Il dirigente deve saper fare tutto - QdS

Il dirigente deve saper fare tutto

Carlo Alberto Tregua

Il dirigente deve saper fare tutto

mercoledì 14 Giugno 2023

Servono ordine e metodo

Quando fanno i concorsi pubblici per dirigenti della Pubblica amministrazione, di solito, fra le materie di concorso non vi è l’organizzazione, una scienza giovane, fondata nel 1937 in alcuni ospedali del Canada.
Si tratta di una materia complessa, ma fondamentale per il funzionamento di qualunque struttura fatta di persone e di mezzi, anche fisici. Essa deve stabilire il buon funzionamento della struttura medesima, basata su regole chiare, stringate e sintetiche, possibilmente scritte in buon italiano, fatto non comune.
Lo strumento relativo è il Piano organizzativo dei servizi (Pos), il quale deve prevedere tutti i servizi che vanno prodotti, ovvero la sequenza delle operazioni di produzione e anche l’insieme degli strumenti necessari per la stessa.
Dall’elencazione dei servizi o prodotti si deduce il fabbisogno di professionalità e quello finanziario, ovviamente dopo aver determinato quali apparecchiature o strumenti di lavoro si debbano acquistare per svolgere l’attività.

Non sappiamo per quale motivo nei succitati concorsi non sia inserita questa materia, peraltro scarsamente presente nei corsi universitari. Si studia, invece, in corsi di management e di economia aziendale, che sono però una stretta minoranza rispetto agli insegnamenti del centinaio di Università, pubbliche e private, del nostro Paese.
Le stesse, peraltro, non risultano presenti nella classifica mondiale fra le prime cento. C’è però da osservare che tale classifica è stata prodotta negli Stati Uniti. Colà, ovviamente, si privilegiano le proprie Università, anche perché i criteri organizzativi e di funzionamento sono molto diversi da quelli adottati nel mondo latino.
Cosicché, vi sono dirigenti che vincono brillantemente i concorsi, ma che hanno scarse conoscenze di organizzazione, con la conseguenza che quando vengono preposti in siti di responsabilità con decine o centinaia di dipendenti, vanno avanti a spanne anziché seguire regole basilari fondate su ordine e metodo; così i risultati penano a venire.
Ma questo non incide sulla carriera dei dirigenti perché essi si autofissano gli obiettivi, verosimilmente bassi, per cui il confronto con i risultati diventa vincente.

La questione che si pone da sempre è se il dirigente possa far bene il proprio lavoro senza saper fare quello dei suoi sottoposti. Dal che scaturisce un’ovvia domanda: come si può indirizzare i propri collaboratori se non si sa esattamente come loro debbano svolgere il lavoro e cosa sia effettivamente il loro lavoro?
La regola è che “chi non sa fare, non sa comandare”, con la conseguenza che i concorsi dovrebbero prevedere esami pratici per accertare le qualità del/della candidato/a e soprattutto per accertare le sue capacità di risolvere i problemi.
Ogni persona è dotata fisicamente di intelligenza, ma essa si misura, appunto, con la capacità di risolvere i problemi: più è alta questa capacità e più è sviluppato questo tipo di intelligenza (perché ve ne sono diverse, come quella logico-matematica, linguistico-verbale, musicale, eccetera).
La questione che vi proponiamo oggi è fondamentale per il buon funzionamento della Pubblica amministrazione; però essa è completamente disattesa dalla classe politica, la quale preferisce avere dirigenti “amici” piuttosto che dirigenti capaci.

Quando la classe politica separò, giustamente, la propria attività da quella burocratica, lo fece per responsabilizzare la dirigenza pubblica. Ma in effetti questo intendimento non è stato raggiunto perché sostanzialmente il Parlamento formula leggi anche di tipo amministrativo, come sostiene il costituzionalista Sabino Cassese.

È proprio in quello che scriviamo che sta la difficoltà di far funzionare separatamente l’esecutivo dall’amministrativo, mentre tale separazione dovrebbe essere netta. Per esserlo, le leggi dovrebbero dare le grandi linee e poi la dirigenza burocratica, con propri provvedimenti, tradurle in atti operativi.
Qualcuno obietterà che quanto ora enunciato sia pura teoria. Può darsi, ma la teoria governa la pratica perché detta le regole di funzionamento, il cui cuore è l’organizzazione.
Peraltro, la capacità dei dirigenti è conseguente al loro merito professionale, il quale si misura con i risultati, però fissati da terzi, e non con vuote promesse.

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