In Sicilia gli amministratori under 35 sono appena l’1,6%; i primi cittadini donna, invece, soltanto il 7,3%
PALERMO – Si potrebbe parafrasare il titolo di un famosissimo film, “Non è un Paese per vecchi”, adattandolo al caso italiano: “Non è un Paese per giovani e donne”. È questo, infatti, il quadro abbastanza deprimente che emerge dal Report “I Comuni italiani 2023 – Numeri in tasca” elaborato da Ifel, la Fondazione istituita per assistere le amministrazioni comunali in materia di finanza e economia locale, e Anci, Associazione nazionale dei Comuni italiani.
In base a quanto studio, emergono dati poco confortanti per quanto riguarda, in particolare, le presenze in Sicilia delle sindache donna e dei giovani amministratori, sia uomini che donne, di età pari o inferiore ai 35 anni.
Rispetto al primo dato, i numeri sono piuttosto bassi in tutta Italia: appena il 15,2% sono donne che ricoprono la carica di prima cittadina, ma l’Isola fa scendere ancora di più l’asticella, registrando il 7,3% di presenze, contro il 92,7% di sindaci uomini. Peggio di noi solo la Campania, con il 5,3%. Seguono Calabria e Puglia, rispettivamente con l’8,7% di presenze femminili, e il 9,6%. Prima in classifica, invece, il Friuli-Venezia Giulia, con il 22,1%, contro, però, ben l’83,8% di sindaci uomini in carica. Il Friuli è affiancato poi dall’Emilia-Romagna, con il 20,9% e dalla Valle d’Aosta, con quasi il 19%.
Il divario tra donne e uomini che ricoprono la carica di vertice di un’Amministrazione resta chiaramente profondo e porrebbe una dovuta riflessione sulle cause che, evidentemente, non consentono di superare le differenze che da troppo tempo continuano a penalizzare le donne.
Altro dato che non brilla è quello riguardante i giovani sindaci under 35. In Italia sono in totale 267, con un’incidenza di appena il 3,5% sul totale. Da questo punto di vista, la Sicilia è ultima, con un’incidenza dell’1,6%, e soli sei sindaci under 35. Molto male anche la Puglia, con un’incidenza dell’1,7%, seguita da Toscana e Campania, con appena l’1,9% sul totale.
Il rinnovamento, insomma, non sembra essere una priorità per la classe politica italiana, così come sembra ancora molto distante il completamento di quel processo che dovrebbe portare alla tanto agognata parità di genere.
La parola a Luciano Marino, sindaco di Lercara Friddi (Palermo)
Tra spopolamento e responsabilità
LERCARA FRIDDI (PA) – “Il mio è un caso che fino a poco tempo fa rientrava in questa scarna percentuale di giovani sindaci, ho infatti 36 anni e tre legislature alle spalle. In generale, però, la situazione è molto diversa e conferma i numeri da voi citati”. Interviene così al QdS il sindaco di Lercara Friddi (Pa), Luciano Marino, coordinatore di Anci Sicilia giovani, commentando il dato sui sindaci siciliani under 35, appena sei in Sicilia.
“Ritengo – aggiunge – che qui al Sud i numeri siano così bassi a causa del nuovo fenomeno migratorio: i ragazzi stanno andando quasi tutti via. Se ne vanno per problemi strutturali del nostro Paese e in particolare della nostra regione. La maggior parte di chi decide di trasferirsi al Nord o all’estero è, per lo più, altamente qualificata e scolarizzata, rappresentando quindi una categoria che potrebbe dare un contributo incisivo alle Amministrazioni locali”.
