Dopo 11 anni arriva la sentenza definitiva per l'ennesima morte bianca
Dopo oltre dieci anni dalla tragica “morte bianca” dell’operaio edile Angelo Benenati, si è concluso solo ora con una sentenza di condanna a 4 anni di reclusione, il processo di primo grado nei confronti di un datore di lavoro di Barcellona Pozzo di Gotto.
L’imputato di omicidio colposo per il tragico infortunio sul lavoro, avvenuto nel settembre 2013 ha subito una sentenza di condanna di primo grado emessa nella tarda serata di mercoledì scorso dal giudice monocratico Noemi Genovese, che ha riconosciuto colpevole l’imprenditore edile Ottavio Giuseppe Miano, 49 anni, del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Imprenditore condannato a Barcellona, 40 testimonianze per ricostruire i fatti
L’uomo è stato così condannato per la morte di Benenati che era stato impiegato “in nero”. Il titolare del cantiere edile aveva sempre negato l’esistenza di qualsiasi rapporto di lavoro con l’operaio deceduto, anche attraverso la complicità di altri dipendenti, per i quali pende separato procedimento penale per le ipotesi di reato di false informazioni al Pm; ed è questa la ragione per cui nel processo si è resa necessaria l’audizione di almeno 40 testimoni per la ricostruzione dei fatti.
In particolare, si è reso necessario ricorrere a due consulenti tecnici, l’ingegnere Mangano e l’ispettore del lavoro Imbrigiotta, i quali hanno accertato che Benenati è precipitato da oltre 4 metri, sbattendo violentemente il capo ed il torace su un muro perimetrale, e successivamente al suolo, e ciò mentre lavorava all’ampliamento di un balcone su una porzione abusiva dell’immobile senza che la ditta gli avesse fornito cinture o imbragature, caschetti protettivi, opere provvisionali o altra precauzione atta ad eliminare il pericolo di caduta durante il “lavoro in quota”, così come previsto dal testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Imprenditore condannato a Barcellona, l’impresa negava la collaborazione
Per ricostruire poi il rapporto di lavoro sommerso con quell’impresa che invece lo negava, oltre alle testimonianze dei residenti nei pressi della struttura, è stata necessaria l’acquisizione dei tabulati telefonici per provare le numerose chiamate effettuate dall’imputato al Benenati, nonché l’analisi ingegneristica del rapporto tra interventi edilizi da realizzarsi e manodopera dichiarata dall’impresa, che risultava inadeguata rispetto allo stato dei lavori al momento della morte.
Imprenditore condannato a Barcellona, la famiglia si costituisce parte civile
I familiari della vittima (la moglie e tre figli) si sono costituiti parti civili con gli avvocati Fabio Marchetta e Pinuccio Calabrò, che hanno chiesto ed ottenuto, unitamente alla condanna del responsabile, anche il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno da morte del congiunto, da liquidarsi in sede civile, e una provvisionale immediatamente esecutiva pari a 120mila euro, come ha disposto il Tribunale. In precedenza, a una pena di soli 4 mesi, era stata condannata un’anziana di 84 anni, proprietaria dell’immobile e committente dei lavori edili, riconosciuta colpevole di diverse violazioni della normativa sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
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