Abusi sui minori, il Garibaldi punta a diventare un hub per la prevenzione e la diagnosi precoce - QdS

Abusi sui minori, il Garibaldi punta a diventare un hub per la prevenzione e la diagnosi precoce

Ivana Zimbone

Abusi sui minori, il Garibaldi punta a diventare un hub per la prevenzione e la diagnosi precoce

Ivana Zimbone  |
sabato 16 Marzo 2024

Nel presidio di Nesima due giornate di formazione per il personale medico e sanitario. Il direttore del Dipartimento materno infantile, Giuseppe Ettore: “Occorre fare rete e creare un percorso”

CATANIA – “Gli abusi sui minori sono invisibili solo a chi non li vuole vedere”. Questo lo slogan della campagna di sensibilizzazione promossa dall’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica, la Società italiana di pediatria e la fondazione Terre des Hommes. Al Garibaldi-Nesima due giornate di formazione per il personale medico e sanitario del Dipartimento materno infantile, pediatri di libera scelta, assistenti sociali, psicologi e ortopedici, con l’obiettivo di contrastare direttamente sul campo la violenza sui minori.

Verso un hub ospedaliero al Garibaldi-Nesima

“Il Garibaldi vuole diventare il centro di riferimento per la prevenzione e la diagnosi precoce degli abusi sui minori, in linea con altri cinque ospedali del Nord – ha spiegato Giuseppe Ettore, direttore del Dipartimento materno infantile dell’Arnas Garibaldi –. Per far questo occorre fare rete, far sì che i pediatri di libera scelta, i centri sociali, la polizia postale, le istituzioni, gli inquirenti e i vari assessorati affrontino insieme il tema, non soltanto quando accadono i noti fatti di cronaca”.

Di fronte alla diversificazione degli abusi sui minori, che oggi trovano anche nel web e nelle nuove tecnologie terreno fertile, l’urgenza di un ambulatorio dedicato che possa con maggiore attenzione identificare i casi sospetti: “Bisogna affinare la sensibilità per fare diagnosi precoce – ha aggiunto -. Gli ambienti ospedalieri, che seguono un alto volume di attività e complessità, non sono gli ambienti migliori per fermarsi e osservare certi meccanismi. Dobbiamo creare un percorso che attualmente non esiste, individuando nuovi protocolli”.

I paramedici “risorsa” e la svolta dell’epigenetica

“I bambini non possono difendersi e abbiamo tutti il dovere etico e morale di fare da sentinelle per proteggerli dalla violenza. Ma se non conosciamo il nostro nemico, non possiamo contrastarlo – ha spiegato Enrico Parano, pediatra, neurologo pediatra, primo ricercatore del Cnr/Irib e responsabile della sede di Catania –. Dobbiamo conoscerlo, capirlo e poi prevenirlo. E non penso soltanto alla diagnosi e alla prevenzione secondaria, ma anche a concrete azioni di prevenzione primaria, di sensibilizzazione sul tema”.

Quali sono i campanelli d’allarme dei maltrattamenti sui minori? “Dalle lesioni che riproducono la forma dell’oggetto utilizzato, ai morsi, alle ferite da taglio e alle bruciature di sigaretta – ha fatto sapere al Quotidiano di Sicilia –. Dalle fratture, soprattutto costali e vertebrali, alla perdita d’urina dopo l’acquisizione del controllo degli sfinteri, fino ai disturbi neuro-psico-comportamentali, che si esprimono con parole e/o comportamenti aggressivi, improvvisi, inspiegabili. Poiché i segni della violenza, fisica e non, sono talvolta sfumati e poco chiari, occorre che le persone siano educate a riconoscerli”.

I danni degli abusi sui bambini sono indelebili. “Le neuroscienze e le ricerche sulle alterazioni epigenetiche suggeriscono che i minori maltrattati subiscano modifiche nell’espressione del Dna, che vengano esposti all’insorgenza di malattie gravi nel corso della loro vita, che mostrino maggiori opportunità di diventare violenti, a loro volta, da adulti – ha sottolineato –. Mancare una diagnosi, inoltre, significa esporre il bambino in questione e i suoi fratelli alla reiterazione dell’abuso”.

