Antonio De Matteo, da "Mare fuori" ai progetti futuri - QdS

Antonio De Matteo, da “Mare Fuori” a “Stranizza d’amuri”: l’intervista

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Antonio De Matteo, da “Mare Fuori” a “Stranizza d’amuri”: l’intervista

Sandy Sciuto  |
giovedì 30 Marzo 2023

I progetti futuri, i sogni, i ruoli interpretati e la rappresentazione della Sicilia: "a tu per tu" con Antonio De Matteo.

Antonio De Matteo è in treno verso Roma quando lo contatto per l’intervista. Sono giorni pieni e importanti per l’attore casertano. Archiviata la terza stagione di “Mare Fuori nella quale veste i panni dell’agente penitenziario Lino, De Matteo è in due film presenti nelle sale dei cinema italiani.

Si tratta di “Piano piano”, opera prima di Nicola Prosatore e Antonia Truppo, nel quale interpreta il Mariuolo, e di “Stranizza d’amuri”, diretto da Giuseppe Fiorello dove, invece, De Matteo è Alfredo, il padre di Nino.

De Matteo incarna il paradigma dell’attore completo. Il suo percorso comincia dal Centro Sperimentale di Cinematografia. Dapprima fa teatro, poi nel 2002 esordisce al cinema con “Il sostituto”. In seguito, entra nel cast di “Buongiorno, notte” di Bellocchio, “Malerba” e “La guerra a Cuba”. Presente anche in molte serie tv come “Don Matteo”, “Che Dio ci aiuti”, “Un posto al sole”, “I Medici” e “I Bastardi di Pizzofalcone”.

L’intervista ad Antonio De Matteo, l’esperienza a “Mare Fuori”

Quanto le è piaciuto interpretare l’agente penitenziario Lino in “Mare Fuori”?

“È stata una nuova vita per me, quindi mi è piaciuto moltissimo. È stato molto divertente perché i personaggi apparentemente negativi sono molto interessanti. Sono quelli che ti danno più possibilità di giocare a questo gioco della recitazione”.

Non si è ben compreso se Lino sia un buono o un cattivo.

“È un essere umano con i suoi lati oscuri come tutti e che in questo caso sono un po’ più prominenti e immediati, ma ha anche un cuore grande e tante cose da aggiustare nel proprio passato”.

Cosa ha rappresentato per la Sua carriera Mare Fuori?

“Sicuramente un’enorme visibilità. Piano piano si cominciano a vedere dei frutti, anche di lavoro in più”.

La riconoscono di più e arrivano anche più progetti?

“No, non è necessariamente per quello. I progetti adesso incominciano a essere più interessanti per i ruoli che propongono perché hanno capito che ho una vastità espressiva molto diversa da quella che immaginavano”.

È stato reso noto che a maggio inizieranno le riprese della quarta stagione. Ha già letto il copione? Può svelarci qualcosa?

“Non ho letto ancora i copioni perché sono al varo del regista quindi non sappiamo esattamente cosa accadrà ai nostri amici personaggi.

Gli altri progetti

È al cinema con due progetti cinematografici entrambi opere prime. Mi riferisco a “Piano piano” e “Stranizza d’amuri”. Antonio De Matteo è un attore che si mette in gioco e scommette molto?

“Sì, assolutamente! Soprattutto sulle opere prime, indipendentemente se sono persone che questo mestiere lo fanno da tempo oppure che per la prima volta si approcciano al cinema”.

Cosa le ha fatto dire sì per entrambi?

“I ruoli e le persone che hanno sviluppato i progetti. Nicola Prosatore e Antonia Truppo hanno scritto insieme ‘Piano piano’ e ci hanno lavorato tanto. Hanno costruito un soggetto incredibile con un’esigenza di racconto che era talmente forte che ha coinvolto tutti quanti. Inizialmente il mio personaggio è un po’ negativo, invece ha un mondo molto più ampio”.

“Invece, per ‘Stranizza d’amuri’, Beppe Fiorello mi ha regalato un personaggio molto vicino a lui e alla sua terra che rappresenta. È un film necessario e l’ho capito dal primo momento del giorno in cui ci ho messo l’occhio e ho letto di Alfredo, di questi due ragazzi e me ne sono innamorato. È stato difficile, molto più difficile perché essendo un padre ci sono delle cose veramente toste da dover affrontare come essere umano, ma è necessario per il racconto non giudicare questo personaggio anzi abbracciarlo, amarlo e aiutarlo nella sua umanità e al servizio della storia fargli fare quello che fa”.

Parliamo di “Piano Piano”, di Nicola Prosatore e Antonia Truppo. Veste i panni de il Mariuolo. Su cosa ha lavorato per entrare nei suoi panni?

“Con i ricordi di quegli anni attraverso i miei genitori e i parenti visivamente molto presenti in me e poi mi sono affidato a Nicola. Ho lavorato anche su un aspetto più fisico perché è un uomo rinchiuso in uno spazio. Questa chiusura diventa molto fisica. Anche il rapporto con gli altri attori mi ha aiutato”.

