Blitz antimafia tra Catania e Ragusa: 16 arresti, operazione Fenice

NOMI e VIDEO | Mafia violenta e “imprenditrice”, chi sono i 16 arrestati del maxi blitz tra Catania e Ragusa

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Redazione  |
mercoledì 12 Giugno 2024

Misura cautelare in carcere nei confronti di 16 persone indagate a vario titolo

Maxi blitz antimafia (operazione Fenice) tra Catania e Ragusa, dove – alle prime ore della mattina di mercoledì 12 giugno – i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Ragusa e i Finanzieri del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Catania stanno dando esecuzione a un’ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale di Catania, su conforme richiesta della Procura Distrettuale Antimafia etnea. A finire in carcere 16 persone indagate a vario titolo.

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Blitz antimafia Catania-Ragusa, 16 persone in carcere

La maxi operazione antimafia tra Catania e Ragusa ha portato all’applicazione di una misura cautelare in carcere nei confronti di 16 persone indagate per associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, tentato omicidio, illecita concorrenza con minaccia o violenza, operanti tra le province di Ragusa e Catania.

Chi sono gli arrestati dell’operazione Fenice

Ecco chi sono gli arrestati del maxi blitz tra Catania e Ragusa, destinatari della misura cautelare in carcere.

1. Giuseppe Amore;

2. Francesco Bella;

3. Orazio Mattia Bella;

4. Gianluca Di Natale;

5. Mauro Gesso;

6. Roberto Gesso;

7. Raffaele Giudice;

8. Alberto Greco;

9. Emanuele Greco;

10. Nuccio Greco;

11. Eugenio Gulizzi;

12. Giuseppe Licata;

13. Maurizio Piedigaci;

14. Roberto Salerno;

15. Gaetano Valenti;

16. Filadelfo Zarbano.

I dettagli e le accuse

I 16 arrestati dell’operazione Fenice sono ritenuti a vario titolo responsabili dei reati di “associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tentato omicidio, estorsione e tentata estorsione, detenzione abusiva di armi e porto in luogo pubblico, detenzione, trasporto e cessione di sostante stupefacenti, falsità ideologica commessa da privati, reati tutti aggravati dalla finalità mafiosa”.

Le indagini, nell’attuale fase del procedimento in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti e svolte dal 2016 al 2023, avrebbero permesso di ricostruire:

  • le dinamiche criminali dell’associazione a delinquere riconducile a Cosa nostra operante nel territorio di Vittoria (RG) e in altri comuni della provincia di Ragusa, capeggiata da Emanuele Greco, inteso “Elio”;
  • i ruoli nel tempo assunti dagli altri indagati, destinatari di misura cautelare, monitorandone le attività criminali sia nel periodo in cui Emanuele Greco era in stato di libertà sia durante il periodo di detenzione.

Il blitz odierno testimonia l’impegno delle forze dell’ordine a contrasto delle associazioni a delinquere di tipo mafioso e della “mafia imprenditrice”, al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale e di condizionamento della libera concorrenza.

La “coppia” Greco-Valenti

Le indagini più recenti che hanno portato al maxi blitz antimafia tra Catania e Ragusa hanno fatto emergere che il pregiudicato Gaetano Valenti, inteso “Tano u’ barbiere”, sarebbe stato investito da Emanuele Greco, durante il periodo di detenzione di quest’ultimo, del ruolo di referente pro tempore dell’organizzazione criminale dal medesimo capeggiata.

L’attività investigativa aveva ulteriore impulso dopo che Greco, posto agli arresti domiciliari nel gennaio 2021, avrebbe sfruttato la propria abitazione quale base logistica in cui effettuare incontri riservati con i propri affiliati, con esponenti apicali dei gruppi riconducibili a Cosa nostra e operanti in altri contesti territoriali e anche con importanti imprenditori del settore del packaging, riprendendo di fatto il proprio ruolo di riferimento del sodalizio mafioso e riaffermando la propria influenza sul territorio.

