Il Servizio agrometeorologico segnala un nuovo arretramento degli accumuli di pioggia nell’ultimo anno: l’Isola sotto la soglia “psicologica” dei 500 mm medi, con tonfi clamorosi come quello di Catania (appena 240 mm). Le proposte di Legambiente per fronteggiare la crisi
La danza della pioggia non è servita. O perlomeno non al punto da ricordare ciò che è accaduto lo scorso anno né tantomeno per recuperare i gravi deficit con cui la Sicilia sta arrivando in bocca all’estate. Il mese di maggio, a dispetto di quanto auspicato dal presidente della Regione Renato Schifani, non è stato così piovoso come si credeva potesse essere.
Siccità in Sicilia, anche maggio poco piovoso
A certificare il dato è stata la stessa Regione. “Le speranze di bissare gli eccezionali apporti del mese di maggio del 2023 sono così rimaste deluse”, si legge in una nota divulgata tramite il Servizio informativo agrometeorologico siciliano (Sias). Parole che rimarcano ancora di più la gravità della situazione sul fronte della siccità se si considera che, comunque, a maggio “la media regionale della precipitazione mensile è risultata pari a 47 millimetri circa, nettamente superiore alla norma del periodo 2003-2022”. Nei due decenni in esame, infatti, il quantitativo medio che si è registrato nell’isola è stato di circa 17 millimetri.
Il clima è cambiato
D’altra parte, dalle nostre parti il mese di maggio non era mai stato uno di quelli in cui ci si aspettava di dover tirare fuori l’ombrello né di mettere in discussione l’opportunità di completare il cambio stagione negli armadi. Il clima, però, è cambiato e a dimostrarlo è anche la messa in discussione delle abitudini che si sono tramandate di generazione in generazione. Ma se maggio resta più piovoso del solito, a mancare tragicamente sono le precipitazioni che ci si sarebbe attesi nei mesi tardo-autunnali e invernali.
“Il numero medio regionale di giorni piovosi è risultato pari a 4,5 a fronte di un valore normale pari a 3,1, con un massimo di nove giorni piovosi registrato dalla stazione Linguaglossa Etna Nord (Catania) e un minimo di due giorni piovosi registrati dalla stazione Pantelleria e da diverse stazioni del settore meridionale centrale nelle province di Agrigento, Caltanissetta e Ragusa – continua la nota del Sias in riferimento al mese appena trascorso –. Il massimo accumulo mensile di 167,4 mm è stato registrato dalla stazione Linguaglossa Etna Nord, che ha rilevato anche il massimo accumulo giornaliero il giorno 9 con 65,6 mm”.
Le abbondanti piogge di maggio a Linguaglossa non hanno però sopperito alle carenze che proprio nel centro alle pendici dell’Etna continuano a preoccupare. “In aree normalmente molto piovose come quelle del versante orientale etneo, il deficit raggiunge valori estremi e apparentemente inverosimili”, avverte il Sias. Proprio a Linguaglossa, guardando agli ultimi dodici mesi, “mancano all’appello 1145 millimetri” mentre a Pedara “ne mancano 750”.
A Catania solo 240 millimetri di pioggia
Tenendo conto della situazione dell’intera regione, il Servizio informativo della Regione rimarca come tra maggio 2023 e maggio 2024, gli accumuli di pioggia si sono attestati sulla media di 453 millimetri, “sotto la soglia psicologica di 500 millimetri medi”, nonché un dato negativo che non si registrava dalla grande siccità del 2002. Tra chi è rimasto più all’asciutto ci sono i centri dell’area centro-orientale e centro-meridionale dell’isola, con medie al di sotto dei 300 millimetri, ma anche il caso della città di Catania dove la pioggia in un anno non è andata oltre i 240 millimetri, ben 400 in meno rispetto a ciò che di solito si registrava.
