Furti d’auto con ricatto, appello ai catanesi: “Fidatevi dei carabinieri e denunciate” - QdS

Furti d’auto con ricatto, appello ai catanesi: “Fidatevi dei carabinieri e denunciate”

redazione

Furti d’auto con ricatto, appello ai catanesi: “Fidatevi dei carabinieri e denunciate”

Salvatore Rocca  |
sabato 06 Maggio 2023

L’operazione Carback ha disarticolato due gruppi criminali dediti all’estorsione con il metodo del “cavallo di ritorno” e al traffico di stupefacenti: 68 arresti

CATANIA – Soltanto 20 secondi. Era questo il tempo che impiegavano per rubare un’auto parcheggiata in strada i componenti della banda “smantellata” dai carabinieri di Catania nell’ambito della maxi operazione che ha portato all’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari al Tribunale di Catania nei confronti di 68 indagati nell’ambito dell’operazione “Carback“. L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha preso piede nel settembre 2020 e si è sviluppata fino a marzo 2021 sulla base del crescente numero di furti d’auto commessi nei precedenti mesi di giugno e luglio.

I militari hanno accertato l’esistenza di una vera e propria organizzazione, costituita da 45 persone, che si era “spartita” il controllo del territorio di Catania e provincia. Un primo gruppo di Monte Po’ era solito gestire l’area del quartiere di Nesima e dei paesi etnei, a Nord di Catania. Una seconda batteria, appartenente al quartiere di San Giorgio, aveva messo le mani sul centro storico di Catania, mentre il gruppo del quartiere di San Cristoforo – il terzo – operava nella zona dei centri commerciali etnei. A essere privilegiati, tra i furti d’auto, vi erano i modelli di Fiat 500, Fiat Panda, Lancia Y e Alfa Romeo Giulietta. Nel corso delle indagini è emerso anche il coinvolgimento di intermediari che avevano il compito di contattare le vittime dei furti, direttamente o per mezzo di conoscenti, per procedere all’iter per la restituzione dei mezzi. L’importo di ognuna delle 33 estorsioni che sono state accertare dai militari era compreso tra 300 e 1.500 euro in base al modello e alle condizioni delle auto, al numero delle persone che erano intervenute per compiere l’operazione di “intermediazione” e il livello di conoscenza tra gli indagati e la vittima. Un giro decisamente fruttuoso che, in alcuni casi, ha convinto addirittura alcuni degli indagati a preferire i furti d’auto al posto dello spaccio.

Il modus operanti delle tre batterie era chiaro e ben delineato. I mezzi rubati venivano inizialmente lasciati in strada, osservando la regola non scritta “dei tre giorni”. In parole povere, gli indagati attendevano il trascorrere di questo lasso di tempo per permettere ai proprietari di interfacciarsi con la “batteria” di competenza del furto per intavolare una trattativa. Inoltre, gli stessi si garantivano la possibilità di “rimediare” a eventuali “torti” commessi nei confronti di personaggi di particolare caratura criminale o di persone a loro vicine, predisponendo così la restituzione dell’auto rubata. In particolare, in occasione di un episodio, i carabinieri hanno accertato – attraverso delle intercettazioni – come un soggetto autore di un furto sia stato “redarguito” e costretto a rimontare le componenti di un’auto rubata e a restituirla. La motivazione? La vittima in questione sarebbe stata una donna apparentemente vicina a un “pezzo grosso” della criminalità locale la cui identità, al momento, rimane sconosciuta.

Nel corso dell’operazione sono state deferite all’autorità giudiziaria anche 13 persone per “favoreggiamento personale”. Si tratta di alcune vittime che, anziché collaborare con le forze dell’ordine, hanno preferito “coprire” gli stessi componenti dell’organizzazione fornendo alla polizia giudiziaria informazioni false e fuorvianti al fine di depistare le indagini.

L’appello del comandante

“I cittadini si devono fidare dei Carabinieri e devono immediatamente denunciare qualora restino vittime del furto del proprio veicolo e di richieste estorsive col metodo del cosiddetto Cavallo di ritorno”, ha detto il comandante provinciale dei Carabinieri di Catania, colonnello Rino Coppola, nel corso della conferenza stampa.

L’altro filone d’indagine

Il secondo filone ha permesso di scoprire un fiorente traffico di droga gestito da un gruppo criminale, con a capo un individuo appartenente al clan “Cappello”. L’intervento dei militari si è concentrato nelle piazze di spaccio di Librino e San Giorgio, dove veniva messa in commercio cocaina per un volume d’affari superiore ai 1.000 euro al giorno per ogni piazza. La “base” logistica dello spaccio di stupefacente è stata localizzata in un autonoleggio di San Giorgio, utilizzato per stringere gli accordi, programmare gli incontri, provvedere ai pagamenti delle attività illecite connesse al furto delle auto e alle “trattative” per il commercio della cocaina. La droga veniva venduta all’ingrosso per 42mila euro circa al chilogrammo e successivamente consegnata nella mani dei soggetti in diversi punti della città di Catania. Questi avevano poi il compito di rifornire le altre piazze di spaccio presenti in città o in altre province.

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