Alta velocità Sicilia: le differenze con l'Europa e resto d'Italia

La favola dell’alta velocità in Sicilia: ecco le differenze con l’Europa e il resto d’Italia

redazione

La favola dell’alta velocità in Sicilia: ecco le differenze con l’Europa e il resto d’Italia

Vittorio Sangiorgi  |
giovedì 23 Marzo 2023

Toni trionfalistici per un’infrastruttura che nascerà già vecchia. Pa-Ct in due ore, Mi-Bo stessa distanza in un’ora. Un disegno politico per lasciare l’Isola arretrata...

Sta arrivando la “rivoluzione” ma non ce ne siamo accorti. È questa la sensazione che abbiamo avuto leggendo le trionfali dichiarazioni di politici e rappresentanti istituzionali vari in seguito al via libera, da parte della Banca europea per gli investimenti (Bei), del finanziamento per ultimare l’ammodernamento della linea ferroviaria Catania – Palermo, intervenendo su un’area di 178 km, e riducendo i tempi di percorrenza. Lo stanziamento – frutto di un accordo tra l’istituto di credito, il ministero per le Infrastrutture e i trasporti e Ferrovie dello Stato, ammonta in totale a 3,4 miliardi.

Sebbene l’impegno di Rfi, ovviamente, sia meritorio, il problema sta nelle scelte politiche, che penalizzano volutamente il Sud e la Sicilia. “A pensar male si fa peccato però, quasi sempre ci si indovina” e quindi ci permettiamo di pensar male e di dire che certe scelte sono fatte scientemente per impedire il vero sviluppo di quella parte di Paese che sta a Sud di Roma, per mantenerla in uno stato di arretratezza socio-economica. D’altra parte il finanziamento per la falsa alta velocità, è evidente, non cambierà lo stato delle cose. Eppure, lo dicevamo, la politica tutta – da destra a sinistra – esulta entusiasta.

Il ministro Matteo Salvini ha affermato: “Un’altra opera strategica per collegare la Sicilia con il resto d’Italia e l’Europa insieme al Ponte sullo Stretto […]. Investire, accelerare, costruire: avanti tutta con il cantiere Italia”. Altrettanto trionfalistici i commenti dell’assessore regionale ai trasporti Alessandro Aricò: “Per la mobilità nell’Isola si tratta di un intervento strategico che consentirà di avere una rete ferroviaria più moderna, rispetto a quella attuale realizzata alla fine dell’Ottocento, come nelle altre regioni italiane. Un nuovo tracciato che consentirà ai treni di viaggiare anche a duecento chilometri orari, raddoppiando l’attuale velocità”. Sulla stessa linea il vicepresidente Luca Sammartino, che ha parlato di “svolta epocale per la mobilità della Sicilia” ed ha poi aggiunto: “Grazie a questo accordo finalmente le due principali città siciliane potranno essere unite da una linea ferroviaria efficiente e veloce, iniziando a colmare quel gap infrastrutturale che pesa come un macigno nelle prospettive di sviluppo della Sicilia”.

A chiudere il cerchio di questo entusiasmo bipartisan è Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’economia: “Questo progetto è di enorme importanza per l’isola: fornirà ai siciliani trasporti più veloci ed ecologici tra i due principali centri urbani, stimolando lo sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro”.

Un trionfalismo che è, però, ingiustificato come si può intuire facendo semplicemente qualche calcolo. Il tanto decantato intervento, infatti, porterà a due ore i tempi di percorrenza tra Catania e Palermo, distanti poco più di 200 km. Una distanza simile separa Milano e Bologna, che sono però collegate in un’ora. Altro esempio calzante quello riguardante il viaggio tra Roma Termini e Napoli Afragola, 216 km coperti in 56 minuti. Ancora la Miliano-Roma che copre una distanza di ben 500 km si percorre in appena tre ore. Insomma, la tanto decantata alta velocità tra le due principali città siciliane è, dunque, una falsa alta velocità.