Il monitoraggio tecnico e le attività condotte a carico di Greco, dei suoi figli, di Valenti e di altri soggetti ritenuti appartenere al gruppo criminale avrebbero consentito di acquisire elementi di pregio indiziario in merito all’esistenza di un’associazione per delinquere di tipo mafioso che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, avrebbe perpetrato una serie indeterminata di delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio, e acquisito, in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo di attività economiche, con particolare riferimento al settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli.

Operazione Fenice, i “business” della mafia di Vittoria

Il sodalizio avrebbe unito l’aggressività e la forza militare a strategie imprenditoriali, estendendo così il suo potere mafioso e il controllo territoriale. A riscontro della sua operatività sarebbero emersi collegamenti con altri gruppi mafiosi, inclusi i clan “Santapaola-Ercolano” di Catania, “Nardo” di Lentini, “Rinzivillo” di Gela.

Contestualmente gli investigatori che hanno permesso il maxi blitz antimafia odierno hanno individuato anche il ruolo dei figli, Nuccio e Alberto, per la gestione, assieme al padre Emanuele, degli affari imprenditoriali nel settore degli imballaggi, facendo uso degli strumenti propri dell’assoggettamento mafioso e avvalendosi del proprio riconosciuto “carisma criminale” nell’ambiente della fornitura del packaging per influenzare e condizionare la libera concorrenza. In tal modo, si sarebbero imposti come intermediari bypassando di fatto il provvedimento di sequestro di beni e disponibilità del valore complessivo di 35 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Catania a carico di Emanuele Greco che aveva riguardato anche svariate società, tra le quali l’azienda di famiglia “Vittoria Pack SRL”.

In altri termini, il gruppo criminale, operando con modalità spesso illecite e spregiudicate e interagendo con altri soggetti malavitosi, quali i Consalvo e i Puccio, riciclatisi anch’essi in tale ambito territoriale come imprenditori, avrebbe continuato a imporre la propria leadership nell’ambito del lucroso settore del mercato locale, con particolare riferimento alla vendita di materiali e imballaggi per confezionamento dei prodotti ortofrutticoli, assai fiorente nel contesto territoriale, a vocazione prevalentemente agricola, del comune di Vittoria.

Durante le indagini che hanno portato al blitz è emersa anche la collusione di imprese attive nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi che, grazie alla rete di relazioni di Emanuele Greco, sarebbero riuscite ad approvvigionarsi di carburante di provenienza illecita, così accrescendo il proprio giro d’affari potendo contare sulla competitività derivante da carburanti a basso costo. Al contempo, le stesse aziende, ponendosi a disposizione di Greco, avrebbero apportato un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento, e comunque della realizzazione anche parziale del programma criminoso dell’associazione mafiosa.

Inoltre, l’arresto di Gaetano Valenti, avvenuto nell’aprile 2021, trovato in possesso di un’arma da fuoco clandestina detenuta illegalmente e di un’importante quantità di droga, avrebbe consentito di evidenziare come gli interessi del gruppo abbracciassero anche il settore degli stupefacenti, delle armi e delle estorsioni.

Sul punto, emergono evidenze in cui il gruppo mafioso avrebbe minacciato altri soggetti pregiudicati vittoriesi per indurli al pagamento di quantitativi di droga forniti da altre consorterie, che si sarebbero rivolti al gruppo dei Greco riconoscendone le capacità operative sul territorio. Parimenti, sono stati monitorati momenti di criticità all’interno dei quali gli appartenenti al gruppo si sarebbero organizzati per il compimento di azioni di forza con l’uso di armi da compiere in danno di pregiudicati vittoriesi, che grazie al tempestivo intervento degli inquirenti, si sono risolti senza spargimento di sangue.

A conclusione delle indagini, il gip etneo ha disposto la custodia cautelare in carcere per i 16 indagati. Gli arresti sono stati eseguiti dai carabinieri di Ragusa (12) e dai finanzieri del nucleo PEF etneo (4).

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