Anniversario Borsellino, Mattarella, "da lui la via del coraggio" - QdS

Anniversario Borsellino, Mattarella, “da lui la via del coraggio”

redazione web

Anniversario Borsellino, Mattarella, “da lui la via del coraggio”

lunedì 20 Luglio 2020

Per il Capo dello Stato insegnò la fedeltà autentica ai valori della Repubblica. I discorsi dei presidenti di Camera e Senato, del Governatore Musumeci, dei Ministri, in particolare siciliani, nel ventottesimo anniversario della Strage

“La limpida figura del giudice Borsellino – che affermava, che chi muore per la legalità, la giustizia, la liberazione dal giogo della criminalità, non muore invano – continuerà a indicare ai magistrati, ai cittadini, ai giovani la via del coraggio, dell’intransigenza morale, della fedeltà autentica ai valori della Repubblica”.

Lo ha sottolineato ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una dichiarazione diffusa in occasione del ventottesimo anniversario della strage di via D’Amelio, a Palermo: il 19 luglio del 1992 una terribile esplosione uccise il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

“Desidero ricordarli – ha detto Mattarella, fratello di una vittima della mafia, il presidente della Regione Siciliana Piersanti -, rinnovando vicinanza e partecipazione al lutto inestinguibile delle loro famiglie. A distanza di tanti anni non si attenuano il dolore, lo sdegno e l’angoscia per quell’efferato attentato contro un magistrato simbolo dell’impegno contro la mafia, che condivise con l’amico inseparabile Giovanni Falcone ideali, obiettivi e metodi investigativi di grande successo”.

“Borsellino – ha detto il Capo dello Stato rappresentava, con la sua personalità e i suoi comportamenti, tutto ciò che la mafia e i suoi accoliti detestano e temono di più: coraggio, determinazione, incorruttibilità, senso dello Stato, conoscenza dei fenomeni criminali, competenza professionale. Accrescevano la sua fama di magistrato esemplare la semplicità e la capacità di fare squadra, lontano da personalismi e desideri di protagonismo. Vi si aggiungeva la ferma volontà di andare avanti, di non arrendersi anche di fronte a rischi, ad attacchi, a incomprensioni e ostilità”.

“Sono particolarmente vicino – ha concluso Mattarella – ai figli di Paolo Borsellino in questa triste ricorrenza. Come sperimentano quotidianamente, nulla può colmare una perdita così grave”.

Casellati, cambiò per sempre storia Italia

La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha definito Borsellino “un magistrato martire della fede nella giustizia che ha cambiato per sempre la storia della Sicilia e dell’Italia”.

“I valori per cui Borsellino si è battuto fino all’estremo sacrificio – ha aggiunto – oggi più che mai ci ricordano che lottare contro le mafie significa difendere la nostra società. Dopo l’emergenza sanitaria i clan sono pronti a fare da banca per aziende in crisi e da ufficio di collocamento per chi perde il lavoro. Un rischio che lo Stato non può e non deve permettere”.

Fico, esempio Stato forte, unito e onesto

“Paolo Borsellino – ha detto il presidente della Camera Roberto Fico – ci ha lasciato l’idea dell’impegno, di quanto è importante far valere le ragioni dei più deboli, di quanto è importante che ci sia uno Stato forte, unito, onesto che possa sconfiggere l’illegalità e la mafia nel nostro Paese. Borsellino è l’esempio di chi non si arrende mai, anche a costo della propria vita. Un esempio straordinario che è scolpito nei cuori e sulla pelle di tutti gli italiani”.

Musumeci, pianta sana da alimentare con la verità

“Dopo 28 anni da quel maledetto 19 luglio, un velo di mistero copre ancora l’identità di mandanti ed esecutori della strage tra negligenze o connivenze, di uomini e apparati che avrebbero dovuto difendere un uomo-simbolo della lotta alla mafia”.

L’ha affermato il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, aggiungendo che Borsellino “è stato e rimarrà un esempio di integrità morale, capacità professionale e dedizione allo Stato”.

“La sua figura e il suo modus operandi – ha concluso – hanno lasciato una traccia, un seme, dal quale è nata una nuova coscienza e anche un rinnovato vigore nella lotta alla criminalità e al malaffare. Una pianta sana e robusta che oggi va alimentata con la verità sulle connivenze e le complicità”.

Lamorgese, la legalità si costruisce insieme

Per la ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, “si rinnova il dolore per il sacrificio di quei servitori dello Stato che, consapevoli del grave rischio cui erano esposti, fino all’ultimo, con coraggio, umanità e altissimo senso del dovere, onorarono la loro missione a tutela della legalità e contro la criminalità mafiosa”.

Dopo un pensiero ai familiari delle vittime, la Ministro ha sottolineato che “il sacrificio del procuratore Borsellino ha contribuito a innalzare il livello di consapevolezza delle Istituzioni sulla necessità di dotarsi di nuovi e più incisivi strumenti per la lotta alla criminalità organizzata. Ma le mafie hanno una grande capacità di adattamento e sanno insinuarsi negli spazi aperti dalle ricorrenti crisi economiche.

Per tale motivo, ha detto Lamorgese “lo Stato non deve mai abbassare la guardia e per costruire un argine efficace contro le mafie e le organizzazioni criminali, serve la collaborazione fattiva dell’intera società civile. La cultura e la pratica della legalità si costruisce ogni giorno e tutti insieme”.

