Lo ha dichiarato la presidente della commissione Finanze della Camera dei Deputati. “Riforma epocale ma viola diritti cittadinanza, mancano dati chiari e condivisi”
ROMA – “Il punto essenziale riguardo alla questione delle Autonomie regionali, è che quando si vuole parlare di una riforma epocale come questa, bisogna partire da dati chiari e condivisi, che allo stato attuale mancano”.
Lo ha dichiarato la presidente M5s della commissione Finanze della Camera Carla Ruocco, in occasione del convegno “Il Sistema di istruzione nazionale – Tra Costituzione e Regionalizzazione”.
“In questo momento – ha sottolineato – i Livelli Essenziali di Prestazione (Lep) non sono definiti e non riescono ad esserlo.
Questo però non significa che i cittadini debbano pagare per questo: infatti ho preannunciato che ci sarà un’indagine conoscitiva da parte della Commissione Finanze di cui sono Presidente. L’obiettivo è semplice: scoprire quali sono stati gli effetti del federalismo fiscale. Posso affermare senza indugio che c’è stata una palese violazione dei diritti di cittadinanza: ad oggi i trasferimenti da parte dello Stato sono basati sui cosiddetti “costi storici”, cioè su quanto gli enti riceventi hanno speso fino all’anno precedente. Questo presta il fianco ad una gravissima ingiustizia sociale: se sei nato in un comune povero, sconterai la povertà del tuo comune fin da bambino”.
“L’esempio emblematico – ha proseguito Ruocco – è Casoria (Na) che ha trasferimenti per asili nido pari a zero. Mentre Reggio Emilia, riceve ogni anno diversi milioni di euro in trasferimenti statali per agli asili nido. Dunque se un bambino nasce a Reggio Emilia riceve e riceverà sempre più di un bambino che nasce a Casoria. Questa premessa non è accettabile e non potrà mai esserlo in un Paese come il nostro”.
“Quindi – ha concluso – prima di procedere ad una riforma così radicale, l’indagine che la mia Commissione farà, servirà a capire gli effetti che il federalismo fiscale già da alcuni anni ha causato alle regioni del Sud. Da una prima analisi, emerge che al Centro-Nord che rappresenta il 65,7% della popolazione nazionale, la spesa pubblica destinata sarebbe pari al 71,7%; la spesa pubblica destinata al Sud, che ha una popolazione pari al 34,3%, è invece pari solo al 28,3%. Tale gap è stato quantificato con un valore di 61,5 miliardi all’anno che il Sud dovrebbe ricevere e che non riceve. Appare dunque chiaro che con queste premesse e senza prima avere dati certi, non è possibile procedere ad una riforma così estrema che interesserebbe il nostro Paese”.