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Boccassini, l’ultima volta con Falcone e quel presagio di morte

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Boccassini, l’ultima volta con Falcone e quel presagio di morte

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venerdì 08 Ottobre 2021

Ancora anticipazioni dell'ex procuratore aggiunto di Milano nel suo libro 'La stanza numero 30' per il suo rapporto con il giudice ucciso dalla mafia nel 1992

Il 13 maggio del 1992 Ilda Boccassini era in auto con Giovanni Falcone. “Avevo scorto tra i capelli di Giovanni una specie di minuscolo verme bianco. Avrei voluto toglierlo, ma la mano si era bloccata: percepivo una strana sensazione di morte che mi turbava profondamente”, scrive l’ex procuratore aggiunto di Milano nel suo libro ‘La stanza numero 30’ (Feltrinelli editore).

“Non avevo detto nulla – racconta la magistrata antimafia – ma avevo continuato a fissargli i capelli, tanto che Giovanni mi aveva chiesto cosa avessi. ‘Nulla’ avevo risposto, stringendogli più forte la mano. Questione di attimi, ma ho vissuto quella suggestione come un inequivoco presagio di morte”.

Solo molti mesi dopo, prosegue, ” sarei venuta a sapere dai verbali del mafioso Gioacchino La Barbera – uno degli esecutori della strage – che proprio quel 13 maggio erano terminate le operazioni per imbottire di tritolo il condotto sotto l’autostrada all’altezza di Capaci. Quel giorno, quindi, stringevo angosciata la mano di un uomo già condannato a morte”. Il viaggio dei due in auto proseguì fino all’aeroporto di Linate.

“Nel salutarlo – si legge nel libro – una volta scesi dall’auto, lo avevo stretto nuovamente a me, pregandolo di non mollare, di continuare a combattere come aveva sempre fatto. Lui non aveva risposto nulla, si era limitato a ricambiare l’abbraccio per poi avviarsi alla scaletta. Saliti pochi gradini, si era girato per salutarmi con lo sguardo triste ed era scomparso dentro il piccolo aereo.

Non avrei voluto e non so perché lo feci, ma in quel momento piansi. In tutti questi anni non ho mai dimenticato quella giornata, quel tragitto in auto, quel suo ultimo sguardo. Se non ci fossimo visti quel giorno, forse non avrei ribaltato la mia vita, com’è invece accaduto. Ma quegli occhi pieni di tristezza posati su di me non mi hanno lasciato alternative. Ed è così che sono arrivata a decidere di indagare sulla sua morte, a inseguire per mesi i suoi carnefici”. Il 23 maggio Boccassini rivide Falcone cadavere, in obitorio dopo l’attentato di Capaci.

“Il suo corpo – scrive – era stato coperto con un lenzuolo. Mi avvicinai. Purtroppo in quel momento c’erano anche tre colleghi palermitani. Uno di loro venne verso di me, ma lo respinsi con un gesto rabbioso: sapevo che tutti e tre quei colleghi avevano ostacolato Giovanni, vivevo la loro presenza in quella stanza come un insulto alla sua memoria. Non li salutai né loro salutarono me. Del resto, tutto il mio essere sprigionava disprezzo nei loro confronti”.

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