Caldo record e verde flop, alla Sicilia “africana” servono milioni di alberi - QdS

Caldo record e verde flop, alla Sicilia “africana” servono milioni di alberi

redazione

Caldo record e verde flop, alla Sicilia “africana” servono milioni di alberi

mercoledì 26 Luglio 2023

L’afa accentuata dalle “isole di calore”: una cappa di cemento ed emissioni che soffoca le città

PALERMO – Una morsa di caldo asfissiante che non lascia tregua nemmeno durante la notte. Qualcuno ancora in questi giorni si interroga se le temperature registrate in Sicilia, con picchi intorno a 48 gradi, siano il segno di un cambiamento climatico indotto dall’uomo. Non hanno dubbi in proposito gli scienziati autori di uno studio che ritiene “praticamente impossibile” l’attuale innalzamento globale delle temperature senza la combustione di combustibili fossili e l’immissione di gas serra nell’atmosfera. Il risultato è che nell’Europa meridionale si è registrata un’ondata di caldo di 2,5 gradi centigradi in più e che in futuro si rischia uno scenario ancora peggiore se non viene attuato un taglio drastico alle emissioni. Anche perché, avverte lo studio, quasi tutte le società sono impreparate ad affrontare queste ondate di calore estremo che “non sono più rare” e necessitano quindi un adattamento.

“Il calore è tra le cause più letali di disastri’’, avverte Julie Arrighi del Red Cross Red Crescent Climate Center e una delle autrice dello studio. Per affrontare l’aumento della temperatura, suggerisce, è necessario che i Paesi costruiscano case resistenti al calore, “centri freddi” in cui le persone possano trovare riparo e devono individuare delle modalità per rinfrescare le città, cominciando a piantare più alberi.

È ormai accertato, infatti, come le città devastate dal cemento registrino temperature più alte rispetto ai centri rurali. Si tratta del fenomeno noto come “isola di calore urbana”. Secondo un recente studio a cui hanno collaborato i ricercatori dell’Istituto per bioeconomia del Cnr-Ibe di Firenze e dell’Ispra – “l’intensità dell’isola di calore urbana superficiale aumenta soprattutto all’aumentare dell’estensione delle aree con bassa densità di copertura arborea nel nucleo metropolitano, oppure intensificando la copertura artificiale dovuta a edifici e infrastrutture”. E questo perché gli alberi rinfrescano gli ambienti in cui si trovano grazie sia all’ombreggiatura che creano sia alla traspirazione e fotosintesi del fogliame diventando dei grandi condizionatori naturali: un’area verde urbana di 1500 metri quadrati raffredda in media 1,5 gradi e propaga i suoi positivi effetti a decine di metri di distanza.

“Le isole di calore più intense sono state osservate nelle città dell’entroterra e di maggiori dimensioni – prosegue la ricerca di Cnr e Ispra -: a Torino, un aumento del 10% nel nucleo centrale di aree con elevato consumo di suolo e bassa copertura arborea è associato a un aumento dell’intensità dell’isola di calore media estiva di 4 °C. In generale quanto più grandi e compatte sono le città, tanto maggiore è l’intensità del fenomeno isola di calore. Quest’ultimo, invece, è risultato spesso meno intenso e poco evidente nelle città costiere a causa soprattutto dell’effetto mitigante del mare”.

Il cemento, dunque, non sottrae soltanto porzioni di territorio, ma comporta tutta una serie di danni collaterali all’ambiente: dal mancato stoccaggio e sequestro del carbonio alla perdita di qualità negli habitat, dalla regolazione del microclima fino alla rimozione dei veleni dell’aria, come particolato e ozono.

Nonostante tali evidenze, la cementificazione nell’Isola non si è mai arrestata, tanto che negli ultimi anni la percentuale di territorio “impermeabilizzato” è cresciuta. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra, in Italia vengono cementificati 2 metri quadrati al secondo, 19 ettari al giorno nel 2021, il valore più alto degli ultimi dieci anni. Un assalto al territorio che viene da lontano e che ha portato a ricoprire artificialmente oltre 21.500 km2 di suolo, di cui 5.400 occupati da edifici, come se ogni centimetro della Liguria ospitasse solo fabbricati. Tra le regioni più colpite c’è la Sicilia. Tra il 2020 e il 2021 il cemento ha ricoperto altri 487 ettari, in crescita rispetto ai 414 del 2019-2020. E oggi l’Isola è al quarto posto per cementificazione in valore assoluto, pari a oltre 167 mila ettari.

È cresciuto il cemento, ma non altrettanto la quota di verde che nelle città italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, resta veramente modesta. Gli ultimi dati, relativi al 2021, li ha rilasciati l’Istat qualche giorno fa, nell’ambito del rapporto “Ambiente urbano”. Nei comuni capoluogo, dove vive il 30% della popolazione italiana, il verde urbano rappresenta in media solo il 2,9% del territorio (572 km2 ), pari a 32,5 m2 per abitante. Le aree naturali protette (comprese quelle della Rete Natura 2000) sono invece pari al 16,7% (oltre 3.268 km2),

E c’è da dire, come sottolinea l’Istat, che “non tutte le aree verdi sono aperte alla fruizione diretta dei cittadini: la proporzione di quelle accessibili è di 19,5 m2 per abitante. Il rapporto è significativamente più alto nelle città del Nord (mediamente 30,1 nel Nord-est e 20,1 nel Nord-ovest, mentre scende a 18,9 al Centro e a 11,9 nel Mezzogiorno)”. Tra i capoluoghi metropolitani spiccano Venezia e Torino (40,5 e 22,5 m2 per abitante), mentre agli ultimi posti si trovano Genova al Nord e Messina nel Mezzogiorno, con meno di 6 m2 per abitante.

