Confindustria Catania, si dimette Angelo Di Martino

Pizzo pagato per 20 anni, si dimette il presidente di Confindustria Catania Angelo Di Martino

web-gv

Pizzo pagato per 20 anni, si dimette il presidente di Confindustria Catania Angelo Di Martino

Simone Olivelli  |
lunedì 04 Dicembre 2023

"Preservare l'immagine dell'associazione” dice Angelo Di Martino che presenta le dimissioni da presidente di Confindustria Catania

“Preservare l’immagine dell’associazione ed evitare qualsiasi ulteriore speculazione”. Sono queste le motivazioni con cui, questa mattina, Angelo Di Martino ha presentato le dimissioni dal ruolo di presidente di Confindustria Catania. La decisione è arrivata 48 ore dopo la diffusione dei dettagli dell’inchiesta antimafia Doppio petto, da cui è emerso che l’impresa di trasporti di famiglia per vent’anni ha pagato il pizzo alla criminalità organizzata. “Il Consiglio di presidenza di Confindustria Catania si è riunito questa mattina nella sua interezza, con procedura di urgenza, per valutare il contenuto delle notizie apparse sulla stampa riguardanti il presidente Angelo Di Martino. Nel corso della riunione il presidente, dopo avere espresso la propria estraneità ai fatti, così come riportati sulla stampa, riservandosi di agire per le vie legali, ha deciso, sentito il Consiglio di presidenza, di rimettere il mandato e di rassegnare quindi le proprie dimissioni”, si legge in una nota diffusa dall’associazione degli industriali etnei.

Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI

Le reazioni della politica

La notizia del taglieggiamento dell’impresa Di Martino, che ha in Angelo e nel fratello Filippo i volti storici, non aveva suscitato particolari reazioni nella politica. Nessun comunicato ufficiale da parte dei partiti: un fatto, di per sé, particolare considerato lo status di vittime da parte dei noti imprenditori etnei. A pesare, inevitabilmente, sono state le considerazioni legate al ruolo assunto dalla scorsa primavera da parte di Angelo Di Martino, con gli oneri che ne conseguono in termini di immagine e non solo. E la conseguente domanda se sia o meno compatibile con il ruolo di leader degli industriali la mancata denuncia delle pressioni estorsive da parte della mafia.

Nelle scorse ore il Quotidiano di Sicilia ha provato a sollecitare reazioni da parte delle parti politiche. Tanti i telefoni suonati a vuoto, altrettante le richieste di approfondimento della vicenda prima di rilasciare dichiarazioni ufficiali. E se il cinquestelle Nuccio Di Paola, vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana, si era detto di auspicare le dimissioni di Di Martino, Totò Cuffaro ne ha fatto una questione di coscienza e dunque un fatto strettamente personale: “Sono scelte che appartengono alla persona – ha commentato Cuffaro al QdS quando ancora la notizia delle dimissioni non era stata resa nota – Ho problemi a giudicare me stesso, figurarsi gli altri. Quello che posso dire è che, tanti anni fa, circa trent’anni fa, è capitato ai miei familiari, titolari di una ditta di trasporto, di ricevere certe pressioni sono state sempre denunciate”. Cuffaro, tiene a specificare di non avere alcuna voglia di dare giudizi: “Ognuno sceglie come comportarsi”.

Più ferma la posizione di Maria Grazia Leone, segretaria provinciale del Pd: “Non è facile decifrare le ragioni per cui un imprenditore paga: a volte è costretto, ricattato, spaventato, altre volte è complice, correo – si legge in una nota –. Trattandosi, però, di una persona con un profilo come è quello di chi riveste nientemeno che la presidenza di Confindustria, un ruolo di rappresentanza in una città importante e a rischio come Catania, chiaro è che avremmo voluto sentire un’altra storia”. Per Leone, la vicenda Di Martino suscita una riflessione: “Di tanta antimafia fatta di pose e parole la Sicilia è stanca. Abbiamo bisogno di tornare alla nettezza delle decisioni, soprattutto da parte di chi ha strumenti, forza e autonomia per fare scelte diverse – continua la segretaria dem – L’aspetto più importante in questa vicenda resta uno: si deve fare tutto quanto possibile per non vanificare mai la lotta per la legalità, per dare coraggio, forza e speranza a tutti gli imprenditori e i commercianti minacciati dalla criminalità organizzata. Nessuno deve sentirsi solo, schiacciato fra eroismo e rassegnata resa, tutti insieme – conclude – dobbiamo realizzare le condizioni affinché non capiti mai più”.

Le associazioni antimafia

Chi invece sin dal primo momento non ha avuto dubbi su quale fosse la scelta da fare sono state le associazioni antimafia più attive sul territorio etneo. Enzo Guarnera, avvocato penalista e presidente dell’associazione Antimafia e Legalità, aveva definito “una vergogna” l’eventualità di una permanenza di Di Martino alla guida di Confindustria affermando anche una revoca dell’onorificenza di commendatore al merito della Repubblica Italiana, conferitagli nel 2019. Giudizio altrettanto pesante è arrivato da Asaec, l’associazione antiestorsione Libero Grassi, che proprio ieri ha fatto il punto sull’accaduto in occasione di un incontro con i propri soci. “Il punto non sono le dimissioni, perché sono un atto dovuto – è il commento fatto dal presidente Nicola Grassi, prima dell’ufficialità del passo indietro di Di Martino – il punto è come un imprenditore che da vent’anni paga il pizzo sia potuto diventare presidente di un’associazione di categoria così rappresentativa e che abbia goduto di un vasto consenso certificato fino a pochi giorni prima della notizia così come si evince dalla pagina social della stessa Confindustria Catania”.

L’inchiesta Doppio petto

La scoperta del pagamento del pizzo da parte della società Di Martino è stata fatta dalla polizia tra il 2020 e il 2021, mentre la Direzione distrettuale antimafia di Catania stava indagando sul gruppo criminale che faceva riferimento al boss Nuccio Ieni, legato al clan Pillera-Puntina. Il figlio di Ieni, Dario, è stato intercettato mentre discuteva con lo zio Giovanni Ruggeri delle estorsioni imposte agli imprenditori catanesi. Proprio Ruggeri, a dicembre 2021, è stato arrestato in flagranza di reato poco dopo essere uscito dallo stabilimento dei Di Martino, nella zona industriale di Catania. In seguito a quell’episodio, gli investigatori hanno ascoltato i due fratelli imprenditori. Filippo ha fissato ai primi anni Duemila l’inizio delle richieste estorsive da parte del clan. Una richiesta arrivata per sostenere le famiglie dei carcerati. Angelo Di Martino, invece, ha spiegato così la decisione del fratello: “Le persone a cui corrisponde l’estorsione sono mafiosi e pertanto ha insistito di pagare per evitare ritorsioni e lavorare tranquilli”.

“Contrario a illegalità”

L’assessore regionale alle Attività produttive, Edy Tamajo, sulla vicenda. “Sono contrario ad ogni tipo di illegalità, criminalità ed estorsione che avviene nelle imprese non solo in Sicilia. Quello che sta succedendo a Catania è purtroppo l’ennesima pagina di cui i siciliani per bene provano rabbia, sdegno e tanta amarezza”.

Tag:

Articoli correlati

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017