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Catania, ambulanza della morte, chiesti 30 anni per Agatino Scalisi

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Catania, ambulanza della morte, chiesti 30 anni per Agatino Scalisi

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giovedì 30 Settembre 2021

Rito abbreviato per il secondo barelliere, collega di Davide Garofalo già condannato all'aergastolo. La sentenza è prevista per il prossimo 14 ottobre

Il pm Andrea Bonomo ha chiesto la condanna a 30 anni di reclusione, per omicidio, di Agatino Scalisi, uno dei barellieri imputati nell’ambito dell’inchiesta ‘Ambulanza delle morte’ della Procura di Catania. Il processo si celebra col rito abbreviato davanti al Gup Carla Valenti.

Alla richiesta dell’accusa si sono associate le parti civili, compresi il Comune di Biancavilla e l’Asp di Catania, mentre il difensore dell’imputato, l’avvocato Antonino Tomaselli, a conclusione dell’arringa, ha chiesto “l’assoluzione per manifesta innocenza” del suo assistito, al quale è contestato un omicidio.

La sentenza è prevista per il prossimo 14 ottobre, data in cui, dopo eventuali repliche, il Gup si ritirerà in camera di consiglio.

Col rito ordinario, che paradossalmente col Covid ha avuto un iter più veloce dell’abbreviato, il 20 maggio scorso la prima Corte d’assise di Catania ha condannato all’ergastolo Davide Garofalo, 46 anni, per omicidio aggravato e estorsione aggravata dal metodo. Era accusato di avere ucciso, tra il 2014 e il 2016, tre persone.

Il suo legale, l’avvocato Salvo Liotta, sta già preparando il ricorso alla Corte d’assise d’appello. Le vittime erano pazienti gravi a cui, secondo, l’accusa, avrebbe iniettato aria nelle vene per causarne il decesso.

L’inchiesta della Procura di Catania era scaturita da un servizio de “Le Iene”

La tecnica, contesta l’accusa, era quella di iniettare a pazienti terminali un’iniezione d’aria nelle vene, nel tragitto su ambulanze private dall’ospedale a casa, procurando il loro decesso per embolia gassosa e sostenendo che erano morti per cause naturali.

Obiettivo guadagnare i 200-300 euro di “regalo” che la famiglia gli avrebbe dato per la ‘vestizione’ della salma.

Soldi che sarebbero stati poi divisi con i clan mafiosi di Biancavilla e Adrano. Sul caso hanno indagato i carabinieri della compagnia di Paternò e del comando provinciale di Catania.

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