Ambulanti, in Sicilia è crisi profonda - QdS

Ambulanti, in Sicilia è crisi profonda

Michele Giuliano

Ambulanti, in Sicilia è crisi profonda

giovedì 01 Febbraio 2024

Confimprese su dati Mimit: nel 2015 sfioravano quota 22mila, adesso guerra sulle concessioni. Spariscono i commercianti dei mercatini, nell’Isola oggi sono poco meno di 18 mila

PALERMO – I mercatini rionali, quelli in cui la gente, una volta settimana, si incontrava e comprava il necessario, vivendo un momento che era sia di spesa ma anche di incontro sociale, stanno sparendo.
Sono sempre meno gli ambulanti che rendono vive le piazze in giro per la Sicilia.

Lo scorso anno in Sicilia quasi 18mila ambulanti

Secondo i dati tratti dall’Osservatorio del commercio del ministero delle Imprese e del made in Italy elaborati da Confimprese, nel 2006, anno della prima legge sulle liberalizzazioni in Italia, le aziende ambulanti in Sicilia erano 18.934. Il picco del numero di aziende è stato raggiunto nel 2015 sfiorando le quasi 22 mila unità (21.941). A marzo dello scorso anno, come riferito da Unioncamere, le aziende ambulanti in attività erano appena 17.701, 4.200 in meno del valore massimo registrato.

Un settore economico che ha sempre rappresentato una risorsa, oltre che una tradizione, sul territorio regionale, che non riesce più a trovare uno spazio congruo nelle nuove abitudini di acquisto dei consumatori. Lo dimostrano i dati nazionali che si muovono sulla stessa falsariga di quelli siciliani. Infatti, dopo avere raggiunto un picco nel 2016, con 195.583 autorizzazioni rilasciate sull’intero territorio nazionale, al 31 marzo 2023 sono 160.145, oltre 35 mila unità in meno, di cui 19.056 nell’ultimo triennio.
Una condizione che va in netto contrasto con quanto espresso dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha richiamato il governo e il parlamento in riferimento alla legge in materia di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche, che “oltre a disciplinare le modalità di rilascio delle nuove concessioni, introduce l’ennesima proroga automatica delle concessioni in essere, per un periodo estremamente lungo, in modo che appare incompatibile con i principi più volte ribaditi dalla Corte di Giustizia, dalla Corte costituzionale, dalla giurisprudenza amministrativa e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di apertura al mercato dei servizi”.

C’è il rischio che scoppi una vera e propria guerra per le licenze

Per Confimprese, invece, c’è il rischio che scoppi una vera e propria guerra per le licenze in una categoria già molto vessata dalla crisi economica, quando la continua riduzione dei numeri degli esercenti dimostra come, al contrario, bisogna trovare stimoli e spazi per aiutare chiunque voglia, con entusiasmo e passione, intraprendere tale attività lavorativa.

“Appare pacifico – afferma il vicepresidente vicario di Confimprese Italia, Giovanni Felice – che vanno individuate modalità di rinnovo che tengano conto delle indicazioni della Comunità Europea, ma che non diventino elemento per generare confusione e per favorire possibili elementi speculativi. Il rischio che palesiamo – insiste Giovanni Felice – non riguarda l’esigenza di nuovi accessi nei mercati, ma una bagarre interna per l’ottenimento di posteggi presumibilmente più redditizi, che magari sono tali solo per le capacità di chi oggi li gestisce. Non bisogna scordare che molti Comuni non procedono alla pubblicazione degli avvisi per l’assegnazione dei posteggi resisi vacanti, creando i presupposti per una diminuzione del servizio che offrono i mercati, generando un danno economico per gli operatori che in esso operano”.

La proposta di Confimprese prevede che intanto si proceda ad assegnare i posti vacanti. Quindi, in relazione alle richieste pervenute ai Comuni, si andranno ad individuare i criteri ed i tempi medi di rinnovo, che nel caso dei mercati settimanali, non possono essere inferiori all’ammortamento del costo dei beni necessari all’attività, quali ad esempio il mezzo di trasporto o l’autonegozio. Ritornare al periodo previsto dalla precedente normativa, un periodo di 9 anni, secondo Confimprese, potrebbe essere una scelta da valutare, fatta salva la necessità di individuare tra i requisiti prioritari per il rinnovo un livello di professionalità tale da garantire la salvaguardia del sistema mercato.

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