (fly to quality) e certo la prospettiva globale di un atterraggio morbido verso livelli di tassi d’interesse complessivamente più contenuti appare meno immediata. La crisi in atto quindi non dovrebbe avere effetti diretti ma certo contribuisce a rendere lo scenario più difficile anche per la nostra manovra”.
Prima l’Ucraina, poi il Nagorno-Karabakh, adesso Israele, sembra che l’instabilità globale stia aumentando in modo sempre più veloce. Dove ci dobbiamo attendere la prossima crisi?
“Prevedere è praticamente impossibile. I principi del buon governo d’impresa suggeriscono quindi che, non potendo prevedere ciò che accadrà, ci si alleni continuamente ad affrontare il cambiamento qualunque esso sia. Molte imprese, specie di grandi dimensioni e di respiro internazionale, si sono dotate all’interno dei board di esperti di geopolitica, che non prevedono certo il futuro ma possono essere preziosi per disegnare gli scenari possibili e per prepararsi ad affrontarli”.
Alessandro Carretta
Professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari, Università di Roma Tor Vergata