Trend negativo in Sicilia, soprattutto a Palermo, Catania e Trapani. Sorpresa Messina.
Catania è il capoluogo di provincia in cui, al pari dello scorso anno, si paga la tassa sui rifiuti più salata: 594€ annui, senza variazioni sul 2023. A riferirlo è il Rapporto 2024 dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe sui rifiuti urbani diffuso da Cittadinanzattiva, che vede la città etnea guadagnare un altro triste primato dopo essere stata giudicata cenerentola d’Italia nel rapporto sull’ecosistema urbano pubblicato nelle scorse settimane.
L’indagine ha interessato le tariffe rifiuti applicate in tutti i capoluoghi di provincia italiani nel 2024, e ha preso come riferimento una famiglia tipo composta da 3 persone e una casa di proprietà di 100 metri quadri. I costi rilevati sono comprensivi di Iva e delle addizionali provinciali.
Rapporto 2024 sulle tasse dei rifiuti, il quadro generale
“Cresce la spesa media sostenuta dalle famiglie per i rifiuti (€329 nel 2024, con un aumento del 2,6% rispetto all’anno precedente) ma migliora anche la raccolta differenziata. Seppur con dieci anni di ritardo, finalmente nel 2022 si è superato l’obiettivo del 65% di rifiuti differenziati a livello nazionale: siamo al 65,2%, +1,2% rispetto al 2021. Al Sud si spende di più e si differenzia di meno”, spiega Cittadinanzattiva.
Sul fronte delle tariffe, non è dunque un caso se il Trentino Alto Adige risulti la regione nella quale la spesa sia più economica (203€); la Puglia è invece la più costosa (426,50€ con un aumento di oltre il 4% rispetto all’anno precedente). Dalla top ten dei capoluoghi più costosi, insieme a Benevento, Latina e Salerno, non fa più parte neppure Messina. Al suo posto entra però un’altra città siciliana: Trapani.
Al netto di importanti variazioni provinciali che il QdS ha raccontato di recente a proposito dell’inchiesta sulle discariche siciliane, il dato rilevato da Cittadinanzattiva parla di un 51,5% di raccolta differenziata complessiva per la regione nel 2022.
Un dato distante anni luce dal 65,2% di media nel Paese e dalle prime della classe Veneto, Trentino e Sardegna, tutte ben al di sopra del 70%, e che rende la Sicilia fanalino di coda dell’Italia, evidenziando una volta di più tutte le carenze di un sistema rifiuti che fa percolato da tutte le parti.
Dei 10 capoluoghi che si posizionano come più costosi ben 7 appartengono a regioni meridionali. In modo speculare, dei 10 capoluoghi più economici, 7 sono a Nord. Se come detto Catania è la più costosa, al nono posto in Italia si piazza Trapani con una speda media di 453 euro. Nessun capoluogo del Sud si piazza invece tra quelli più economici.
Secondo i dati raccolti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in Italia nel 2022 sono state prodotte circa 29,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (-1,8% rispetto al 2021). La produzione pro capite è di circa 494 chilogrammi per abitante (-1,6% rispetto al 2021), con valori più elevati al Centro (532 Kg/ab.) seguito dal Nord (506 kg/ab.) e dal Sud (454 Kg/ab).
La media nazionale di raccolta differenziata ha raggiunto il 65,2% (+ 1,2% rispetto al 2021) mentre il 18% dei rifiuti urbani prodotti finisce in discarica. A livello di aree geografiche il Nord si posiziona al primo posto (71,8%) seguito da Centro (61,5%) e Sud (57,5%). Per quanto riguarda la tipologia di rifiuti differenziati nel 2022 nel Paese, la percentuale più elevata è relativa alla frazione organica (38,3%), seguita da carta (19,3%) e vetro (12,3%) e plastica (9%). Le percentuali più basse riguardano i RAEE (1,4%) e i rifiuti tessili (0,8%).
I dati di Messina, Catania e Palermo
A livello di capoluoghi di provincia, la percentuale di raccolta differenziata pari o superiore al 65% è stata raggiunta da poco più della metà di essi (57%). Ben 20 capoluoghi di provincia risultano ancora al di sotto dell’obiettivo 50%, il cui raggiungimento era previsto nel 2009. Tra questi spiccano in modo poco lusinghiero Palermo (+6,7% costo Tari), con percentuale di raccolta differenziata al 15,6%, e Catania, con raccolta al 22%.