“Le piogge, laddove cadute più abbondanti, hanno portato beneficio non solo alle colture arboree, ma anche ai cereali e alle foraggere delle aree collinari e montane più fresche, specie sul settore occidentale, dove le colture si trovavano ancora in sufficientemente buono stato vegetativo, tale da potersi ancora avvantaggiare di questi apporti non troppo tardivi – spiega il Sias –. Sono state praticamente ininfluenti invece le piogge cadute su foraggere e cereali di molte aree del settore orientale, dove il deficit idrico e le temperature superiori alla norma avevano già portato ad un precoce disseccamento parziale o totale della vegetazione”.
L’allarme siccità di Legambiente
I dati regionali sono arrivati nel giorno in cui Legambiente ha lanciato a livello nazionale l’ennesimo allarme siccità, rivolgendo un appello al governo Meloni ma anche al prossimo europarlamento che verrà fuori dalle elezioni del prossimo fine settimana affinché si prendano in considerazioni le misure necessarie per evitare che la crisi ambientale si tramuti anche in una concreta crisi economica e sociale. “Secondo stime prudenziali della Commissione europea, senza un’efficace azione preventiva dei rischi climatici, i danni da alluvioni, ondate di calore, siccità, incendi boschivi, perdite dei raccolti o malattie potrebbero ridurre il Pil europeo di circa il 7 per cento entro la fine del secolo”, si legge in un report dell’associazione.
La Sicilia, in tal senso, è la terza regione d’Italia per numero di danni – ben nove – causati dalla siccità negli ultimi quattro anni. A subire conseguenze peggiori – secondo i dati dell’Osservatorio Città Clima – sono state soltanto Lombardia e Piemonte, con 15 e 14 fenomeni. “La siccità che in questi mesi ha colpito in particolare la Sicilia, l’acqua razionata, le proteste di cittadini e agricoltori – ha detto Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – ci restituiscono in estrema sintesi quanto la crisi climatica stia accelerando il passo anche in Italia. È evidente che gli effetti del cambiamento climatico, a partire dagli eventi siccitosi sempre più cronici, sono ormai ben tangibili con gravi ricadute ambientali ed economiche”.
Legambiente: puntare su un approccio circolare nella gestione dell’acqua
La proposta di Legambiente è quella di puntare su un approccio circolare nella gestione dell’acqua, un po’ come quello che da decenni si cerca di fare con i rifiuti. La ricetta per frenare la crisi idrica passa da tre punti: “Serve una ridefinizione di una regia unica da parte delle Autorità di bacino distrettuale, incentivare buone pratiche che permettano di trattenere il più possibile l’acqua sul territorio e promuovere sistemi per il recupero delle acque piovane e per il riuso delle acque reflue”, si legge in una nota.
In Sicilia il tema della necessità di fruire al meglio delle acque piovane e il riuso delle acque bianche in campo agricolo è al centro del dibattito da anni. Si tratta di progetti che però fanno i conti con una realtà contrassegnata dalle croniche carenze con ciò che oggi si ha: dalle reti idriche colabrodo, con l’imperdonabile responsabilità dei Consorzi di bonifica incapaci di cogliere il treno del Pnrr, alle difficoltà nella gestione degli invasi, dove l’acqua scarseggia e quella che c’è fa spesso i conti con il fango accumulato.
E mentre si continua a ragionare sulla possibilità di investire nei dissalatori, dal Sias arriva la conferma di come l’acqua caduta a maggio non abbia quasi per nulla ricaricato le falde. “Per quanto riguarda l’accumulo di riserve nel reticolo idrografico e nei corpi idrici sotterranei, gli eventi del mese non hanno consentito di attenuare il deficit accumulato in precedenza. La bassa intensità di pioggia e le condizioni dei terreni hanno favorito l’assorbimento quasi totale delle piogge da parte degli strati superficiali del suolo, senza rilasci significativi verso i corsi d’acqua”, si legge nella nota. Il servizio informativo della Regione avverte: “Risulta importante valutare quali possano essere le conseguenze di questi mancati apporti su corpi sotterranei di fondamentale importanza per gli approvvigionamenti idrici”.
S.O.