Quello però che aiuterebbe a far respirare meglio le nostre città sono i progetti di forestazione urbana e periurbana per i quali sono previsti ingenti investimenti dal Pnrr. Parliamo di 330 milioni di euro destinati alla “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”, investimento legato alla realizzazione dei due obiettivi europei relativi alla piantumazione di 1.650.000 alberi entro il 31 dicembre 2022 e di altri 6.600.000 entro la fine del 2024.

Secondo quanto dichiarato dal Ministero dell’Ambiente, il primo obiettivo sarebbe stato superato con la piantumazione di “oltre due milioni di unità e specie, tra piante e semi, destinate a 11 città metropolitane che hanno progettato interventi di forestazione sul territorio”.

In base agli ultimi dati Istat, tra il 2011 e il 2021, sono stati realizzati interventi di forestazione urbana in 55 capoluoghi (erano 30 nel 2011), estesi per 12,7 milioni di m2, corrispondenti a 34 m2 per ettaro di superficie urbanizzata. Tali aree sono particolarmente diffuse nei capoluoghi del Nord, che presentano valori molto superiori a quelli delle altre ripartizioni: 77 m2 per ettaro nel Nord-est e 40 m2 nel Nord-ovest, 20 m2 nel Centro, 8 m2 al Sud e 6 nelle Isole. Nelle tavole dell’Istat, l’unico comune capoluogo di provincia della Sicilia presente è Siracusa con 54 m2 di forestazione urbana per ettaro. Gli altri: non pervenuti.

Intervista ad Antonello Fiore, presidente della Società italiana di geologia ambientale (Sigea)

“Le ondate di calore si possono contenere aumentando le aree verdi”

Antonello Fiore

Sulle gravi ondate di calore che stanno investendo da giorni la Sicilia e in generale soprattutto il Sud Italia, abbiamo intervistato Antonello Fiore, presidente della Società italiana di geologia ambientale (Sigea).

Presidente, il caldo sembra non lasciare tregua ai siciliani. Cosa possono fare le città per contenere gli effetti del cambiamento climatico che ormai è in atto?
“La lotta al cambiamento climatico si compone di due parti. La prima necessita di azioni messe in atto a livello globale: la mitigazione. La seconda necessita di azioni messe in atto a livello locale: l’adattamento. Per la mitigazione tutti gli Stati della Terra devono fare la loro parte, nessuno escluso, riducendo progressivamente l’utilizzo di fonti fossili fino alla completa sostituzione con fonti di energia alternativa. Oltre alle fonti fossili si dovrebbero ridurre tutti i gas climalteranti come quelli prodotti dagli allevamenti intensivi. L’adattamento agli effetti del cambiamenti climatico è qualcosa che riguarda le singole città con le loro caratteristiche climatologiche e morfologiche, quindi non esiste un piano di adattamento uguale e utile per tutte le città. A livello centrale il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico è in forte ritardo, quindi sarebbe utile che le città inizino a pensare a un loro piano di adattamento al cambiamento climatico. Oggi fa caldo, ma il prossimo inverno ci potrebbe essere forti nevicate e gelate”.

A causa del cosiddetto fenomeno delle isole di calore la temperatura in città è sempre più alta. Ritieni sia sufficiente una legge contro il consumo di suolo?
“Il contrasto alle ondate di calore in ambito urbano si possono contenere aumentando le aree verdi che insieme a interventi per ridurre le aree impermeabili possono moderare le acque che causano gli allagamenti urbani. Per contenere gli allagamenti urbani è necessario anche arrestare il consumo che dagli ultimi dati Ispra disponibili, in ambito nazionale, è di 2.2 mq/sec, significa consumare una superficie grande quanto un campo da calcio all’ora, tutte le ore del giorno, tutti i giorni dell’anno.E’ necessario avviare una riqualificazione dei tanti edifici abbandonati”.

Avremo estati sempre più calde, c’è il rischio che la Sicilia per diversi mesi diventi inabitabile?
“Non credo che la vostra bella isola diventi inabitabile. Dovremo essere bravi ad avviare in anticipo i processi di adattamento per le persone, per le aziende, per l’agricoltura e gli allevamenti. La crisi climatica alternerà stagioni calde e siccitose e stagioni fredde e piovose. Le città costiere saranno sempre più soggette a mareggiate e le sempre più frequenti raffiche di vento devono far pensare a piani che non mettano a rischio la vita delle persone, penso ai ponteggi dei cantieri e agli alberi a rischio schianto. Sono tanti gli aspetti che dovranno essere presi in considerazione. Una delle cose più importanti è trasferire alla popolazione comportamenti che non mettano a rischio la loro salute e il loro benessere ed essere certi che tutti gli accorgimenti studiati per loro siano stati fatti propri”.

Chiara Borzì

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