Ader, 1.206 mld di imposte da riscuotere - QdS

Ader, 1.206 mld di imposte da riscuotere

Ader, 1.206 mld di imposte da riscuotere

giovedì 08 Febbraio 2024

Ruffini: incassabili solo l’8%

Ader è l’acronimo di Agenzia delle Entrate e Riscossione. L’intera responsabilità dell’accertamento delle imposte e del loro incasso è stato affidato ad un unico organismo. Il direttore è Ernesto Maria Ruffini, il quale risulta essere capace e competente, in modo da riuscire a snidare gli evasori, che mediamente – secondo stime diverse – non hanno pagato circa ottanta/cento miliardi l’anno. Nel 2023 sono stati recuperati 24,5 miliardi.

Va subito scritto che le imposte da riscuotere sono già state determinate nel loro ammontare e notificate ai/alle contribuenti mediante le relative cartelle. Esse ammontano a 1.206 miliardi, un importo incredibile che si è via via accumulato in tanti decenni.

Dov’è il guaio? Nel fatto che solo l’otto per cento di tale ammontare potrebbe essere riscosso. Il restante novantadue per cento dovrà andare al macero.
Quell’otto per cento vale circa cento miliardi, ma non è detto che questo importo sarà riscosso perché comprende le numerosissime controversie che si trovano davanti alla Giustizia tributaria dei tre livelli.

La domanda che sorge è: perché si è lasciato che si accumulasse questo immenso importo di 1.206 miliardi di imposte da riscuotere? Una prima risposta è che il sistema della riscossione non ha mai funzionato come avrebbe dovuto, arrivando sistematicamente in ritardo sulla soglia dei debitori quando questi erano scomparsi o diventati nullatenenti o si erano messi nelle condizioni di non pagare.
Ovviamente gli errori e le incapacità del passato non si possono addebitare all’Ader, ma a una burocrazia inefficiente che è venuta meno al proprio dovere di procedere con celerità e competenza, in modo da portare a casa gli importi notificati ai contribuenti.

La situazione non è migliorata nel corso dei decenni e neanche in quello degli ultimi anni, perché nonostante un’estesa digitalizzazione la riscossione non è diventata più efficiente, con la conseguenza che le imposte non riscosse continuano ad accumularsi in questo magazzino che diventa sempre più pesante.
La soluzione sta nel fatto che bisogna sveltire le procedure e che la Giustizia tributaria evada con maggiore celerità le controversie.

La mancata riscossione non si deve confondere con l’evasione perché nel primo caso l’ammontare delle imposte è già determinato, per cui si deve solo incassare; nel secondo caso l’ammontare delle imposte e dei contributi deve essere determinato, per cui si dovrà procedere agli accertamenti, cui seguiranno probabilmente le controversie tributarie e dopo chissà quanto tempo si arriverà a sentenze definitive. Esse si vanno a inserire nel sistema della riscossione, della cui inefficienza abbiamo scritto prima.

In questo quadro, la recente normativa fiscale ha introdotto il cosiddetto “Concordato preventivo”. Di che si tratta? Dell’accordo fra Agenzia e contribuente sull’ammontare che si potrà determinare negli anni seguenti e che produrrà le relative imposte. Ovviamente vi sarà un patteggiamento fra le parti per tentare di raggiungere un accordo equo.

Non sappiamo se questa innovazione funzionerà, ma la saggezza popolare ci induce a pensare che è meglio l’uovo oggi che la gallina domani.

Va detto, per onorare la verità, che il “Concordato preventivo” non è una novità. Esso esisteva prima della riforma tributaria degli anni Settanta. Mi ricordo personalmente che da ragazzino accompagnavo mio padre, un imprenditore commerciale, che ogni due anni si recava presso il direttore delle imposte di Catania con il quale contrattava il presunto reddito futuro; poi si armava il patteggiamento e per due anni non ci si pensava più, salvo pagare le relative imposte la cui cartella veniva notificata.
Funzionerà o non funzionerà il “Concordato preventivo”? Non lo sappiamo. Nei prossimi anni vedremo se quantomeno sarà riuscito a portare nelle casse dello Stato nuove imposte e quindi a mitigare l’evasione. Essa potrebbe essere evitata attraverso l’incrocio delle centocinquanta banche dati cui possono accedere sia l’Ader che la Guardia di Finanza con metodi sempre più affinati e risultati, ci auguriamo, migliori di quelli precedenti.

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