Il tema dell'Autonomia differenziata sta creando non poche frizioni tra Governo centrale e le Regioni. I motivi della distanza e cosa potrebbe cambiare per la Sicilia.
Per alcuni è la riforma che rischia di accentuare la spaccatura tra Nord e Sud, per altri rappresenta invece un’opportunità di sviluppo. La riforma dell’Autonomia differenziata promossa dal ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, spaventa e fa gola allo stesso tempo, e si ritaglia uno spazio di primo piano diventando un tema di acceso dibattito politico tra Governo nazionale e Regioni. Ma di cosa parla la norma voluta dall’esponente della Lega e cosa potrebbe cambiare per la Sicilia?
La modifica dell’Autonomia differenziata va a toccare la riforma costituzionale del 2001 che assegna 23 materie alla competenza concorrente tra Stato e Regioni. Tra i punti cruciali – e particolarmente contestati dai governatori delle Regioni e dalle opposizioni – figurano le funzioni di Ambiente, Salute e Scuola.
Autonomia differenziata, il “nodo” LEP
All’articolo 3 della riforma Calderoli – che è costituita da 10 articoli in totale – si legge che “i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e i relativi costi e fabbisogni standard sono determinati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri”.
In parole povere, sono i Livelli Essenziali delle Prestazioni (cosiddetti LEP) che dovranno essere determinati dal Governo e non dal Parlamento. Le Aule di Camera e Senato, quindi, potranno soltanto esprimere un parere su quanto deciso da Palazzo Chigi.
Autonomia differenziata, come saranno stabilite le risorse
Una Commissione paritetica “Stato-Regione” provvederà poi a decidere sulle “risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l’esercizio da parte delle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”.
La commissione sarà composta da “un rappresentante del ministro per le Autonomie, un rappresentante del ministro delle Finanze, un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni competenti”, insieme ai corrispondenti esponenti delle Regioni.
L’intesa tra lo Stato e la Regione avrà una durata iniziale “non superiore ai 10 anni”. Alla scadenza dell’accordo, può essere stabilito un rinnovo per altri 10 anni “salvo una diversa volontà dello Stato o della Regione”. Tale volontà deve essere però resa nota “almeno sei mesi prima della scadenza”.
Autonomia differenziata, misura penalizzante per la Sicilia?
Come detto, il testo della riforma – che ha già subito diverse modifiche rispetto alla bozza iniziale presentata mesi fa – scontenta i governatori delle Regioni. Sono entusiasti quelli delle Regioni del Nord Italia a trazione Centrodestra, mentre sono diversi i presidenti regionali del Sud Italia (in particolare Campania e Puglia) che hanno espresso insoddisfazione.
L’eccezione, nel Meridione, è rappresentata dalla Sicilia che, in occasione dell’ultima Conferenza delle Regioni, ha votato favorevolmente al disegno di legge di Calderoli, provocando le ire degli esponenti isolani di Movimento 5 Stelle e Partito Democratico che si sono scagliati contro il governatore della Regione Siciliana, Renato Schifani.
Secondo le accuse, infatti, il “sì” all’Autonomia differenziata sarebbe estremamente penalizzante per il Meridione e, in particolare, per quelle Regioni come la Sicilia che scontano un gap non indifferente con le altre aree del Paese, specialmente in tema di Sanità.