Nel film la protagonista è Anna, una ragazzina che guarda la vita degli altri nascosta scoprendo così i segreti dell’età adulta. Secondo Lei, quando si diventa grandi?

“(ndr. ride) Bellissima domanda! Io credo che non si diventi mai adulti, ma che si cresca passo passo a ogni ostacolo e ad ogni obiettivo che si raggiunge e si riesce a superare”.

Antonio De Matteo in “Stranizza d’Amuri”

In “Stranizza d’amuri”, invece, interpreta Alfredo, il padre di Nino. Condividendo il poster del film su Instagram ha scritto che è stato un film che le ha cambiato la vita. Perché?

“Come le dicevo, ho dovuto fare i conti con una figura e un momento storico di estrema ignoranza e oscurità per i diritti e per il rispetto delle diversità. Ho dovuto guardare con gli occhi di chi si fa portavoce di questa ignoranza purtroppo. In quegli anni era anche un’imposizione culturale in qualche modo. Però, anche per onestà di racconto, ho dovuto non giudicare per aderire il più possibile con il personaggio”.

Ha un’idea del perché di fronte a ciò che non si comprende come l’amore tra i due ragazzi protagonisti del film si risponde con la violenza?

“La risposta è più che altro la paura dell’ignoto, del non sapere, dell’arroganza e dell’ignoranza. Secondo me c’è un’arroganza che non è sempre detto che avvenga. Per fortuna, ci sono persone che davanti alla propria ignoranza stanno un passo indietro e cercano di assumere maggiori informazioni e di studiare questa diversità. Purtroppo, era molto diffusa all’epoca e anche giustificata una reazione violenta. La questione è che quando il branco/la comunità giustifica l’azione di uno, naturalmente si propaga e diventa una consuetudine. Quando, invece, il branco/la comunità più ampia condanna, l’azione di uno diventa isolata. È questo poi il tentativo che stiamo facendo, sempre ognuno con le proprie possibilità”.

Cosa ha in comune come padre con Alfredo?

“La base comune è l’amore e l’orgoglio per il proprio figlio. Io sono proprio orgoglioso e innamorato tanto quanto lo era il padre di Nino che poi reagisce in una maniera impulsiva, anche dettata da quello che la società gli ha imposto, e che lui ha assimilato come giusta risposta a questa ignoranza. La differenza sostanziale è che io sono orgoglioso di mio figlio, di quello che sta facendo, di come sta crescendo, della persona che diventerà, del fatto che mi sorride e che risponde in maniera divertente e simpatica, ma non ho aspettative di nessun genere. Alfredo, invece, qualche aspettativa se l’è creata ossia che il figlio facesse il suo lavoro”.

Entrambi i film hanno una cosa in comune: sono ambientati nel Sud Italia. Secondo Lei, il sud Italia ha più storie da raccontare o c’è qualche altro motivo?

“Il sud ha una necessità di racconto che è come una grande valanga. C’è una tale eterogeneità che ognuno trova il modo per raccontare. Forse è per questo che ci sono più storie in questo momento. C’è una capacità di portare a termine i propri progetti forse più forte. Non lo so, azzardo.
La produzione al sud è sempre stata molto prolifica. Oggi ancora di più perché c’è una grande professionalità che si sta sempre più espandendo; quindi, si sta investendo molto di più”.

Nonostante il sud abbia anche una proliferazione di racconti, c’è ancora l’idea di un sud non al passo coi tempi. Perché non trova un suo riscatto?

“C’è un pensiero estremamente conservatore, nel senso non solo tradizionalista, ma di conservare la propria posizione, il proprio potere senza voler vedere al futuro o rischiare. Questo è il problema: il sud ha paura di rischiare un po’ di più. Ha la capacità e la maestria nella sopravvivenza, ma nel rischio è più complicato perché ci sono tante di quelle variabili che intercorrono quali la criminalità che si mette in mezzo e toglie tutto, anche la voglia di rischiare, una burocrazia molto complicata, complessa e snervante e una presenza ingombrante come quella della mafia in Sicilia, della camorra in Campania e della ‘ndrangheta in Calabria che si sono trasformate, ma esistono ancora”.

Le aspirazioni e i progetti futuri di Antonio De Matteo

Sente di avercela fatta rispetto ai suoi sogni?

“No! Questa cosa non accadrà mai. Questo è il bello. Non ce l’ho fatta, ma sto facendo un percorso. È più interessante il percorso che l’idea di realizzarlo e arrivare alla fine cioè di avercela fatta. È più interessante quello che accade nel mentre”.

Ho scoperto che è anche fotografo. Cosa la attira della fotografia?

“(ndr. ride) È una cosa che mi porto da sempre. Sono un amante. Mio padre mi ha regalato una Minolta analogica quando avevo 16 anni. Mi piacciono molto le persone e le storie. Sono un amante dei reportage e poi sono passato anche ai ritratti dei miei colleghi”.

Programmi futuri?

“Sarò prossimamente ne ‘Il Patriarca’. Speriamo la quarta stagione di ‘Mare Fuori’. Credo di esserci. Ci sono altri progetti di cui non posso parlare”.

Foto di Sabrina Cirillo

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