“Un altro motivo – chiarisce Marino – che spiegherebbe un dato così basso è dato dalla poca attrattività che questo servizio offre. L’amministratore non vuole più farlo nessuno e per varie ragioni. Innanzitutto, a causa dei problemi cronici con i quali i Comuni siciliani si scontrano. Al di là dei casi, sicuramente reali, in cui una buona amministrazione è sacrificata dalle mancate capacità o volontà dei propri componenti, molte difficoltà dipendono in larga parte da motivi che vanno al di là delle capacità gestionali dei sindaci e di tutte le Giunte. Si pensi, in primis, alle principali entrate dei Comuni: i fondi ordinari regionali e statali, che ogni anno si riducono sempre di più, e poi l’Imu, la Tari e l’addizionale Irpef. Si prenda il caso del mio Comune, Lercara Friddi, cittadina di appena 6.500 abitanti. Paragonato a un centro con la stessa popolazione, ma in provincia per esempio di Belluno, la differenza è consistente. In quest’ultimo caso, infatti, le entrate sono molto più alte: l’Imu perché il valore degli immobili è maggiore, la Tari perché la riscossione è superiore, visto che si registrano meno evasioni dei tributi locali. Che i Comuni siciliani incassino meno rispetto al Nord non dipende dalla qualità dell’Amministrazione, ma da quella dell’economia del nostro territorio: mancati investimenti, mancanza di infrastrutture. Tutti questi fattori, insomma, rendono complicatissimo fare i sindaci ed è quindi naturale conseguenza che i giovani non vogliano dedicare il loro tempo a sbattere contro questi muri di gomma”.
Anche nel caso del coinvolgimento delle donne l’Amministrazione comunale di Lercara Friddi rappresenta forse un’eccezione rispetto al resto dell’Isola, con il 40% di rappresentanti femminili in Giunta. “Secondo me – spiega Marino – leggendo i dati disponibili, è evidente che a oggi la campagna sulle quote rosa non è riuscita a produrre risultati”.
Per cercare di coinvolgere più giovani nell’Amministrazione pubblica, sono state avanzate una serie di iniziative, anche da parte di Anci giovani. “L’obiettivo – chiarisce Marino – è in primis quello di confermare la presenza di Anci nelle scuole, dove spieghiamo ai ragazzi come funziona un Consiglio comunale, cosa fa, come vengono eletti i consiglieri, scelti gli assessori e le funzioni che svolgono. Cerchiamo di trasmettere il valore della partecipazione alla vita della propria comunità per far partire dal basso il cambiamento. Stiamo inoltre programmando dei corsi formativi per chi si approccia per la prima volta a questa realtà, giovani e meno giovani. Anche l’Anci nazionale sta intervenendo in quest’ambito attraverso Publica, la sua scuola di formazione”.
“Stiamo inoltre portando avanti – aggiunge – altre due iniziative: la prima è quella di instaurare un’interlocuzione con le Università affinché venga riconosciuto lo status di studente-amministratore per poter usufruire di appelli straordinari, così da conciliare l’attività di amministrazione con lo studio e non trovarsi costretti a scegliere tra amministrare bene e laurearsi. La seconda attività che parte da Anci Sicilia, ma che tenta di coinvolgere anche Anci nazionale, è quella di attribuire un punteggio agli amministratori che partecipano ai concorsi pubblici, esattamente, per esempio, come accade per chi ha svolto il servizio civile”.
“Ritengo – conclude Marino – che il mancato riconoscimento dell’esperienza amministrativa avuta sul campo sia un gap che andrebbe colmato e che a sua volta potrebbe rappresentare una leva di attrazione per i giovani, consapevoli di poter sfruttare questa esperienza anche per altre future opportunità lavorative nello stesso ambito”.
Intervista a Rossana Cannata, prima cittadina di Avola (Siracusa)
“Difficile conciliare privato e lavoro”
AVOLA (SR) – In base a quanto emerso dal Report di Ifel e Anci “I Comuni italiani 2023”, il numero dei giovani sindaci siciliani è tra i più bassi d’Italia, appena sei hanno fino a 35 anni. Altro dato piuttosto deludente riguarda il numero delle sindache donna: sono soltanto il 7,3%. Su questo tema abbiamo interpellato la prima cittadina di Avola (Sr), Rossana Cannata, che ci ha espresso la propria posizione si questi due temi, diversi ma per certi versi molto simili.
