Acireale, il pizzo prima di Natale. Le ipotesi investigative

Il pizzo prima di Natale, così la mafia torna a far paura. Le ipotesi investigative su Santapaola e Laudani

Antonino Lo Re

Il pizzo prima di Natale, così la mafia torna a far paura. Le ipotesi investigative su Santapaola e Laudani

Simone Olivelli  |
venerdì 15 Dicembre 2023

Le luminarie, le scacciate, le estorsioni. Ed è così che il Natale si conferma una delle occasioni in cui la criminalità organizzata batte cassa nel modo più antico

Le luminarie, le scacciate, il pizzo. Gli anni passano, le tradizioni restano. Ed è così che il Natale si conferma una delle due, tre occasioni in cui la criminalità organizzata batte cassa nel modo più antico: bottigliette incendiarie davanti agli esercizi commerciali e inviti a cercare l’amico di turno per mettere le cose a posto. Perifrasi delinquenziali conosciute da tutti, a partire dagli investigatori, ma che in provincia di Catania continuano a ripetersi resistendo ai blitz che negli ultimi anni hanno colpito, a macchia di leopardo, un po’ tutti i clan.

All’origine c’è la richiesta di contribuire al sostegno delle famiglie dei detenuti, ma molto più concretamente – in una fase storica in cui altre attività delinquenziali, a partire dal traffico di droga, garantiscono guadagni ben più cospicui – l’obiettivo è quello di marcare il territorio. Di ricordare chi è che comanda. Un’operazione di marketing che, seppure indebolita dalla maggiore propensione alle denunce, continua a dare i suoi frutti.

L’ultimo caso è accaduto ad Acireale, dove nei giorni scorsi – la notizia è stata data da La Sicilia – alcuni commercianti di via Salvatore Vigo hanno denunciato il racket. I fatti hanno inevitabilmente alzato il livello di allarme e, parallelamente, l’attenzione delle forze dell’ordine nel convincimento che il perimetro del fenomeno possa essere ben più vasto.

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Un territorio diviso tra Santapaola e Laudani

Per quanto recenti risultati investigativi abbiano fatto emergere come ad Acireale ci sarebbero attività commerciali infiltrate da cosche tradizionalmente legate più all’area metropolitana di Catania – dai Cappello ai Pillera –, la letteratura giudiziaria dice che ormai da decenni nell’area dell’Acese, compresi i centri di Aci Catena e Aci Sant’Antonio, vige una pax tra la famiglia di Cosa nostra Santapaola-Ercolano e il clan Laudani, conosciuti anche come mussi di ficudinia. Sono questi ultimi due gruppi a gestire in maniera capillare il territorio ed è a loro che, in questi giorni, hanno maggiormente rivolto lo sguardo gli investigatori.

Partendo dalla consapevolezza che la richiesta di pizzo nelle settimane precedenti al Natale – ma lo stesso vale per Pasqua e a volte per Ferragosto – in passato abbia interessato attività dislocate in zone diverse della città, tra gli elementi al vaglio di carabinieri e polizia c’è la questione geografica: via Salvatore Vigo sfocia nella zona della vecchia stazione ferroviaria, punto storicamente ritenuto una delle roccaforti dei Laudani. A sostegno di questa ipotesi c’è poi la vicinanza tra le attività commerciali destinatarie dell’intimidazioni e la residenza di alcuni esponenti dei mussi di ficudinia di peso attualmente in carcere.

Chi è in carcere e chi è libero

Quanto accaduto nei giorni scorsi può essere osservato da due prospettive diverse che, a loro volta, restituiscono differenti ipotesi investigative: guardare a chi è attualmente detenuto o a chi, invece, in questo momento storico è più presente per le strade della città dei cento campanili.

Nel primo caso, il ragionamento muove dalla richiesta che in genere sta a monte delle richieste estorsive: pensare alle famiglie dei detenuti, dare loro la possibilità di passare delle festività serene. In tal senso, le cronache giudiziarie del recente passato dicono che, ad Acireale, a essere stato colpito in maniera più decisa è stato il gruppo dei Santapaola-Ercolano. In primavera è arrivata la sentenza del processo Odissea, che ha portato alla condanna di 14 persone ritenute legate alla famiglia mafiosa. In precedenza, mancavano pochi giorni al Natale del 2021, altri due esponenti dei Santapaola erano stati arrestati proprio per avere chiesto il pizzo ad alcuni commercianti acesi con la motivazione del dover “mandare i panettoni alle famiglie dei carcerati”.

Sul fronte opposto, invece, l’ultimo duro colpo per il clan Laudani risale al 2016, quando il tribunale di Catania dispose il blitz ribattezzato Vicerè. Furono oltre cento le persone arrestate in provincia, molte delle quali poi condannate in via definitiva. Tuttavia, la storia insegna come la capacità rigenerativa delle organizzazioni criminali sia tale da riuscire a rimettere in sesto le gerarchie e superare i momenti più complicati.

A metà tra convivenza e joint-venture

Il rapporto tra Santapaola-Ercolano e Laudani può essere descritto come qualcosa a metà tra una convivenza e una joint-venture. Se l’appartenenza a due diverse frange della criminalità etnea è spesso rivendicata dai membri, è altrettanto vero che da entrambe le parti si ha la consapevolezza di come il perseguimento dei propri fini illeciti sia più facile se non si intralciano quelli altrui. Muoversi peraltro all’interno di una città di 50mila abitanti significa anche avere a che fare o, addirittura, ritrovarsi in famiglia membri dell’altro clan. Un esempio in tal senso è stato ricostruito all’interno dell’inchiesta Odissea, nel passaggio in cui un esponente dei Santapaola, parlando con un sodale, racconta di come il proprio nipote fin da giovanissimo ha avuto a che fare con i Laudani. Una scelta che, a detta dello zio, sarebbe seguita alla volontà di tenerlo lontano dalla criminalità. E dunque, non trovando accoglienza nei Santapaola, avrebbe rivolto lo sguardo ai mussi. “Appena lui si è visto mollato – si legge nell’ordinanza – se n’è sceso alla stazione. Quello (uno dei boss) appena ha visto: diciotto anni, pulito, questo e quell’altro… se l’è tirato”.

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