Prima di intervenire si attende la definizione del nuovo Piano generale del traffico urbano. Da anni gli uffici cercano di produrre uno strumento efficace e giuridicamente inattaccabile
MESSINA – La città continua a cercare un risarcimento per i danni subiti dal passaggio dei tir. Lo fa da anni senza riuscire a trovare uno strumento efficace e giuridicamente inattaccabile.
Ora si attende la definizione del nuovo Piano generale del traffico urbano, in corso di stesura, ma intanto si può soltanto sperare che non si commettano gli errori del passato. Dopo anni di immobilismo, nel 2013 una delibera del Consiglio comunale inserì le Zone a traffico limitato nel Piano urbano del traffico con tariffe del relativo accesso, l’Ecopass. Ma ancora prima, nell’agosto del 2011, venne firmato un protocollo d’intesa tra Comune di Messina e quello di Villa San Giovanni per la gestione del traffico tra Sicilia e Calabria con Ecopass. Il Comune di Messina, con sindaco Giuseppe Buzzanca, si impegnava a riconoscere un corrispettivo pari al 35% delle somme introitate con l’introduzione delle Zone a traffico limitato con accesso soggetto al pagamento di una tariffa (3 euro per gli autocarri e 1 euro per le autovetture). L’accordo aveva natura sperimentale e scadeva a gennaio 2012, malgrado ciò però si è continuato a versare quel 35% anche dopo.
Nella relazione del 2016 il dirigente Mario Pizzino, tra le iniziative da assumere, poneva infatti anche la sospensione dell’erogazione del 35% a Villa San Giovanni e il recupero delle somme indebitamente percepite, circa cinque milioni di euro. Con i soldi dell’Ecopass si doveva intervenire per la messa in sicurezza e manutenzione di viale della Libertà, viale Boccetta, via La Farina e le altre strade penalizzate dal passaggio dei mezzi pesanti. Ma qualche anno dopo ci si accorse che qualcosa non andava: non si sa a cosa siano state destinate le entrate, su cui è difficile anche l’esatta quantificazione rispetto al volume del transito (Palazzo Zanca nel 2015 incassò un milione 524 mila euro). A luglio del 2015, con una delibera che doveva forse fare chiarezza, la Giunta attribuì al Dipartimento Mobilità le competenze sulle entrate da Ticket Ecopass di cui si erano sempre occupati i servizi finanziari. Le somme erano riscosse, attraverso un biglietto unico per non residenti, dalle Società di navigazione, solo nel 2015 furono nominati ufficialmente agenti contabili, che entro 30 giorni dovevano trasmettere al Comune e periodicamente relazionare. Ma il ricorso al Tar di una cooperativa ragusana di trasporto e la conseguente sentenza del Cga del 2017 annullarono la delibera del 2013.
Il sindaco Cateno De Luca ha deciso di riprendere la questione a settembre scorso, sottolineando ancora la necessità per la città di essere “indennizzata” per questa servitù di passaggio che vede continuare a subire. Con la proposta di delibera del 18 settembre 2018 il sindaco ha dato tra l’altro mandato al Dipartimento Mobilità di acquisire tutta la documentazione tecnica e amministrativa necessaria per reintrodurre l’ecopass. “È trascorso un anno da quella delibera di Giunta – ha ricordato il consigliere Pd Libero Gioveni, presidente della Commissione Lavori pubblici – ma a oggi dell’atto non vi è traccia. Eppure il ritorno di questo tesoretto per Palazzo Zanca, quantificato in circa 2 milioni di euro l’anno, si rende necessario per una migliore pianificazione degli interventi straordinari in diverse arterie stradali. Non possono bastare le somme ricavate dalla devoluzione di mutui (con due appalti di manutenzione straordinaria di 700 mila euro ciascuno) o le incognite dei 5 milioni di euro annunciate forse con troppa enfasi dal sindaco nei mesi scorsi in quanto, oltre a rifare il look alle nostre strade, i fondi ecopass devono servire anche per la sicurezza della mobilità urbana”.
“Seppur sia noto il fatto che la nuova delibera sull’ecopass debba risultare giuridicamente inattaccabile – ha concluso – per via dei ricorsi al Tar e al Cga che ne hanno decretato la sospensione, ritengo che i 12 mesi trascorsi siano già un tempo limite oltre il quale non si può più andare per il varo del provvedimento.