Bonafede,serve guerra alla mafia,difendere 41 bis

Un tema ripreso dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

“È una vera e propria guerra – ha detto – , che non deve conoscere pause nella consapevolezza che la mafia si è evoluta e ci pone di fronte a sfide sempre nuove: dalla lotta alla corruzione al voto di scambio politico mafioso; dalla necessaria legge sull’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, anche a difesa del 41 bis, alla ricerca della verità sulle stragi e dei responsabili non ancora individuati. Una guerra da portare avanti tutti insieme compatti: politici, magistrati, avvocati, giornalisti, docenti e, in generale, tutti i cittadini, ogni giorno, ciascuno nel proprio ruolo, con le istituzioni in prima linea”.

Provenzano, ricercare pezzo mancante di verità

Per il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano “la lotta contro la mafia è una lotta per lo sviluppo, per la libertà, per la giustizia e anche per la verità. Quel pezzo di verità che manca va ricercato”.

“I magistrati di Caltanissetta – ha detto Provenzano, che è nisseno – indagano e nuove carte vengono desecretate. Questo è un compito delle istituzioni: contribuire alla ricerca di quel pezzo che di verità che manca”.

“Le Istituzioni – ha detto Provenzano in via D’Amelio – devono concentrarsi sull’oggi, su una crisi in cui, come sempre, le mafie cercano di conquistare nuovi spazi. Ma abbiamo anche un’opportunità: anche loro hanno subito la crisi e lo Stato ha il dovere di provare a cogliere l’occasione di questo momento per stroncare la criminalità organizzata, per bonificare le paludi dell’illegalità, per provare a uscire da questa crisi con un modello di sviluppo che si coniughi con i diritti, con la giustizia sociale, con la legalità costituzionale”.

Azzolina, scuola in prima linea difesa memoria

“La scuola italiana – ha sottolineato la ministro dell’Istruzione, la siracusana Lucia Azzolina – è in prima linea nella difesa del valore della memoria che nella lotta alle mafie ha un ruolo fondamentale e ha dedicato questo fine settimana alla celebrazione dei servitori dello Stato che hanno dato la vita compiendo con coraggio il loro dovere”.

“Le celebrazioni – ha scritto su Facebook – sono organizzate dal ministero dell’Istruzione, dal Centro Studi Paolo e Rita Borsellino, dal Comune di Palermo, dalla Libera Università degli studi di Enna, dall’Associazione Nati per leggere – Sicilia. Il sacrificio di Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli uomini e donne delle loro scorte ha segnato l’inizio di una fase di nuova consapevolezza e intransigenza, soprattutto tra i giovani. Un cambiamento di cui la scuola è custode e garante. Dove c’è la scuola, c’è un presidio di legalità e c’è lo Stato e siamo al fianco dei docenti e di tutti i lavoratori del mondo dell’istruzione. Una missione che ho avuto modo di rinnovare, personalmente, nei miei recenti viaggi in Sicilia e Calabria, fornendo come Ministero risorse alle scuole che hanno subito atti vandalici e furti, ed avviando percorsi educativi volti a diffondere la cultura dell’antimafia”.

Catalfo, il ricordo guida nostra lotta alle mafie

“‘Chi ha paura muore ogni giorno. Chi non ha paura muore una volta sola’” ha scritto la ministro del Lavoro, la catanese Nunzia Catalfo, su Twitter ricordando la Strage di via D’Amelio in cui furono uccisi il Giudice e la scorta.

“E ogni giorno – ha aggiunto la Ministro -, il loro ricordo immortale continua a guidare la nostra lotta alle mafie. Senza paura”.

Morra, memoria interiore fa avere coscienza doveri

“Ci sono diversi modi di far memoria – ha detto in via D’Amelio il presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra – e uno dei più diffusi certamente è quello di subirla, in quanto convenzione, uso collettivo cui sottrarsi è difficile, perché ‘così fanno tutti’. È il modo peggiore di ricordare”.

“Poi – ha aggiunto – c’è la memoria che ti accompagna in tutti i momenti del tuo vivere, totalizzante, che irrigidisce nel ricordo, impedendo di riconoscere e accettare il fluire della vita. Infine c’è la memoria non ostentata, interiore, silente. È quella che rende presente, in altro modo, ciò che fisicamente è distante. Per me questa è la memoria che fa vivere avendo coscienza dei propri doveri”.

Don Ciotti, la memoria manipolata non è accettabile

Di memoria ha parlato don Luigi Ciotti, affermando che è “troppo facile una memoria solo commemorativa, generativa di verità e giustizia. Sì, perché il nostro è un Paese che nega il diritto alla verità, un Paese con una memoria dimezzata o d’occasione. Una memoria che non fa luce su tante pagine oscure della nostra Storia: omicidi e stragi, giochi e accordi di potere, appropriazioni di beni comuni, interazioni fra lecito e illecito, complicità tra politica e crimine organizzato”.

“Ma una memoria dimezzata o manipolata – ha concluso il presidente di Libera – non è accettabile per chi crede nella democrazia, cioè nella divisione dei poteri e nella condivisione della responsabilità. Non è compatibile la democrazia con le zone d’ombra, con gli abusi di potere, con i silenzi e le verità manipolate. Le mafie e il loro consolidato, antico potere vengono da lì. Vengono da una politica fiacca e complice, da una coscienza civica fatta di parole, da un’antimafia discontinua o al massimo stagionale”.

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