Una “rivoluzione” che parte con il freno a mano tirato. Certo, l’opera consentirà di ammodernare una rete vetusta e inadeguata, ma non ridurrà come sarebbe necessario quel gap infrastrutturale di cui tante volte abbiamo parlato. Questo intervento, probabilmente, sarebbe stato importante e decisivo come traspare dalle dichiarazioni della politica se fosse arrivato quindici o venti anni fa. Insomma, usando una metafora, è un po’ come esultare perché si sostituisce il telegrafo con un telefono fisso nell’era della comunicazione digitale. Verrebbe da dire “tutto cambia affinché nulla cambi”, ma anche senza ricorrere a citazioni di gattopardiana memoria, non si può non evidenziare lo scarso o nullo impatto di questa falsa rivoluzione sulla vita dei cittadini.

La Catania-Palermo è o dovrebbe essere, proprio come la già citata Roma–Napoli, una linea per pendolari. Sono infatti numerosi gli utenti che giornalmente si spostano tra le due città o tra quelle che stanno all’interno dei circa 200 km che le separano. Ma come può un pendolare imbarcarsi in un viaggio che ad oggi richiede tre ore e tra qualche anno – se non ci saranno ulteriori ritardi ed inconvenienti – durerà soltanto sessanta minuti in meno? Senza contare poi quei disagi che, ahinoi, sono all’ordine del giorno e che riguardano, ritardi e cancellazioni di questa o quella corsa. La Sicilia ed il Meridione hanno, evidentemente, bisogno di altro. Servono interventi radicali che risolvano una volta per tutte e nel più breve tempo possibile le ataviche deficienze delle infrastrutture, specie quelle ferroviarie.

Il Quotidiano di Sicilia ha affrontato il tema più volte, puntando i riflettori su dati inequivocabili. In Lombardia, ad esempio, i km di binario doppio sono 859, in Sicilia solo 223 e in Calabria appena 279. Ancor più significative le percentuali della rete a binario singolo rispetto al totale: se Lombardia ed Emilia-Romagna hanno valori del 50,6% e del 52,1%, in Calabria e Sicilia si attestano – rispettivamente – al 69% e 85%. Non va meglio per ciò che concerne la percentuale di km non elettrificati. In Trentino ammonta al 26,5%, in Veneto al 27,4%, mentre in Sardegna corrisponde al 100% della rete e in Sicilia e Calabria sta poco sotto il 50%. Senza dimenticare poi un altro elemento numerico di assoluto rilievo, quello cioè del numero di convogli disponibili e della loro efficienza che si riflette nel numero di corse giornaliere: 386 nella sola provincia autonoma di Bolzano, 784 in Veneto, 2.150 in Lombardia.

Tutt’atra storia nelle regioni meridionali: in Abruzzo se ne fanno solo 207, in Calabria 345 e in Sicilia 506. Non è dunque una sorpresa che, come evidenziato dal Rapporto Pendolaria 2023 di Legambiente, ci siano diverse tratte meridionali nella poco invidiabile classifica delle peggiori linee italiane: dalle ex circumvesuviane alla Catania – Caltagirone – Gela, passando per la Bari – Bitritto. Appare evidente, quindi, la necessità di investimenti risolutivi e coerenti, che contemplino tutte le aree infrastrutturali.

Lo “scatto in avanti” per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina è lodevole ma – senza cadere nel benaltrismo da “questo o quello” – non bisogna dimenticare che questa importantissima infrastruttura avrà senso e sarà davvero importante solo se inserita in un meccanismo virtuoso, in un efficace e moderno sistema di trasporti intermodale. Porti, strade e ferrovie collegati e “in relazione” secondo i più significativi modelli europei e intercontinentali. Altrimenti il tanto agognato Ponte, ammesso che questa sia davvero la volta buona, rischia di essere soltanto una Cattedrale nel deserto.

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