Aurora Miriam Scala: “Racconto le donne che lottano senza finti femminismi” - QdS

Aurora Miriam Scala: “Racconto le donne che lottano senza finti femminismi”

Patrizia Penna

Aurora Miriam Scala: “Racconto le donne che lottano senza finti femminismi”

venerdì 17 Febbraio 2023

Miriam Scala, attrice e regista siciliana, si racconta al QdS

PALERMO – Dopo numerosi riconoscimenti ottenuti nel corso del 2022 nella versione di “corto teatrale”, lo spettacolo “Itria” di Aurora Miriam Scala (Produzione Compagnia Bottega del Pane e con il sostegno della Società Dante Alighieri – Cantone Svitto), è stato selezionato per partecipare al prestigioso Bando di Produzione e Residenza della Fondazione Claudia Lombardi per il Teatro di Lugano.
La giovane e talentuosa attrice e regista siciliana è volata in Svizzera dove resterà per una settimana.
Il Quotidiano di Sicilia l’ha intervistata.

Come nasce il progetto Itria?

“Il progetto nasce con la pubblicazione del volume ‘Nell’anima della scena’, curato da Vicky Di Quattro e Fulvia Toscano, dedicato alla giovane drammaturgia siciliana under 40 e patrocinato dall’Assessorato alle Politiche Culturali della Regione Siciliana.
Ho partecipato a questo progetto editoriale, che vedeva nove piccoli teatri siciliani abbinati ad altrettanti giovani drammaturghi e drammaturghe. Sono stata scelta per rappresentare il Teatro di Avola e ho raccontato questa storia che risale al 1968 e che mi è stata tramandata da mio nonno Pippo e da mio padre. Questa vicenda di lotta sindacale è finita in tragedia, con il ferimento di diversi braccianti e, purtroppo, anche la morte di due loro. Una delle vittime è Giuseppe Scibilia, che è il marito di Itria, la protagonista del mio lavoro teatrale e, attraverso gli occhi di questa donna racconto l’eccidio di Avola. Ho sentito l’esigenza di mettere in scena questa storia, perché è significativa per l’Italia tutta, visto che ha portato alla nascita dello Statuto dei lavoratori”.

Cosa si aspetta dall’esperienza che a breve la porterà in Svizzera?

“Grazie all’opportunità che mi ha dato la Fondazione Claudia Lombardi per il Teatro di Lugano posso creare una ‘bolla’, dentro la quale potermi totalmente dedicare ad Itria: al miglioramento del testo, alla messa in scena e allo sviluppo del personaggio. Sarà una totale immersione, che mi consentirà di dare completezza a questo spettacolo”.

Qual è la rappresentazione delle donne nelle sue opere? Quale racconto fa dell’universo femminile?

“Amo raccontare le donne che hanno lottato, anche nell’ombra. Mi piace raccontare quelle figure sconosciute ai più, non donne celebri. Oppure donne che sono state importanti, ma che oggi sono dimenticate. Ad esempio, nel corso di un progetto sulla Liberazione italiana svolto con il patrocinio dell’Anpi di Zagarolo, ho raccontato ai più giovani alcune figure di donne partigiane. Attraverso le mie ricerche ho parlato, non solo di Tina Anselmi, ma anche di Maria Occhipinti, una partigiana del ragusano che all’epoca è stata una figura di riferimento. Racconto l’universo femminile sotto varie sfaccettature: dalla donna più riservata a quella più volitiva e rabbiosa. Un universo femminile che lotta e si batte senza finti femminismi, ma con la voglia di affermare serenamente la propria identità. è importante raccontare, specialmente ai ragazzi e alle ragazze, ciò che è stato perché il passato piomba sempre violentemente sul presente, facendoci fare delle domande su a che punto siamo arrivati, giusto per non tradire la memoria delle nostre nonne”.

Il dibattito sulle pari opportunità gira spesso a vuoto: tante parole pochi fatti. Qual è la sua idea in proposito?

“Bisogna partire dall’educazione delle nuove generazioni alla parità, parlandone quanto più possibile, attraverso una comunità educante che si muove unita: scuola, teatro e politica che supporta la cultura. Se l’unica soluzione è quella di scrivere leggi che impongono il numero di donne in determinati ambiti, allora significa che ancora siamo molto indietro. Anche nel teatro viviamo questo tipo di discriminazione, dove il numero di regie di donne è veramente troppo basso”.

Pensa che bastino le quote rosa o le ingenti risorse messe a disposizione dal Pnrr per colmare un gap che è prevalentemente culturale?

“Non sono sufficienti. Non è una quota rosa o un determinato budget del Pnrr a fare la differenza. La differenza la fa la cultura, creando degli strumenti che mutino questo pensiero così profondamente radicato. Lo vedo anche nei dibattiti con gli studenti subito dopo i miei spettacoli: le ragazze troppo spesso dicono che sono intimidite dalla società che non sempre dà alle donne la possibilità di sentirsi veramente emancipate e realizzate. La povertà educativa è anche questa. Ogni scuola dovrebbe avere la possibilità di trattare queste tematiche con attività culturali, per formare individui che nella società non avranno bisogno di quote rose, ma avranno strumenti spontanei per fare crescere questa parità di cui parliamo”.

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