Forte minoranza silente
L’inondazione di informazioni, con tutti i mezzi di ogni genere e tipo, sta creando negli italiani una sorta di intossicazione, con la conseguenza che alla fine gli eccessi di una cosa buona creano una cosa cattiva, una sorta di malattia.
Non solo, ma questa sovrabbondanza di notizie che provengono dall’Ucraìna (o Ucràina), ha distolto l’attenzione del popolo italiano sui gravi problemi che incombono sul nostro Paese e che comunque vanno affrontati con energia e tempestività.
Forse c’è un aspetto positivo. La minore attenzione verso tali problemi potrebbe creare minori frizioni in Parlamento, in cui vengono approvati all’unanimità dal Consiglio dei ministri i provvedimenti legislativi, ma che poi trovano ostacoli nella stessa maggioranza quand’è il momento di votarli.
Dispiace sottolineare questo comportamento di chi fa informazione, squilibrato verso un ramo della stessa, che dimentica tutti gli altri rami, forse più importanti per l’Italia.
In questo squilibrio dell’informazione, che tradisce il Codice deontologico dei giornalisti del primo gennaio 2021, non possiamo tacere – e quindi lo indichiamo con forza – quanto la stessa informazione sia carente nel trasmettere le gravissime vicende che accadono in Ucraìna.
Ricordiamo che in quel Paese vivono forse dieci milioni di ucraini-russi, cioè una massa imponente di cittadini che si sente più vicina a quella repubblica che non gli altri cittadini, i quali si sentono più vicini all’Occidente.
È regola dell’informazione obiettiva dare voce a tutte le parti. Ma non abbiamo sentito una sola intervista del servizio pubblico, né delle reti private televisive e neppure sui quotidiani nazionali e neanche nei media sociali, fatta ad un cittadino ucraìno-russo, che evidentemente esporrebbe tesi e ragionamenti diversi da quelli che espone la maggioranza.
Sentiamo, vediamo e leggiamo di qualche decina di migliaia di abitanti che vanno via, ma dobbiamo ricordare che in quel Paese vivono circa quarantaquattro milioni di persone: più di quelli che vivono in mezza Italia. Questa carente informazione è un vulnus che non fa capire equilibratamente le circostanze.
In ogni caso, la questione ucraìna va affrontata con buonsenso ed equilibrio, facendo il possibile per giungere rapidamente a una conclusione. Intanto dobbiamo dare atto al senso di responsabilità dei Paesi occidentali, che fanno parte della Nato, che si sono rifiutati categoricamente di immischiare le forze armate, con il rischio – effettivo – della terza guerra mondiale.
Gli incontri dei mediatori, che si svolgono a Brest, non possono riuscire a raggiungere una conclusione, sia perché le delegazioni sono formate – a quel che si dice – da soggetti intransigenti e non disposti alla mediazione, ed anche perché non è stato messo al centro dell’attività il vero punto che potrebbe risolvere tutto.
A nostro sommesso avviso, per quello che vale, tale punto è il seguente: una dichiarazione congiunta dello Stato indipendente Ucraìno, della Repubblica russa e degli Stati occidentali, con il quale viene affermato in maniera solenne che quel Paese rimane neutrale e non chiederà mai l’adesione alla Nato.
L’assunto è in sé semplice. Non si capisce per quale ragione non venga messo al centro dei colloqui, considerando che così si risolverebbe in un colpo la controversia, il ritiro dell’armata russa e la fine dei gravi danneggiamenti che sono in corso in alcune città di quel Paese.
Putin – che non è uno sciocco – sa bene quali danni riceve il suo Paese dalle forti sanzioni economiche, per cui è suo interesse chiudere la vicenda, ma non senza avere ottenuto la neutralità definitiva dell’Ucraìna.
È vero che i principi generali di un Paese sull’autodeterminazione sono sacrosanti, ma è anche vero – come è noto – che la politica è l’arte del possibile.
Non è possibile che l’Ucraìna chieda l’adesione alla Nato: Zelensky se lo deve togliere dalla testa oggi e domani, oppure si ritiri e lasci il posto a chi è più ragionevole, perché è essenziale che colà ritorni la pace e tutta la popolazione riprenda a vivere normalmente, dopo essersi leccata le ferite, di cui bisognerà anche parlare per i relativi risarcimenti.