Elezioni, aspiranti sindache: in 6 comuni su 10 solo uomini

Comunali, Csel: “in 77% casi i candidati uomini sono più di quelli donna”

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Comunali, Csel: “in 77% casi i candidati uomini sono più di quelli donna”

Redazione  |
domenica 28 Maggio 2023

Il genere femminile è sottorappresentato: le candidate donne sono il 43% del totale (22.318 su 51.694), un dato esattamente in linea con quello dell’anno precedente.

Stando a quanto emerso da una ricerca condotta da Centro Studi Enti Locali, basata sull’analisi delle liste dei candidati coinvolti nelle elezioni amministrative 2023 delle regioni a statuto ordinario in 454 casi su 593 (77%) il numero di candidati di sesso maschile supera quello delle avversarie donne. Nel 7% dei casi (42 comuni) avviene il contrario e ci sono più candidate sindache donne che candidati uomini. Nei restanti 97 casi, la situazione è perfettamente equilibrata: 50% candidati sindaco uomini e 50% candidate sindache donna. E’ quanto emerge da uno studio realizzato per l’Adnkronos dal Centro Studi Enti locali in occasione della tornata elettorale delle amministrative 2023.

Se si allarga lo sguardo alle intere liste, al di là degli aspiranti sindaci, la situazione migliora ma il genere femminile resta comunque sottorappresentato: le candidate donne sono il 43% del totale (22.318 su 51.694, un dato esattamente in linea con quello dell’anno precedente.

Aspiranti sindache sono solo il 20% del totale, in 6 comuni su 10 solo uomini

Le aspiranti sindache sono solo il 20% del totale. In sei comuni su dieci in corsa ci sono solo uomini. E’ quanto emerge da uno studio realizzato per l’Adnkronos dal Centro Studi Enti locali in occasione della tornata elettorale delle amministrative 2023 che, ad eccezion fatta per eventuali ballottaggi in comuni siciliani e sardi che si terranno tra l’11 e il 12 giugno, è ormai vicina alla conclusione.

Tra oggi e domani, infatti, saranno chiamati alle urne gli elettori residenti nei 41 comuni finiti al ballottaggio sulla base degli esiti registrati il 13 e 14 maggio e in quei 128 comuni della Sicilia e 39 della Sardegna per i quali questi due giorni coincidono con il primo turno. E in attesa dei bilanci di natura politica, per i quali occorrerà aspettare l’avvio dello spoglio, il Csel ha realizzato l’ormai consueto “bilancio di genere” sul totale dei candidati che sono stati protagonisti di queste consultazioni elettorali. Se sul fronte della politica nazionale, nell’arco dell’ultimo anno sono stati tagliati traguardi storici in questo ambito, non altrettanto sembra potersi dire in chiave locale. Per la prima volta nella storia repubblicana sia il ruolo di premier che quello di leader del principale partito di opposizione, sono ricoperti da donne. La speranza che questo cambio di paradigma al vertice potesse avere ripercussioni positive anche sulla base, sembra essere stata tradita dai freddi numeri che suggeriscono un quadro pressocché immutato rispetto agli anni precedenti. Le liste elettorali continuano ad essere profondamente squilibrate e la rappresentanza maschile in ambito elettorale resta assolutamente preponderante, soprattutto quando si guarda alla voce dei candidati sindaci.

Stando a quanto emerso da una ricerca condotta da Centro Studi Enti Locali, basata sull’analisi delle liste dei candidati coinvolti nelle elezioni amministrative 2023 delle regioni a statuto ordinario (fonte Ministero dell’Interno), le donne rappresentano solo il 20% dei candidati sindaco.

Il passo avanti compiuto rispetto all’anno precedente, in cui le candidate si erano fermate al 19%, è praticamente impercettibile. Del tutto invariata la percentuale di comuni nei quali c’è una completa assenza di candidate che ambiscano a conquistare la fascia tricolore. In ben 6 comuni su 10 – esattamente come nel 2022 – gli elettori hanno avuto la possibilità di scegliere il proprio sindaco unicamente tra candidati di sesso maschile.

La situazione diametralmente opposta, vale a dire i casi in cui la competizione elettorale è stata una questione tutta femminile, si è verificata solo in 24 comuni delle regioni a statuto ordinario. In termini percentuali, si tratta del 4% degli enti coinvolti dalle elezioni amministrative, proprio come l’anno precedente. Sedici di questi comuni sono localizzati nel nord del Paese, tre al centro (due in Toscana e uno nel Lazio) e quattro al sud (uno in Campania, uno in Puglia e due in Basilicata).

Comuni sotto 5mila abitanti non raggiunge obiettivo quote rosa

Il 52% comuni dove non si raggiungono quote rosa è in meridione

Sul fronte ‘quota rosa’ nei comuni al di sotto dei 5mila abitanti, si è registrato un lieve arretramento rispetto alle precedenti amministrative. Nel 2022 la percentuale di piccoli comuni nei quali le candidate non avevano raggiunto la soglia di un terzo del totale era stata pari al 44%. Quest’anno i comuni delle regioni a statuto ordinario con meno di 5mila abitanti che non hanno centrato l’obiettivo quote rosa sono 166 su 352, vale a dire il 47% del totale. E’ quanto emerge da uno studio realizzato per l’Adnkronos dal Centro Studi Enti locali (Csel) in occasione della tornata elettorale delle amministrative 2023

Oltre metà dei comuni in cui le candidate non raggiungono la soglia di un terzo del totale è localizzata al sud del Paese (52% contro il 63% dell’anno scorso). Seguono settentrione e centro, rispettivamente con il 36% e 11%.

Il Csel ricorda che non ci sono sanzioni per i comuni di queste dimensioni che non abbiano candidati di entrambi i sessi, in misura non inferiore a un terzo per quello meno rappresentato. Ad oggi i vincoli più stringenti riguardano solo gli enti con più di 5mila abitanti, per i quali il mancato rispetto delle quote rosa implica la riduzione della lista mediante la cancellazione dei nomi dei candidati appartenenti al genere rappresentato in misura eccedente i due terzi del totale. Nei comuni in cui la popolazione supera i 15mila abitanti, laddove – anche una volta operata questa riduzione – il numero di candidati ammessi dovesse comunque essere inferiore a quello minimo previsto, si incorre nella ricusazione della lista.

Il principio generale, sancito dal nostro ordinamento, stabilisce che nelle liste dei candidati deve essere “assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi”. Questo è in teoria un precetto universalmente valido, a prescindere dalle fasce demografiche. Di fatto però, non essendo previsti dei meccanismi sanzionatori per i comuni con meno di 5mila abitanti, negli enti più piccoli la forza di questo principio si “diluisce” e si traduce in un appello inascoltato da oltre un comune su due (vale a dire circa 2.800 enti). A conti fatti, per sette comuni italiani su dieci (perché a tanto ammonta la percentuale dei comuni che non superano i 5mila abitanti) il rispetto delle quote rosa è percepito quasi come “facoltativo”. Un aspetto, questo, che ha destato in passato alcune perplessità anche nel Consiglio di Stato che nel 2021 – proprio a questo proposito – sollevò la questione di legittimità costituzionale sulle leggi che regolano le elezioni nei piccoli comuni.

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