“Basandomi sulla mia esperienza personale – racconta – devo dire che non ho mai riscontrato nessun tipo di pregiudizio in quanto donna da parte della mia squadra di lavoro. Al contrario, essa ha fortemente voluto e sostenuto la mia candidatura, ma mi rendo conto di essere, rispetto a quanto emerso dal Report, un caso poco comune”.
“Ritengo – aggiunge Cannata – che, in generale, un dato così basso possa spiegarsi con la difficoltà di conciliare la vita familiare e personale di una donna con quella professionale di un sindaco. Questo adattamento necessita sicuramente il triplo dello sforzo e dell’organizzazione che si possa richiedere a un uomo. Parlo per esperienza personale: ho due figli, una di 11 anni e uno di 8, e il lavoro di ‘equilibrista’ che ci ritroviamo ad affrontare noi donne è senza dubbio più impegnativo di quanto richiesto ai colleghi uomini. Le nostre attività comprendono il dover andare a prendere i figli a scuola, accompagnarli al catechismo, a fare sport, alle visite mediche. Allo stesso tempo, la politica non ha orari, soprattutto se fai il sindaco e devi essere sempre a disposizione della tua comunità. Di fronte a tutte queste complicazioni, fare l’amministratore, o in generale qualsiasi lavoro impegnativo, diventa una scelta di coraggio per chiunque, e ancora di più per una donna”.
“Personalmente – evidenzia ancora Cannata – mi ritengo fortunata: ho un buon supporto familiare, ma mi rendo conto che, per chi non ce l’ha, diventa tutto molto più difficile, se non impossibile. Il sindaco è il diretto interlocutore dei propri concittadini e deve assicurare una partecipazione assidua che non può essere sacrificata in nome della propria famiglia. Per noi donne è tutto più complicato, perché viene ancora richiesta una presenza in ambito familiare più forte di quella degli uomini, come si dice, ‘la mamma è sempre la mamma’. Se non c’è bilanciamento con l’altro genitore, ecco che diventa quasi impossibile riuscire a dedicarsi ad altro che non sia la propria famiglia e i propri figli. Aggiungo però che sta anche a noi donne imporsi, con i propri ritmi, la propria organizzazione, per non doversi trovare a scegliere tra vita professionale e famiglia”.
Viene da chiedersi se la politica siciliana stia facendo qualcosa per, se non raggiungere, avvicinarsi alla parità di genere. “Quando ero deputata Ars – racconta – abbiamo portato avanti tante iniziative che andavano in questa direzione. Personalmente, preciso, non sono a favore delle quote rosa, ma se può essere uno strumento per agevolare l’ingresso di un maggior numero di donne nella vita pubblica del nostro Paese, allora riesco a condividerne lo spirito. Non credo che oggi ci sia una qualche forma di preclusione da parte della politica nei nostri confronti. Noi donne abbiamo tutte le carte in regola per poterci candidare e anche per ricoprire ruoli politici di una certa rilevanza, vincere e amministrare bene”.
“Purtroppo – conclude – il punto sta tutto qui: una cosa è la capacità, un’altra la possibilità di sfruttarla, trovarsi di fronte a delle condizioni che creino gli spazi sufficienti per non dover fare delle rinunce. I dati, purtroppo, palesano probabilmente la perenne assenza di queste condizioni e il risultato è, appunto, la rinuncia di molte a questo lavoro. Noi donne ancora oggi siamo il fulcro della famiglia e per questo il più grande problema per noi resta quello organizzativo, ragione per la quale ci troviamo sempre a dover scegliere tra fare politica, o comunque qualsiasi altra attività lavorativa, o fare la madre. La gestione non è per niente facile. Anche sulla base dell’esperienza delle mie consigliere e assessore, ci ritroviamo spesso a dover affrontare questi stessi problemi, criticità non riportate allo stesso modo, invece, dai colleghi uomini. Voglio però chiudere con un messaggio positivo: le presenze sono ancora troppo poche, ma ci sono. Quindi forza donne, ce la possiamo fare”.