Grazie all’epigenetica e alle analisi sulle metilazioni del Dna delle vittime, attraverso sangue e saliva, si potrebbe oggi addirittura risalire al tipo di abuso subìto in età infantile, con risvolti decisivi anche in ambito forense. Accanto ai più piccoli, sottoposti alla violenza di aggressori di età adulta, esistono poi gli adolescenti vittime della violenza dei loro coetanei. “Le denunce provenienti dalla scuola sono ancora molto poche. Manca l’istituzionalizzazione della formazione degli insegnanti di cui il ministero deve farsi carico, aumentando pure l’attenzione nei confronti dell’educazione civica e della socializzazione, promuovendo il rispetto dell’altro, dell’autorità e delle cose”, ha concluso.

Come denunciare

Un bambino su due nel mondo subisce violenza e sono oltre 40 mila quelli che muoiono ogni anno per gli abusi subiti – ha fatto sapere Vito Pavone, direttore della Clinica ortopedica di Catania –. I maltrattamenti non sono soltanto fisici: questi ultimi rappresentano, infatti, soltanto il 7% dei casi totali. La forma più comune è invece la patologia delle cure, che si manifesta con l’ipercuria, la discuria o l’incuria nei confronti del bambino; in crescita costante, poi, la violenza assistita dei minori che vivono la violenza esercitata sul proprio caregiver. Il luogo più pericoloso per i più piccoli si conferma essere la famiglia, ambiente in cui avviene circa il 90% dei maltrattamenti”. Come organizzare, dunque, il lavoro di un ambulatorio davvero efficace e quale iter seguire per approfondire i casi sospetti in Sicilia? “L’idea è quella di creare dei punti di pronto soccorso pediatrico nei vari nosocomi dell’Isola, possibilmente in rete, per verificare gli accessi dei bambini ai diversi ospedali – ha suggerito –. Per salvare le vittime, una volta ipotizzata la presenza problematica, bisogna subito informare gli assistenti sociali e l’autorità giudiziaria, affinché si intervenga direttamente sull’ambiente in cui si verifica”.

In Italia, secondo la raccolta dati di Terre des Hommes aggiornata al 2018, 45 bambini ogni 1000 sono presi in carico dai servizi sociali, per un totale di 401.766 soggetti. Di questi, sono oltre 77 mila i casi di maltrattamenti accertati. Quasi la metà delle vittime porta con sé un bagaglio di maltrattamento multiplo. Le segnalazioni arrivano per lo più dall’autorità giudiziaria, in minima parte dalla scuola e della famiglia; davvero irrisorio, invece, il numero delle segnalazioni proveniente dal personale sanitario. Per questo la fondazione, nata oltre 60 anni fa grazie al giornalista Edmond Kaiser, si impegna ogni giorno non soltanto nell’elaborazione di dossier e nelle campagne di sensibilizzazione, ma anche nella promozione di alleanze nel settore della sanità.

Shaken baby syndrome

Una delle alleanze più feconde di Terre des Hommes è quella che coinvolge gli ospedali sparsi tra Genova, Torino, Firenze, Padova, Napoli, Milano, Bari, al fine di individuare in modo sempre più puntuale i casi di shaken baby syndrome, ovvero della sindrome del bambino scosso. “Si tratta di una forma diversa di maltrattamento, meno conosciuta ma molto frequente, che riguarda i neonati – ha spiegato Federica Giannotta, responsabile dei programmi di Terre des Hommes Italia –. I piccoli, scossi magari durante le crisi di pianto dal loro caregiver, vanno incontro a fratture, disturbi respiratori e, in alcuni casi, persino alla morte. Nella maggior parte dei casi, purtroppo, la shaken baby syndrome non viene diagnosticata o viene diagnosticata tardivamente, quando i suoi danni sono irreversibili, anche perché i sintomi associati sono tanti e diversi tra loro, seppure talvolta si presentino in modo combinato”.

Il 7 aprile prossimo, Giornata della salute mondiale, sarà dedicato proprio alla sindrome del bambino scosso. Oltre 30 città si stanno organizzando per sensibilizzare l’opinione pubblica con degli info points. La fondazione, inoltre, è attualmente impegnata nella diffusione di spot, podcast e video tutorial sull’argomento. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito web nonscuoterlo.it.

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