I numeri dell’Autorità di bacino al 1° maggio
Ogni mese che passa, il bollettino dell’Autorità di bacino del distretto idrografico della Regione Sicilia diventa più impietoso. Continua a non piovere, e i risultati sono drammatici: se in un solo mese lo scarto è stato di 12 milioni di metri cubi di acqua in meno negli invasi siciliani, in un anno sono venuti a mancare 198 milioni di metri cubi d’acqua. Non c’è un solo invaso che nei 30 giorni segni un valore in positivo, al più una sostanziale stabilità. Se si guarda ai valori nei 12 mesi, il quadro è ancora più disastroso.
La diga Ancipa sul fiume Troina contiene un quarto dell’acqua rispetto allo scorso anno, passando da 25 milioni di metri cubi d’acqua ad appena 8. La diga Garcia ha visto il proprio contenuto dimezzarsi negli stessi 12 mesi, mentre la diga Poma sul fiume Jato è scesa da 55 milioni di metri cubi a 37 milioni. Anche la diga Rosamarina è scesa da 48 milioni di metri cubi di acqua a 20, mentre la diga Sciaguana passa da 3 a 11.
Considerando poi che il fatto che molti degli invasi sono ad uso promiscuo, non solo irriguo, ma anche potabile, industriale ed elettrico, il problema non si ripercuote solo sull’agricoltura, ma sulla comunità intera. In particolare, sono destinate a più di un uso (quindi anche potabile, ndr) le risorse contenute nelle dighe Ancipa, Castello, Fanaco, Garcia, Leone, Piana degli Albanesi, Poma, Prizzi, Ragoleto, Rosamarina e Scanzano. Per tale ragione, buona parte della loro capacità non potrà essere utilizzata nelle campagne.
Il risultato di maggio non è una sorpresa, purtroppo, ma va a rafforzare quello che è ormai un andamento costante e sembra, irreversibile, con gravissime conseguenze per quello che sarà poi il periodo estivo, in cui l’intera regione potrebbe vivere una grave siccità. I dati relativi all’andamento dei singoli invasi nell’anno idrogeologico, che va da ottobre a settembre, mostra come quasi tutte le dighe sono al loro minimo storico, molto al di sotto del volume autorizzato. Proprio all’inizio del mese di febbraio, il governo guidato da Renato Schifani ha dichiarato lo stato di calamità naturale da siccità severa nell’intero territorio regionale su proposta dell’assessorato all’Agricoltura. La Sicilia è l’unica regione d’Italia e tra le poche d’Europa in zona rossa per carenza di risorse idriche. Stessa situazione si ritrova in Marocco ed Algeria. Una condizione che porterà a gravi ripercussioni soprattutto per le aziende agricole e zootecniche.
M.G.
La voce dei sindaci del Calatino: “La situazione è disastrosa”
Dalle arance di Mineo al carciofo di Ramacca produzioni in crisi: “Intere famiglie senza reddito”
PIANA DI CATANIA – Gli agricoltori, ormai, dormono sepolti in un campo di grano che non c’è. A morire sono interi allevamenti di bestiame, gli agrumeti, gli ulivi, ma anche l’intera economia di un territorio. Ci troviamo ancora nel deserto della Piana di Catania. Il comune denominatore che unisce tutti i sindaci del Calatino è uno: il tracollo del tessuto sociale e dell’economia di un intero settore, quello agricolo, nonché quello principale.
Quello del Calatino è uno dei territori della Provincia di Catania più colpito dalla crisi idrica, con il -70% di piovosità rispetto all’anno scorso. In un’area dove l’agricoltura è il settore economico trainante, a rischiare la desertificazione non sono solo le campagne ma anche Comuni, come quelli di Mineo, Ramacca, Scordia e Grammichele.