Caso a parte quello che riguarda Messina, risultata la prima della classe dell’Isola in tema di raccolta indifferenziata e prima in Italia per riduzione quota Tari. Per quanto prima provincia siciliana per numero di “mine biologiche infestanti”, la città dello Stretto ha potuto contate su una riduzione della Tari di circa il 30% rispetto allo scorso anno grazie a una differenziata che si avvicina a quota 60%. Una riduzione che è valsa a Messina il podio di città più economica della Sicilia in termini di tassa sui rifiuti con una media di 318 euro a fronte di una media nazionale di 329, e prima in Italia per miglioramento della propria posizione rispetto al 2023.
Le altre province siciliane
Ad Agrigento la Tari si aggira sulla media di 428 euro, con una raccolta differenziata che sfiora il 60%, tra le migliori della regione. Caltanissetta ha visto un netto aumento della Tari (+24,1%), raggiungendo i 331 euro, mentre la raccolta differenziata rimane sotto il 40%. Per quanto Ragusa risulti tra le province più virtuose con il 65% di differenziata, la Tari si mantiene alta a quota 389 euro.
Trapani è invece entrata nella top ten dei capoluoghi di provincia nei quali si paga di più per il conferimento della tassa sui rifiuti: ben 453 euro (+6%). Il tutto a fronte di una raccolta differenziata inferiore al 50%. Un binomio, quello della percentuale di rifiuti differenziati e del costo, che procede di pari passo. Se Siracusa registra una differenziata al 40%, con una Tari di 398 euro, Enna fa segnare un decremento del costo a 266 euro, ma con risultati ancora modesti nella gestione dei rifiuti.
Tassa dei rifiuti in Sicilia, il rapporto 2024 e la questione delle discariche
Il 40,5% dei rifiuti siciliani viene ancora smaltito in discarica, il doppio della media nazionale del 17,8%. Questa dipendenza crea un circolo vizioso di inefficienza, con costi ambientali ed economici enormi. In assenza di una rete di impianti adeguati, la Sicilia non riesce a fare il salto verso un’economia circolare. Un passaggio che secondo la Regione sarà possibile raggiungere attraverso la presenza dei termovalorizzatori che saranno realizzati a Palermo e Catania.
Raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite – in particolare Goal 11 e Goal 12 – è una sfida ambiziosa per la Sicilia, ma che resterà tale. Ridurre la dipendenza dalle discariche, investire in infrastrutture moderne e aumentare la consapevolezza dei cittadini sono passi fondamentali che non potranno essere compiuti entro il tempo stabilito dalle Nazioni Unite. Con l’Isola che necessita una netta inversione di rotta, ma che pagherà ancora a lungo i decenni durante i quali la gestione rifiuti non si è mai verificata con trasparenza né efficacia.
Le indicazioni contenute nel nuovo Piano rifiuti regionale pubblicato dalla Regione lo scorso 30 settembre, vanno infatti in direzione opposta alla volontà dell’Unione Europea, a proposito della riduzione della quantità di immondizia urbana che finisce in discarica.
In Sicilia sono dieci le discariche autorizzate tra impianti addetti al Trattamento Meccanico (TM) e in quelli dotati di sezione di stabilizzazione biologica della frazione organica (TMB). In queste dieci discariche sono stati conferiti (sempre con dati 2022, ndr) rifiuti per 1.069.787 tonnellate, di cui 713.481 tonnellate derivanti dalle operazioni svolte nei TMB (481.478 tonnellate con codice EER 19.12.12 e 232.003 tonnellate con codice EER 19.05.01).
“I rifiuti in uscita dai TMB (907.669 tonnellate) sono stati conferiti a impianti di chiusura (discariche) del ciclo ubicati presso la Regione Siciliana, 786.177 tonnellate (86,6%); altre regioni, 118.812 tonnellate (13,1%); e Stati esteri, 2.680 tonnellate (0,3%)”, spiega il Piano rifiuti regionale.
Nelle discariche ormai sature sono stati abbancati (oltre ai rifiuti derivanti dalle operazioni svolte sull’indifferenziata presso gli 8 TMB in esercizio in 7 delle nove province – Catania e Messina ne sono sprovvisti), anche rifiuti provenienti da altri impianti per un totale di 356.306 tonnellate. Secondo le direttive Ue, i Paesi membri devono però ridurre del 10% il volume di rifiuti urbani destinato alle discariche entro il 2035.
La Regione Siciliana ha in previsione di aumentare la capacità delle discariche di circa 9,5 milioni di metri cubi, almeno fino alla realizzazione dei termovalorizzatori di Palermo e Catania. In questo piano rientra la disponibilità a realizzare un secondo impianto per rifiuti non pericolosi sempre a Lentini, come da decreto regionale del 24 settembre. Dati che allontanano sensibilmente la Sicilia dalla quota zero cui fa riferimento l’Europa, con cittadini che potranno dunque aspettarsi ulteriori aumenti sulla Tari anche nel corso dei prossimi anni.
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Immagine di repertorio