La Sicilia spende, togliendo risorse alla Sanità regionale
La migrazione sanitaria potrebbe essere uno dei parametri per valutare gli effetti dell’Autonomia differenziata. Cosa c’entra? Se una Regione come la Lombardia investe molti soldi, richiedendo livelli di efficacia ed efficienza soddisfacenti, attira pazienti da Regioni. La Sicilia spende, togliendo risorse alla Sanità regionale, quasi trecento milioni l’anno per rimborsare prestazioni sanitarie dei propri cittadini che hanno preferito, o sono stati costretti da liste di attesa troppo lunghe, farsi curare in altre Regioni.
Prima del 2000 la spesa si aggirava in 250 mld delle vecchie lire, e la Regione approvò una norma per agevolare investimenti privati sull’alta specialità, tipo Cardiochirurgia o Oncologia. Con quella norma sorsero la Maddalena a Palermo e lo IOM a Catania, per l’oncologia, la Morgagni e Villa Maria Eleonora per la Cardiochirurgia. Venne accreditata con quella norma pure l’Oasi di Troina. Era una legge insolitamente liberale, chiunque realizzasse previa autorizzazione sanitaria, un centro di cura di alta specialità, con parametri più rigidi del pubblico, su tecnologie e risorse umane, era automaticamente accreditato al servizio sanitario regionale, e poteva ricevere il pagamento delle prestazioni sanitarie effettuate.
La norma durò un lustro, poi fu cancellata, troppa libertà all’impresa e poco potere politico di intermediazione. Negli anni 2000 con Cuffaro arrivarono privati dal Nord in una sorta di gemellaggio con il sistema lombardo. Arrivò il San Raffaele a Cefalù e ci fu un timido insediamento della Fondazione Maugeri. Poi dopo la confisca della clinica di Aiello a Bagheria è arrivato pure Il Rizzoli di Bologna sull’Ortopedia. Nonostante questi investimenti, su alcuni comparti delle branche sanitarie, la migrazione non si è arrestata, ma è più che raddoppiata. Quali le cause? L’ospedalità pubblica continua con vecchie logiche di reclutamento delle figure apicali degli ospedali, i famosi primari. Reclutamenti poco trasparenti, che allontanano i migliori, favorendo spesso solo gli “accreditati” in alcuni ambienti. Le motivazioni economiche e di carriera, gli incentivi o le punizioni, per chi non adempie, sono inoltre presenti in un incongrue per ottenere efficacia ed efficienza di servizi.
Le nomine dei direttori generali o sanitari sono totalmente assuefatte ai desiderata di spartizione politica, in cui non si premiano le capacità manageriali ma la fedeltà al deputato di turno. Tutto questo in un quadro in cui la popolazione siciliana è molto invecchiata, per cui più bisognosa di cure, rispetto a 25 anni fa, e con essa gli addetti alla sanità. Alcuni presidi sanitari stanno desertificandosi causa pensionamenti, o fughe per insostenibile insufficienza delle piante organiche. In special modo nei reparti di emergenza. A questo si aggiunge i numeri chiusi che da molti, troppi, anni hanno limitato l’accesso alla formazione di nuovi medici. Tutto questo ha creato il vulnus in cui sta collassando il sistema sanitario siciliano. Se poi ci mettiamo le università Bosniache fantasma e le lotte di potere, con elezioni interrotte dai carabinieri agli ordini dei medici, il quadro è completo.
Così è se vi pare