“La situazione è drammatica. Per quanto riguarda la mietitura del grano o per lo meno la stagione della mietitura del grano molti ettari sono asciutti e ormai dalla quantità del grano che si ricava non si recuperano neanche le spese per la mietitura. Parliamo di 200, 500 kg di grano per ettaro a fronte di 23, 30, 40 quintali per ettaro – spiega il primo cittadino di Mineo, Giuseppe Mistretta –. Siamo a una riduzione sostanziale e ci sono aziende che producono esclusivamente grano, cereali eccetera. Inoltre, il costo del foraggio è lievitato in maniera enorme: si parla di quattro volte quello che costava l’anno scorso e bisogna reperirlo da altre zone d’Italia, se non addirittura dall’estero. Se la si guarda sotto tutti i punti di vista vediamo che tutte le colture sono in asciutta compresi gli ulivi. Quindi cosa si vuole fare? Cosa vogliamo aspettare? Bisogna alleggerire gli obblighi fiscali e finanziari delle aziende agricole, se vogliamo salvarle. Oppure c’è un disegno ben chiaro: evidentemente c’è qualcuno, non so chi, che ha deciso la morte di un territorio. Perché nel frattempo poi ci continuiamo a stupire del fatto che le persone magari vendono i propri terreni a cifre basse”.
A Ramacca niente campagna carciofaia
A Ramacca, per la prima volta nella storia del paese, la campagna carciofaia quest’anno non partirà. “A causa del fatto che non c’è acqua, tutti i produttori agricoli dei campi di carciofi non faranno piantagioni – spiega il sindaco Nunzio Vitale – e questo avrà delle ricadute importanti sia per il produttore agricolo che per quanto concerne la mancanza di manodopera perché in questo caso gli operai non avranno dove andare a lavorare. Ci saranno delle ripercussioni economiche disastrose per la nostra comunità. Quello che si sta registrando è qualcosa di veramente vergognoso. Nulla di fatto è stato realizzato in merito da parte dell’assessorato all’Agricoltura. Una cosa del genere non si è mai vista nella comunità, anche per quanto riguarda la mancanza di senso istituzionale”.
“Rispetto all’emergenza in agricoltura siamo rimasti al palo – aggiunge Pippo Greco, amministratore locale di Grammichele –. Qui gli agrumeti sono nati con la Diga Sturzo e mi preoccupa il mancato utilizzo di quest’ultima. A parte che ormai la campagna agrumicola è finita malissimo. E per quella che si appresta ad arrivare sappiamo già che la mancanza di acqua farà un prodotto pessimo. Non so cosa aspettarmi per il futuro: so solo che a intere famiglie mancherà il reddito. Nel frattempo, gli agricoltori aspettano di ricevere degli aiuti e sono preoccupati per le difficoltà che avranno nell’affrontare la prossima campagna”.
Anche a Militello in Val di Catania, come racconta il sindaco Giovanni Burtone, lo scenario è identico: “La situazione agricola non è preoccupante. È disastrosa. Basterebbe utilizzare una pompa di sollevamento per utilizzare l’acqua del lago di Lentini per affrontare il problema. Cosa ho da dire in merito all’operato del Governo? Non hanno richiesto nemmeno lo stato di emergenza. Tutte le soluzioni che si sarebbero potuto attivare con lo stato di emergenza non sono partite: ad esempio per quanto riguarda la moratoria temporanea dei mutui”.
Sulla questione dell’utilizzo della risorsa idrica del lago di Lentini interviene anche il primo cittadino di Scordia, Franco Barchitta, che aggiunge: “Bisognerebbe intervenire in modo definitivo sul costo dell’energia che incide sui pozzi per l’irrigazione, per la distribuzione dell’acqua. Una volta siamo stati convocati dal prefetto ed è stato ufficializzato che il lago di Lentini non poteva aiutarci nonostante avesse l’acqua perché il costo del trasporto dell’acqua, mediante l’energia elettrica, era talmente eccessivo che bloccava l’operazione. Ma è possibile che nessun governo si interessi a delimitare la motivazione principale per la quale molti piccoli produttori, agricoltori hanno abbandonato le colture? Non riescono a sopravvivere. Io sono convinto che continueremo a perdere posti di lavoro, continueremo a perdere attività agrumicole sotto l’aspetto commerciale e quindi commercianti che chiudono perché il cambiamento climatico sta mettendo in crisi un intero settore”.
