Cinquant’anni fa nasceva il Giornale. L’avventura di Montanelli continua - QdS

Cinquant’anni fa nasceva il Giornale. L’avventura di Montanelli continua

Valerio Barghini

Cinquant’anni fa nasceva il Giornale. L’avventura di Montanelli continua

Valerio Barghini  |
martedì 25 Giugno 2024

Un martedì come oggi del 25 giugno 1974 andava in stampa il primo numero del quotidiano. Recente il passaggio dalla famiglia Berlusconi ad Angelucci. L’amministratore Nicola Speroni: “Un passaggio di testimone che va nel solco dello sviluppo e della sostenibilità della testata”

MILANO – “Papà, ho appena comprato il Giornale di Montanelli. “Guarda che l’ho già preso io stamattina: la copia è di là sul tavolo”. “Papà; non hai capito: ho acquistato una parte delle quote de il Giornale”. Questo uno stralcio della conversazione tra un padre, Luigi, e uno dei suoi figli, un allora emergente imprenditore edile di nome Silvio Berlusconi.

Colui il quale da lì a breve sarebbe diventato il Cavaliere era entrato nell’assetto azionario del quotidiano fondato e diretto da Indro Montanelli. Era il 1976 e a quel tempo il Giornale veleggiava sulle 220 mila copie. Una scommessa nata due anni prima dopo lo strappo del giornalista di Fucecchio con il Corriere della Sera che, con un gruppo di una sessantina di redattori, aveva dato vita a un’avventura in cui pochi credevano. Tranne Montanelli e i suoi che il 25 giugno 1974, esattamente come oggi, un martedì, mandarono in edicola il primo numero de il Giornale.

Nozze d’oro celebrate ieri a Milano per Il Giornale

Nozze d’oro celebrate ieri a Milano presso gli Ibm Studios con tutti e cinque degli otto direttori che in questi cinquant’anni si sono succeduti alla guida de il Giornale. E con un doveroso omaggio, oltre al fondatore e primo direttore, agli altri due scomparsi: Mario Cervi (pure lui tra i pionieri della nascita) e Livio Caputo.

Una sorta di Porta a Porta moderato da Bruno Vespa durante il quale Vittorio Feltri (il primo a succedere a Montanelli dopo quello strappo del gennaio 1994 con Berlusconi, che fece sì che il giornalista di Fucecchio non traguardasse i vent’anni ininterrotti di direzione) ha ricordato come non ci fosse acredine tra i due e che anzi, il giorno dell’insediamento, proprio Montanelli gli telefonò complimentandosi per l’editoriale, un articolo che “avrei voluto firmare io”.

Anni in cui in si tornò ai successi delle 250mila copie in edicola, grazie all’“abbinata” Vittorio Feltri-Maurizio Belpietro. Il quale assunse la direzione nel novembre 2000, dopo una parentesi da direttore operativo a fianco di Mario Cervi. “Un periodo che mi ha permesso di vivere l’ascesa politica di Silvio Berlusconi”, ha detto Belpietro. Incarico mantenuto fino al 2007, quando subentra Mario Giordano, che ha ricordato gli inizi da collaboratore sportivo in un giornale “che raccontava le storie di cui nessuno parlava, anche a costo di andare contro i cosiddetti poteri forti”.

Il resto è storia recente: nel 2009 il ritorno di Feltri e l’avvicendamento con Alessandro Sallusti. Periodo che, però, coincide sia con l’inizio della parabola discendente del berlusconismo, sia – come diretta conseguenza – della crisi dell’editoria. Nel 2021, dopo la breve parentesi di Livio Caputo, l’incarico affidato ad Augusto Minzolini.

Il 1974 è un anno in cui l’Italia fa i conti con le conseguenze della modernità e il Giornale rappresenta l’avventura di un gruppo che, pur tenendo fede a dei valori inalienabili come la libertà, guarda al futuro. Una proiezione in avanti che prosegue. Alla fine dello scorso anno, infatti, la maggioranza de il Giornale è stata acquisita dalla famiglia Angelucci.

Un passaggio di testimone che (sono le parole di Nicola Speroni, amministratore delegato da settembre 2023) “va nel solco dello sviluppo e della sostenibilità della testata, senza perdere di vista i valori fondanti legati al liberalismo e lo spirito guida di questa importante testata. La produzione di contenuti continua a essere un’attività centrale, sempre più rilevante, va solo adattata alle nuove e diverse piattaforme, presidiando tutti i pubblici”.

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