Ma i sindaci del Calatino non sembrano rassegnarsi a questa gattopardite del Governo sulla questione della siccità in agricoltura: dopo le elezioni europee il sindaco di Mineo, Giuseppe Mistretta,si dice pronto a convocare nuovamente un tavolo sulla crisi idrica.
S.S.
Aziende zootecniche in difficoltà, snellito l’iter per i prelievi d’acqua
PALERMO – Si lavora per contrastare la siccità in Sicilia, e in prima fila ci sono le aziende zootecniche. Le disposizioni per snellire le procedure per il prelievo di acqua dai corsi d’acqua sono state pubblicate con l’ordinanza commissariale, e servono proprio a fronteggiare la carenza idrica, salvaguardare gli allevamenti zootecnici, le produzioni delle aziende agricole e garantire sufficienti volumi d’acqua per l’irrigazione delle colture.
Nello specifico, è stato disposto che l’azienda faccia comunicazione all’ispettorato provinciale dell’agricoltura, specificando le finalità del prelievo. L’ispettorato, con cadenza mensile, trasmetterà le istanze di prelievo all’ufficio del genio civile, competente per territorio, e all’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia.
La richiesta va presentata sul modulo preparato dall’amministrazione, che è stato modificato, inserendo alcune specifiche volte ad individuare sia l’ubicazione delle aziende che il punto di prelievo, come deciso dopo delle interlocuzioni con l’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia. Gli imprenditori che hanno già presentato domanda hanno inoltrato il nuovo modello di istanza nei giorni scorsi. Il provvedimento si accompagna a quanto già deciso nello scorso mese di febbraio, quando si è statuito di permettere alle aziende zootecniche, per il 2024, di utilizzare anche foraggi non biologici, in quanto le condizioni climatiche che si sono presentate nell’ultimo anno non hanno permesso di produrre il foraggio biologico in quantità bastevoli per gli allevamenti della regione.
Tutti i provvedimenti prendono le mosse dalla deliberazione della giunta regionale n. 470 del 28 novembre 2023, nella quale è stata esplicitata la “dichiarazione dello stato di calamità per i danni causati alle produzioni agricole in Sicilia da ondate di calore e incendi nel mese di luglio e dalla siccità autunnale nei mesi di settembre e ottobre 2023”.
A seguito di tale atto è possibile l’applicazione del regolamento delegato dell’Unione europea n. 2020/2146 della commissione del 24 settembre 2020, che integra il regolamento Ue 2018/848 del parlamento europeo e del consiglio, per quanto riguarda le norme eccezionali di produzione applicabili alla produzione biologica. Con il riconoscimento delle circostanze calamitose, infatti, è possibile concedere deroghe all’utilizzo dei foraggi biologici; quindi, in caso di perdita della produzione di mangimi o di imposizione di restrizioni, gli animali possono essere nutriti con mangimi non biologici anziché con mangimi biologici o in conversione, nella misura in cui non è stato possibile reperire o produrre il foraggio biologico necessario per il proprio allevamento. Tutte scelte nella speranza, probabilmente vana, che il 2024 non sia anche peggiore dell’anno precedente. Per la Sicilia, il 2023 è stato caratterizzato nei mesi estivi da eccezionali ondate di calore, con temperature superiori ai 40 gradi per un periodo prolungato, seguite da siccità autunnale, tanto che nel mese di settembre le piogge sono diminuite del 68%, mentre ad ottobre tale calo è arrivato addirittura al 93% per la quasi totale assenza di piogge, tanto da risultare il mese di ottobre più asciutto delle serie storiche disponibili per l’Isola dal 1921. Nel 2023 la Sicilia ha registrato 21 eventi meteorologici avversi di grave entità, inserendosi, così, nell’elenco delle regioni italiane che hanno scontato i maggiori effetti del cambiamento climatico.
M.G.